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“Prendiamoli in contropiede”: nuovo stadio di Firenze - Andrea Necor

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Il progetto del nuovo stadio per la città di Firenze, nasce prendendo spunto dalla destinazione d’uso che ha l’area oggetto di intervento, non tanto per l’importanza dell’impianto urbanistico, quanto piuttosto per ciò che rappresenta l’incombente presenza del Mercato Ortofrutticolo.

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L’idea guida si origina dalla considerazione che il duro lavoro della terra genera frutti. Dalla frattura della terra si formano queste “zolle aride”, che diventano volumi sempre più alti fino a generare il corpo del nuovo stadio; tali elementi sono aiuole sistemate a verde e, dove l’altezza lo consente, ospitano le attività commerciali connesse allo vita sportiva della nuova struttura.

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L’immagine del nuovo stadio è quella di un volume semplice, caratterizzata dall’uso dell’acciaio cor-ten; è composto da due anelli di tribune, con una teoria di travi-pilastro che fungono da elementi di sostegno sia della copertura sia del secondo anello, il quale, inoltre, è sostenuto anche da pilastri scatolari in acciaio con struttura ad albero.

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Il terreno di gioco ed il primo anello sono completamente interrati, permettendo così di ridurre la dimensione in altezza e di avere i percorsi principali interni/esterni in piano.

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Al di sotto delle tribune del secondo anello ci sono le attività necessarie ad un moderno funzionamento della struttura, mentre nelle porzioni interrate trovano spazio i locali di servizio alle attività sportive.

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I 'Giardini del Libro' della biblioteca universitaria. Belval - Monica Sgandurra

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Georges Perec, “La vie mode d’emploi”. “Vicino al maestro c’è un tavolo coperto da un panno verde su cui sono posti gli altri volumi, un mappamondo e uno spartito musicale, in formato all’italiana, aperto. Uno stretto piatto di rame inciso è fissato a un telaio di legno e un’incisione dà il titolo, apparentemente senza rapporto, alla scena: Laborynthus”.

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Il giardino è il luogo del sogno ma anche luogo di sperimentazione nel quale l’uomo costruisce il suo immaginario, racconta le sue visioni, le sue esperienze, i suoi ricordi, narra le sue storie. Come spazio del pensiero e dell’immaginazione, il giardino porta in sé, nella sua forma, la possibilità di molteplici letture che compongono i singoli livelli dell’organismo, organizza percorsi fisici e mentali che trasportano l’uomo all’interno del suo mondo o al di fuori, in altre esperienze, in altri tempi e luoghi.

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Il giardino può essere accostato oggi ad un ipertesto, modalità contemporanea leggere e ricercare in un sistema aperto costituito da una rete di unità informative eterogenee connesse in un ordine non lineare e in modo non predefinito. Parole chiave, metafore, simboli, rappresentazioni ci portano a percorrere i molteplici sentieri di conoscenza e di lettura dentro un ipertesto così come per il giardino, dove il racconto è la componente progettuale dell’opera. I tre giardini per la Bibliothèque Universitaire di Belval non raccontano tre storie, bensì un sistema di letture che per analogie costruisce un sistema narrativo tra i giardini e la biblioteca, tra il mondo del giardino e quello della lettura, del libro e dei lettori. Tre sono le opere che “informano”, danno forma ai tre giardini che a loro volta rivelano una pluralità di racconti simultanei attraverso i suoi caratteri costitutivi. Tre sono le composizioni dei giardini che prendono in prestito l’immagine del labirinto come struttura narrante declinandola nel tempo e nelle forme. Tre sono gli elementi minerali e vegetali che raccontano l’evoluzione del supporto alla lettura dai tempi della nascita della scrittura fino ad oggi, all’immaterialità delle pagine di un ebook. Tre sono i periodi storici che raccontano l’evoluzione della biblioteca come luogo di studio e di custodia, epoche raccontate dalle forme dei giardini. Se il progetto del giardino è l’arte di mettere in relazione elementi apparentemente ad ordini diversi, allora la modalità di lettura dell’ipertesto oggi è un modo per leggere, pensare e costruire un giardino.

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Il primo giardino. Umberto Eco, “Il nome della rosa”. “Così nessuno, salvo due persone, entra nell’ultimo piano dell’Edificio…” L’Abate sorrise: “Nessuno deve. Nessuno può. Nessuno, volendolo, vi riuscirebbe. La biblioteca si difende da sola, insondabile come la verità che ospita, ingannevole come la menzogna che custodisce. Labirinto spirituale, è anche labirinto terreno. Potreste entrare e potreste non uscire.” Il giardino evoca l’Hortus, il giardino racchiuso nei chiostri dei monasteri, luoghi in cui i monaci lavoravano, pregavano e custodivano i saperi; le loro biblioteche conservavano i testi che erano scritti ed illustrati a mano dagli stessi monaci, luoghi chiusi al mondo. Una superficie rettangolare rialzata è racchiusa da una bordura fiorita è l’Hortus, il luogo della coltivazione, nel quale un piccolo boschetto di ciliegi da fiore differenti descrive l’idea della coltivazione per la bellezza e per il bisogno. La piccola massa arborea ci riporta all’idea del bosco, della foresta, luogo labirintico, dove perdersi o ritrovarsi. All’ingresso del recinto, sul lato rivolto alla biblioteca, due rose ad alberetto sono i due custodi del giardino, così come i due monaci erano i custodi della biblioteca del “Nome della rosa”.

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Secondo giardino. Julio Cortázar “Rayuela” (Marelle). “La tecnica consisteva nel darsi vagamente appuntamento in un quartiere e a una certa ora. A loro piaceva sfidare il pericolo di non incontrarsi, di trascorrere la giornata soli, avendo il muso in un caffè o sulla panchina di una piazza, leggendo-un-libro-in-più. La teoria del libro-in-più era di Oliveira, e la Maga l’aveva accettata per pura osmosi. In realtà per lei quasi tutti i libri erano libro-in-meno, avrebbe voluto essere presa da sete immensa e per un tempo infinito (calcolabile fra i tre e i cinque anni) leggere l’opera omnia di Goethe, Omero, Dylan Thomas, Mauriac, Faulkner, Baudelaire, Roberto Arlt, Sant’Agostino e altri autori i cui nomi la facevano sussultare durante le conversazioni del Club.” Il secondo giardino è un labirinto che ha l’immagine evocativa del labirinto di Cnosso, un’immagine che rimanda alla forma del cervello, metafora del pensiero. L’epoca storica di riferimento è quella nella quale le biblioteche si aprono al modo e diventano luogo di studio. Grazie all’invenzione della stampa i libri sono riproducibili e le prime biblioteche aperte agli studiosi sono per l’appunto quelle universitarie. Il giardino racconta ciò con la forma di un labirinto “mentale”, una spirale di aiole dalle fioriture gialle che rimanda ad un altro labirinto, quello cinese del labirinto giallo, il labirinto di Huanghuazhen nel Palazzo d’Estate a Pechino, un “omaggio giallo” alla protagonista del romanzo di Cortázar, la “Sybille”, che amava il giallo come colore e anche all’unico albero presente al centro del giardino, la Brussonatia papyrifera, il Gelso da carta, albero di origine asiatica, introdotto in Europa a metà del 1700 come pianta ornamentale ma la cui corteccia veniva utilizzata in Oriente per la produzione della carta.

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Il terzo giardino. Jorge Luis Borges “Il giardino dei sentieri che si biforcano”. “Tredici anni dedicò a queste eterogenee fatiche, ma la mano di uno straniero lo assassinò e il suo romanzo era insensato e nessuno trovò il labirinto. Sotto alberi inglesi meditai su quel labirinto perduto: lo immaginai inviolato e perfetto sulla cima segreta d’una montagna; lo immaginai subacqueo, cancellato dalle risaie; lo immaginai infine, non già di chioschi ottagonali e di sentieri che voltano, ma di fiumi e di province e di regni…. Pensai un labirinto di labirinti, ad un labirinto sinuoso e crescente che abbracciasse il passato e l’avvenire, e che implicasse in qualche modo anche gli astri.” Tre linee, tre segni, tre direzioni si muovono sinuosamente dentro un luogo chiuso da masse di cespugli sempreverdi che obbligano la vista a cercare una via di uscita, la possibilità di guardare oltre. La struttura del giardino segue la narrazione del “Giardino dei sentieri che si biforcano”, un labirinto contemporaneo, costruito da sentieri, linee di percorso che escono in una radura dove, come landmark, punti notevoli, tre alberi, tre specie diverse, Populus, Betulus e Fagus, sono testimoni, produttori dell’ultimo supporto materiale per la produzione della carta. Sotto l’ombra di questi tre alberi, i lettori posso sdraiarsi e leggere, pensare, riposare, conversare.

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HOME CARPET - Tomas Ghisellini Architetti

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Un’operazione di rinnovamento urbano in un piccolissimo centro delle prime colline bergamasche; un intervento di completa ridefinizione degli spazi pubblici municipali, da sempre trattati alla stregua di mero spazio residuale inutilizzato.

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La preesistente sede amministrativa, un edificio multicolore dei primi anni settanta proprio a ridosso dei giardini didattici della scuola primaria, realizzata dallo studio, è stata oggetto di uno speciale intervento di “ridisegno”: le pertinenze, segregate da recinzioni invalicabili ora completamente rimosse, sono state trasformate in un nuovo grande spazio fluido collettivo, superficie attraversabile, dimensione di incontro e scambio.

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Il municipio, vestito di colori più delicati ed abbracciato da una specie di nuova “piazza vegetale” ad anello, regala agli abitanti un nuovo luogo in cui riconoscersi, entrare in contatto, giocare o semplicemente riposarsi per qualche minuto. Un tappeto pavimentato si insinua tra prati ed alberi storici, accogliendo lunghi volumi sospesi per sedute nel verde. Dal tramonto le panche si illuminano proprio alla base, fluttuando su suggestive nuvole di luce che conferiscono alla pavimentazione un aspetto vibrante. Elementi a stelo e punti luce nascosti tra gli arbusti completano la costruzione di un paesaggio percettivo per certi versi domestico, soffice, familiare. I nuovi spazi connettono i giardini della scuola allo storico parco pubblico in una vera e propria dorsale verde senza soluzione di continuità.

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Duplex apartment refurbishment. Sevilla - Costa Fierros arquitectos

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The ground floor is reserved for everyday use and is perceived as a spacious and well-lit area. Its walls disappear and the living/dining-rooms provide space for the kitchen and vice versa. The key to this living-room is its sense of spatial continuity.

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Its clean lines, white floors, walls and kitchen trap the light and distributes it, thus granting the house with a greater sense of open space. The ceiling lights disappear, fluorescent lamps lie hidden in the ceilings, and the wall cupboards, camouflaged as walls with neither frames nor knobs, help provide the flat with a sense of space that flows.

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Its white walls also highlight the texture and colour of the Douglas firs placed next to its stairwell and on the top floor.

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Vinícola Cuna de Tierra - CCA Centro de Colaboración Arquitectónica

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The use of the winery’s name as a concept driver (Cuna de Tierra / Soil Cradle), and its connection to the context, shows an exploration on the relationship between wine development and the site where these grape fields are.

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The soil as one of the main elements for the growth of the vine trees becomes the main material for the construction of a group of built spaces that intend to merge with its landscape.

By working with independent structures, the project explores the possible interactions and tensions created between the volumes, the voids between them, and their relation with the functional process of the winery.

The approach on designing a high standard winery with a less-than-average number of high-tech constructive systems, show different solutions to the project. These are revealed on the design of natural lighting and ventilation cavities around the spaces of the winery.

The mix of the soil walls, with the wood and concrete gathered natively tends to transmit to Cuna de Tierra’s workers and visitors a clean man-made construction taken out of the richness of its natural context.

Cassell Street House - BE Architecture

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Cassell Street house is a boutique new home built on a corner block in South Yarra, Melbourne, Austalia. The new house was built in place of an attached Edwardian era row house and is set amongst homes of a similar vintage.

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The house was designed to be sympathetic with the period of the neighborhood but not mimetic of any particular style, whilst remaining unapologetically contemporary.

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The limited material palate of natural and aged materials such as travertine, rusticated timber, concrete & steel cast over a strong rectilinear form work to give the building the quality of looking older than it is – to look as though in an another world it could well have been standing in its place unchanged since the 1930s.

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Being sited on a corner block, the first floor form in particular is highly visible from the street with all sides visible to the passer by. A bespoke material treatment was thus considered an appropriate urban gesture.

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The complex travertine façade is made up of 10 different sized slabs of stone laid in bands sourced from opposite sides of the same quarry producing two distinct colours.

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The banding quality of the stone façade is referential of Byzantine buildings in a reference to the owner’s heritage. The deep apertures formed in the travertine walls of the first floor façade make the building read as a singular and massive stone edifice and in doing so shade and shelter the western windows as well as protecting the occupant from the nearby major road.

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By contrast, downstairs is characterised by expansive glazing, opening the living areas to the secluded garden space which surrounds the building.

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A visitor enters from the street into the heart of the building adjacent a curving staircase rising three floors from basement garage to the upstairs bedrooms.

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The curving staircase contrasts with the strong rectilinear form of the exterior and is used as a separation device to define the ground floor living areas into two distinct zones: The day/summer areas facing north and overlooking a pool and outdoor eating area; the night/winter areas facing south and east into the more sheltered back yard. Similarly upstairs the master suite is separated from the children’s areas.

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A new space for hospitality on the ruins. - Dunia Giacosa

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The district inside the walls, the Kala, has maintained over the centuries all the features typical of a fortified settlement and the buildings have not changed over time their special typological design. The overall integrity is satisfactory, although this was adversely affected by illegal constructions in the late 1990s. Authenticity is also satisfactory, but preservation management must be stepped up and carefully enforced, in accordance with the highest international standards. In Berat there are around 13 hotel and guest houses for a total of 154 rooms, with a total of 500.000 visitors every year. However, the district of Kala is unable to provide the necessary facilities to welcome an important tourist flow. The present study shows a lack of accommodation structures, restaurants and commercial services supporting the visitors. The phenomenon of depopulation is leading to the consequent abandonment of housing by the local population that prefers to live in the lower city, with all the amenities that modern life requires. The vernacular buildings, which have not been object to major changes, thus maintaining a uniform character, however have some interventions, in particular addition of plants externally visible, that disturb the historic character. The project involves the study of the re-adaptation the existing abandoned houses to accommodate rooms and apartments for the spread hotel, conserving the internal layout of the original homes, the function of the rooms, preserving the building techniques and recognizable pieces of furniture also to maintain the lifestyle of the population living there or who lived there in perfect line with the idea of the spread hotel. This research identified unused buildings in the citadel and the houses that are now used as accommodation rooms and organised an unified system. Along the main street of the Kala, near the entrance, the project individualises an area characterized by the presence of the ruins of an old vernacular Ottoman house in which it’s possible to see a wall with the traces of chimneys and archs. In this area the project proposes the reception of the spread hotel, the lounge area, an eno-gastronomic space for tasting and buying typical local products with the antenna of the relative thematic, where it can be exposed panels explaining the traditional recipes in order to promote the interest related to food, traditions, culture, identity, local way of life respectful of local traditions, to promote a new food model that respects the environment, able to bring consumers to the world of production, creating a virtual network of international relations and a greater sharing of knowledge between the local population and the visitors.

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The entrance of the reception

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The ruins

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Palestra Lion's - Design? Studio Associato


Lea&Flò Palace - Design? Studio Associato

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Lea&Flò Palace

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A terracotta façade - Dunia Giacosa

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The outer covering is designed by supporting structure with steel sections, placed at a distance of 5 cm for the wall and 100 cm for the sunshade grids and they are bound by the insoles and held to the wall with brackets and anchors with adjustable spacers and anchors the attachment of components in ceramic, in the solution blind, and of a pair of horizontal tubular elements for fixing in the solution of sunshade grids.

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Detail of the terracotta façade

For the wall: “stave flat with kerf” (500×15x50 mm), special finish “Litos”, laid with vertical and horizontal joints of 6 mm. For shading: flat plank (145×500x50 mm), special finish “Litos”.

Imago Urbis - Alessandro Fusi

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Il progetto del Centro di documentazione della civiltà etrusca e romana nasce dall’esigenza di dotare il territorio della Maremma di una istituzione di rappresentazione, ricerca e divulgazione in grado di corrispondere alla importante realtà archeologica della zona ed alla sua vocazione di turismo culturale; l’area di Roselle, scelta per la realizzazione del Centro, rappresenta una delle più estese e significative emergenze archeologiche delle civiltà etrusca e romana. Il Centro si colloca nei pressi dell’area archeologica, all’interno di una delle sue emergenze secondarie, il colle del Mosconcino, un modesto rilievo utilizzato a lungo come cava per l’estrazione del marmo rosato di Roselle; la cava ha lasciato su un lato una vasta area piana, sulla quale si affaccia la superficie nuda e verticale del taglio industriale. La scelta è stata quella di realizzare il Centro su questa area, a ridosso della parete di cava, e di dar conto nell’impianto architettonico e compositivo delle due distinte realtà che la caratterizzano: la storia antica, con le emergenze archeologiche – la città romana e la sottostante necropoli etrusca – e quella contemporanea, legata alla presenza della cava.

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planimetria generale, scala 1:5000

Nella composizione progettuale del Centro di documentazione, due sistemi distinti e separati dalla via Batignanese, che attraversa il centro di Roselle, idealmente si contaminano: la centuriazione romana dei campi, che costituisce una griglia di linee ortogonali e parallele, si prolunga fino ad incontrarsi con l’andamento naturale curvilineo dell’ambiente ai piedi del colle Mosconcino; la contaminazione si ottiene riproponendo la griglia che caratterizza l’area centuriata, ad est delle via Batignanese, ad ovest della via stessa, prolungando la “strada dei Cipressi” e tracciando così il decumano massimo del progetto; contestualmente, si disegna una strada ad esso perpendicolare, con direzione nord sud, che incontra il decumano alle pendici del colle, assumendo la funzione del cardo del progetto, e collega la struttura al percorso adiacente l’argine del canale Salica. Su questi due assi ortogonali creati ex novo si basa l’impianto compositivo, che pur seguendo la regolarità della griglia si adegua tuttavia all’ambiente naturale e alle sue curve di livello: come accadeva nella fondazione delle città etrusche e romane, quando l’edificazione incontrava un ostacolo naturale nella conformazione del luogo e la griglia costruttiva basata sull’incontro del cardo e del decumano si interrompeva, il progetto del Centro vede nel colle Mosconcino un limite su cui adagiarsi, nel rispetto della morfologia naturale. Così, l’immagine della città che esteriormente si vuole suggerire con il Centro di documentazione si presenta in pianta come la simulazione di un insediamento urbano basato sulle regole dell’ortogonalità, valida sino all’incontro con il sistema collinare. Questo incontro si realizza costruendo un sistema di elementi modulari, una successione di parallelepipedi di base omogenea e di altezza variabile, all’interno di un confine prestabilito rappresentato da una forma quadrangolare che si interrompe a nord, dove incontra il dislivello altimetrico creato dal colle, la cui linea costituisce il confine chiudendo il perimetro. Gli elementi modulari sono distribuiti lungo i percorsi, ovvero lungo le strade della città, e seguono anche nella variabilità dell’altezza un modulo, secondo il quale i blocchi adiacenti si presentano sempre con altezze diverse. Tale principio richiama peraltro l’immagine dei depositi di cava, in cui blocchi e lastre sovrapposte si presentavano, analogamente, come parallelepipedi di dimensioni ed altezza diverse. Nel luogo di incontro del cardo e del decumano si apre un vuoto, una piazza che interrompe la serialità degli isolati. Tale spazio non costituisce il centro geometrico del progetto, così come nella struttura della città romana poteva accadere che il punto di incontro delle due direttrici principali, dove si apriva il fòro, si collocasse in modo decentrato. Al centro di questo spazio vuoto si colloca un pozzo, ad immagine del mundus che nella città romana, riprendendo un concetto della civiltà etrusca, simulava il collegamento tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Il pozzo rappresenta il primo e principale elemento di introspezione dal mondo esterno al livello ipogeo, un occhio attraversato dalla luce naturale. Proprio su questa sovrapposizione di due mondi si basa la filosofia del progetto: sopra vi è la città romana, che si insedia sull’ambiente sotterraneo della necropoli etrusca, così come nella storia le due culture si sono sovrapposte: sulle città etrusche, che nella loro struttura venivano riprodotte nelle necropoli, i Romani costruirono in questa parte di territorio le loro città, seguendo gli stessi principi urbanistici.

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planivolumetrico, scala 1:500

L’accesso principale al Centro, che occupa tutto lo spazio ipogeo, avviene dall’unico modulo aperto su una parete, che si affaccia direttamente sulla piazza; all’interno di tale modulo una scala che si sviluppa attorno al vano degli ascensori immerge il visitatore nell’ambiente sotterraneo. La rampa che si diparte dall’estremità est del decumano, come il dromos di accesso alle tombe ipogee etrusche, connette invece il Centro ipogeo all’ambiente esterno, destinato a parco. Lo snodo centrale del Centro di documentazione è rappresentato da una piazza, posizionata esattamente al di sotto del fòro della città romana sovrastante e caratterizzata dalla stesse dimensioni. La piazza si abbassa ulteriormente di mezzo metro attraverso quattro gradini che si sviluppano lungo tutto il suo perimetro, creando la forma di un tumulo rovesciato, e rappresenta all’interno del Centro uno spazio polivalente. In corrispondenza dei tracciati del cardo e del decumano sovrastanti, nell’area ipogea si sviluppano i percorsi principali di visita al Centro, lungo i quali si affacciano ambienti aperti, destinati ad area espositiva, e gli accessi alle aree dedicate alle funzioni specifiche del Centro, collegate tra di loro da un sistema di corridoi, per aree funzionali: centro di documentazione vero e proprio, area espositiva, biblioteca, punto informativo sul turismo archeologico, laboratori, aule didattiche, salette multimediali, sala riunioni, auditorium, bookshop, caffetteria.

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pianta, scala 1:200

Gli spazi del Centro di documentazione sono realizzati in modo tale che ad ogni volume modulare esterno corrisponda, al netto delle murature, un ambiente del Centro stesso; tale corrispondenza si interrompe soltanto per gli ambienti di servizio, posti a nord e totalmente ciechi, e per l’auditorium, collocato all’estremità sud del cardo di progetto, in assenza di volumi sovrastanti.

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prospetto ovest/ sezione AA', scala 1:200

I blocchi stereometrici, apparentemente solidi, sono in realtà cavi e contengono cubi leggeri, 5 metri per 5, sospesi grazie ad un sistema di travi. Dall’ampia intercapedine che si crea tra le pareti dei blocchi, coperta da infissi leggeri di vetro, e quelle dei cubi interni filtra la luce naturale, radente i muri, in modo da non risultare mai completamente diretta e da favorire sia gli ambienti di studio che quelli espositivi, consentendo una appropriata distribuzione degli oggetti e degli arredi. Nell’idea progettuale si è cercato quindi di definire un’immagine complessiva del Centro che suggerisse e si armonizzasse insieme, visivamente e strutturalmente, ai contenuti ed al contesto; il riferimento alla civiltà etrusca e romana è stato quindi reso evidente in termini strutturali nell’organizzazione esterna dei volumi, disposti secondo l’asse classico del cardo e decumano etruschi, che richiama l’assetto della necropoli anche nella ripetizione del modulo parallelepipedo di altezze variabili, e nella sua essenzialità di superficie, non interrotta da vani ed aperture di immediata visibilità. Ancora in tema archeologico si segnala lo sviluppo interamente in sottosuolo del centro, essendo i moduli esterni funzionali soltanto all’illuminazione ed all’aerazione, e l’impianto planimetrico complessivo che ricorda la distribuzione degli spazi in una tomba a camera. La scelta dei materiali, per converso, è stata effettuata con riferimento alla natura ed all’aspetto del materiale di cava, privilegiando tessiture petrose, colori non intrusivi, superfici ruvide e naturali che si armonizzano con la facies ambientale circostante.

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sezione BB', sezione CC', scala 1:200

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vista fra i blocchi

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vista dal fiume Salica

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la piazza

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la hall ipogea

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l'area espositiva

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la biblioteca

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la rampa di uscita al parco

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il modello in scala 1:500

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modello in scala al 1:500, con il sistema della cava sullo sfondo

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il modello in scala 1:200

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modello del livello ipogeo, scala 1:200

Riuso Mazzoleni - Concorso di progettazione - Fabiana Ferrari, Federica Fustinoni

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La vasta area di proprietà della società Mazzoleni s.p.a., azienda di rilievo a livello nazionale nonché promotrice del presente bando di progettazione, è occupata da fabbricati industriali abbandonati e degradati, privati del contesto nel quale furono inseriti e sprovvisti di una composizione architettonica di particolare valore. Il concorso progettuale, ipotizzando la demolizione degli edifici attualmente presenti, offre l’occasione per ripensare ai vuoti generati dal disuso per creare nuove possibilità di utilizzo. La ri-progettazione totale dello spazio può dar vita, in modo libero ed efficace, a quello che diventerà, per posizione e vastità, un nuovo centro e punto di aggregazione per i cittadini di Seriate e non solo.

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Planivolumetrico

L’idea progettuale, sviluppata tramite tracciati virtuali generati dai assi territoriali che caratterizzano l’area, definisce un ambiente ricco di nuove funzioni ricettive, culturali, terziarie e direzionali che si fondono in un’area esclusivamente ciclo-pedonale composta da più percorsi, da una piazza centrale e da aree verdi piantumate. Il progetto si pone l’ obiettivo di creare spazi in cui passeggiare, giocare, rilassarsi, godere del verde, della cultura e dei servizi primari lontano dal traffico automobilistico, connettendosi con il fiume Serio e in grado di garantire uno sguardo a 360 gradi sull’intorno e il contesto urbano.

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Prospetto sud

Il progetto definisce una nuova visione green eco-compatibile e un nuovo modello di vita fondato sul concetto dell’auto-sostentamento, ossia sulla possibilità di auto-produrre alcuni beni alimentari nei propri orti sensibilizzando la popolazione verso uno stile di vita che tutela maggiormente l’ambiente da ciò che è consumismo e prodotti preconfezionati. Una visione per niente ambiziosa ma che segue un’attualissima riconversione dell’uomo contemporaneo sempre più sensibilizzato e sensibile a ciò che lo circonda, alla qualità e al costo della vita. L’intervento urbanistico progettato è stato concepito per garantire le più efficienti forme di ecosostenibilità attraverso l’applicazione di tecnologie a basso consumo energetico e di limitato impatto ambientale come pannelli solari integrati, tetto giardino, pareti verticali verdi, recupero dell’acqua piovana, canali e vasche d’acqua.

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Tracciati virtuali

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Dettagli ed. Artisti - ed. Serra

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La piazza

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I laboratori Artistici e il Parco

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Gli orti, l'esposizione Artistica e l'edificio principale

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Residenze degli Artisti

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Residenze per Auto-sostentamento

FLOTTWELL ZWEI - Heide & von Beckerath Architekten

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The apartment building meets the need for sustainable and urban dwelling. The distinctive exterior corresponds to the internal spatial concept based on a split-level. Irrespective of their actual size, the apartments offer individual and at the same time flexible living spaces. The symbiotic relationship between private and collective space characterises both the apartment type and the building. The project was realized in Berlin between 2008 and 2011 as a builder-owner collective. The 418 sqm site is situated westwards to the Park at Gleisdreieck, one of the large urban landscapes of the inner city. Its location near Potsdamer Straße and Landwehrkanal is remarkably central and the building is well connected with public transport. The given east-west position with its optimal daylight conditions led to an apartment building with a depth of 16 m. The structural design of the building allows for different apartment configurations on one, two or even more levels that have individual entrance doors. The slender balcony areas with their customized seating and spacious floor-to-ceiling windows with textile sun shades (half of which are designed as moveable sliding doors) determine the quality of the living areas, as well as the relationship to the urban environment.

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The respective layouts of the apartments are based on three inner zones and segmented sliding doors. Individual adjustment with regard to the number of rooms, their size and location, the kitchen and bathroom and the surface treatments of walls, ceilings and floors is possible. The furnishings such as a simple modular kitchen and inbuiltclosets were designed to engage in a direct dialogue with the building and meet usability. The fine detailing of the communal areas, such as the foyer, the stairwell, the garden, the water-basin and the roof terrace, was a major objective of the project. A small studio unit on the ground floor with steps for seating to the sidewalk supplements the program. The building aims to discuss density, diversity and sustainability within residential architecture. It can be seen as a new model typology for urban housing that is cost and space efficient while offering a maximum potential capacity for individual adaption and flexibility throughout lifetime. Social, cultural, economical and ecological aspects have been considered equally to define a contemporary sustainable approach. The limit set by German Energy Saving Regulations (EnEV 2009) was reduced by 30%.

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State archive of the Evangelical Lutheran Church of Bavaria - Gmp Architekten - Von Gerkan, Marg und Partner

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Today, the Evangelical Lutheran State Church of Bavaria is inaugurating its new archive in Nuremberg with a special ceremony. The new building, which was designed by architects von Gerkan, Marg and Partners (gmp), took three years to build and is located on a former factory site in the direct vicinity of the existing main building. With 34 kilometres of shelving, the State Church archive now has more than twice the storage space compared to previously and, in addition, accommodates a restoration workshop and enough space for visitor rooms. In the “Memory of Evangelical Bavaria”, the Church is archiving – amongst many other original documents – letters by Martin Luther and documents by popes and emperors, as well as numerous historically important books and paintings. The State Church archive has been designed to include passive air conditioning of the archives.

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The new building consists of two intersecting solid cubes which seem to float above a transparent receding ground floor. The structure rises from a basement floor about one metre high along the road, which develops into full storey height along the downward slope towards the south, including a large terrace which offers views of the Wöhrder See lake. The ensemble consists of a solitary building sculpture with main facades on all sides. It thereby confines the adjacent Zeissstrasse on the one side, and the garden of the Theological Seminary to the east on the other side. Seen from across the garden, the new archive appears as a continuation and extension of the Theological Seminary. The plinth of the reinforced steel structure is clad with reddish sandstone which forms a continuation of the existing sandstone wall and anchors the building in the landscape context. The external walls of the archive are finished in a shiny copper facade with a subtle vertical structure. The natural metal surface will undergo various oxidation stages and colour changes until it finally develops a velvety, brownish appearance.

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Visitors enter the public areas of the archive via Veilhofstrasse. From there they also reach the lecture hall, which can also be used for exhibitions. This hall faces the corner of Veilhof-/Zeissstrasse in a manner that welcomes the public. The reading room faces both east and west and is located on the quiet garden side. The offices are located above, on two levels surrounding the archive areas, and provide easy access for members of staff to the repository. The repository areas themselves occupy four floors above the ground floor, as well as the two lower ground floors. Since the first lower ground floor extends out on the slope towards the south, access is available from Zeissstrasse to the workshop and functional rooms.

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HAUS IM ODERBRUCH - Heide & von Beckerath Architekten

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Es handelt sich um ein direkt hinter dem Deich gelegenes Grundstück im Außenbereich einer Ortschaft im Oderbruch, das mit einem Stall und einem ehemaligen, inzwischen verfallenen Fischerhaus bebaut war. Jenseits des Deiches eröffnet sich die Flusslandschaft der Oder. An Stelle des Fischerhauses wurde innerhalb des vorgefundenen Volumens ein neues Haus gebaut. Wegen einer unter Naturschutz stehenden alten Ulme wurde die Position des Baukörpers leicht verschoben. Um den Bau des Hauses und die Bewilligung des Bauantrages zu ermöglichen, wurde seitens der Gemeinde die Außenbereichssatzung geändert. Das neue Haus folgt in seiner räumlichen Disposition und manchen Details lokalen Traditionen und eröffnet der vierköpfigen Familie und ihren Freunden dennoch ein ausgesprochen helles, großzügiges und komfortables Feriendomizil. Der Grundriss folgt dabei einer grundsätzlichen Drei-Teilung, wobei die beiden zweigeschossigen Randfelder im Erdgeschoss Küche und Bad, sowie zwei Schlaf-zimmer aufnehmen, während das mittlere Feld bis in den Giebel reicht und einen Kamin mit angeschlossener Sitzbank zum Thema hat. Dabei lässt sich der zentrale Wohnraum durch die Verwendung von raumhohen Schiebetüren in der Diagonalen um Küche und Bad erweitern.

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Die mit schwedischer Schlammfarbe anthrazit-grau gestrichene Holzfassade korrespondiert mit den farblich verwandten Biberschwanzziegeln des Daches. Die Fassade wird von vier gleich großen, raumhohen Glasfeldern unterbrochen, die sich in den Längswänden und den Dachflächen befinden, und von hölzernen Rolltoren verschlossen werden können. Kleine Fenster, die mit fassadenbündigen Fensterläden versehen sind, dienen der Belichtung der Zimmer und Nebenräume. Der Boden besteht in großen, nämlich den öffentlichen Teilen des Hauses, und auch im Bereich der Terrasse, aus Ziegel. Die Böden der Schlafzimmer und der Räume im Obergeschoss, sowie die Schränke, Schiebetüren und Elemente in Küche und Bad, sind in Eiche ausgeführt.

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APARTMENTHAUS AM KURFÜRSTENDAMM - Heide & von Beckerath Architekten, Andrew Alberts

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The property is located at Lehniner Platz in Berlin Charlottenburg, near the Berlin Schaubühne, the former Lichtspieltheater Universum, built by Erich Mendelsohn in 1928. The surroundings comprise old bourgeois housing quarters and buildings from the 50s and 60s, a mix characteristic of the heterogeneous West Berlin city center. The plot has been built upon to the maximum: defined by a freestanding firewall on one side and a massing in the courtyard area which towers the corner. The street facades characterise the building as independent. This blurring of typologies is to be understood as a comment on contemporary public and private aspects of living. The apartment buildings comprise two loft style apartments on each floor. In one design variation the apartments embody an elegant model, one which respects the quality of the neighbouring living quarters. The corridors, in relation to the living spaces, are based on an open concept. Consequently, sliding doors function as an integral element of the apartments and correspond with the windowed facades facing West and South-West and the movable floor to ceiling elements which open the rooms on to the city.

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Polo scolastico di via Piave - Giovanni Bua, Simona Soldini, Elena Garlaschi, Matteo Di Cesare, Maurizio Colombo, Paolo Boschetti, Roberto Fusetti, Antonino Panico, Luisa Airoldi

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La soluzione progettuale proposta prevede un assetto planimetrico a “corte”, finalizzato alla concentrazione e valorizzazione degli spazi esterni sia in ambito privato (le scuole) che pubblico (la piazza pedonale); è uno spazio che sottende alla socializzazione, alla comunicazione, al gioco, al relax ed apre, collega e rafforza il centro sportivo già esistente. La qualità offerta dal progetto è proprio nella “continuità” tra esterno ed interno, nel passaggio da una condizione di estraneità ad uno di intimità attraverso una graduale identificazione e caratterizzazione dei luoghi e delle architetture.

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l'area pubblica ed il "cubo verde"

Il complesso è volutamente limitato a due piani fuori terra sia per adeguarsi all’edificato circostante sia per rapportarsi meglio con lo spazio antistante. La rotazione dei blocchi delle aule al piano primo, a cercare il sud e l’ingresso della corte, fa vibrare la facciata accompagnando il ritmo delle esili colonne del piano terra, gioca prepotentemente con luce ed ombra, spezza la monotonia del disegno, identifica inequivocabilmente i luoghi della didattica. Quando i luoghi diventano collettivi l’architettura cambia; mantiene gli stessi elementi ma li utilizza diversamente con un disegno più regolare che non rinuncia al gioco di contrapposizione volumetrica evidente nella facciata dell’auditorium.

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vista dell'area pubblica

Il palazzetto sportivo (edificio delle palestre), “cubo verde” avvolto dai rampicanti e posto frontalmente alle vie d’accesso all’area, diventa invece icona, rappresentazione dell’orientamento del Comune di Godego alla sostenibilità ambientale, elemento segnalatore del nuovo fulcro dell’attività didattico-sportiva-culturale.

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aree a verde e gioco bambini

L’uso dei materiali contribuisce in modo sostanziale alla definizione dei volumi ed alla caratterizzazione del disegno delle facciate. La scelta del legno per la chiusura degli involucri (tamponamento esterno e coperture) insegue molteplici obiettivi tra cui l’alto livello in termini di prestazioni energetiche, il basso impatto ambientale, la possibilità di utilizzare sistemi preassemblati e, dunque, la velocità e la facilità di montaggio, il gradevole aspetto estetico.

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vista della corte scolastica

La qualità dei materiali adottati (materiali certamente innovativi ma ormai consolidati negli ultimi anni relativamente ad interventi di questo genere) si sposa qui ad un uso equilibrato, senza eccessi dove la ricerca del rapporto forma-funzione risulta ben delineato. Si passa dal simbolismo rappresentativo del “cubo verde”, in ambito pubblico, alla tensione espressiva degli edifici scolastici con le aule, luoghi preposti all’apprendimento, che sembrano fuoriuscire dai confini predefiniti della “scatola-edifico” verso il centro dello spazio cortilizio aperto.

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l'auditorium

Per la progettazione degli impianti HVAC (“Heating, Ventilation and Air Conditioning”, ovvero “riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria”) si è considerato di ottenere un giusto compromesso tra costi di installazione iniziali e gestionali; per questo si è deciso di utilizzare tecnologie ad alta efficienza che comportino un periodo di break even point tra investimento iniziale e consumo energetico inferiore a 5 anni, con particolare riferimento alle unità di trattamento aria primaria e alla generazione di fluidi caldi e freddi mediante pompe di calore acqua/acqua. Questo ha portato a proporre soluzioni impiantistiche ad alta efficienza, ma non esasperate, garantendo sistemi di controllo flessibili, di semplici utilizzo, bassi costi di manutenzione e flessibilità d’uso nel caso di future modifiche degli ambienti interni.

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la palestra

Per rendere sostenibile l’utilizzo di fonti rinnovabili dal punto di vista tecnico-economico la scelta fondamentale che è stata effettuata è quella di progettare un edificio con un basso fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione, agendo innanzitutto sull’involucro edilizio e sul controllo dei carichi interni. A seguito dei queste considerazioni e dei calcoli preliminari dei fabbisogni energetici si è quindi previsto l’utilizzo di pompe di calore condensate ad acqua per la fornitura dei fluidi caldi e refrigerati per il riscaldamento degli edifici scolastici, della zona mensa e per la climatizzazione della zona uffici e auditorium; questo garantisce anche un utilizzo ottimale dell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico installato sulle coperture delle palestre con ulteriore abbattimento delle emissioni di gas serra (CO2).

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l'atrio di ingresso

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il corridoio delle aule

ZWEI WOHNHÄUSER IN ALTGLIENICKE - Heide & von Beckerath Architekten

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Am südöstlichen Stadtrand von Berlin, in unmittelbarer Nähe des Flughafens Schönefeld, liegt die Großsiedlung Altglienicke. Im Zuge der Weiterentwicklung und Nachverdichtung eines existierenden Wohngebietes in Plattenbauweise entstanden hier (wie auch in anderen östlichen Stadtteilen) unmittelbar nach der Wende städtebauliche Masterpläne, welche in Anlehnung an innerstädtische Wohngebiete aus den achtziger Jahren „urbane“ Bebauungsstrukturen an der Peripherie vorsahen. Der aus diesen Anstrengungen hervorgegangene Städtebau für Altglienicke (Wohngebiet 1.2) umfaßt die Typen Block, Zeile und Punkthaus oder auch Stadtvilla. Die Wohnungen sind im öffentlich geförderten Wohnungsbau (Zweiter Förderweg) errichtet.

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Die beiden benachbarten Wohnhäuser folgen der vorgegebenen städtebaulichen Figur und basieren jeweils auf 15×15 Metern in der Grundfläche. Als viergeschossige, nicht unterkellerte Baukörper beherbergen sie jeweils 2 Drei-Zimmer-Wohnungen pro Etage nebst integrierten Abstellräumen, sowie weitere Wohnungen und Zusatzräume im Paterre. Die Lage und Zuordnung der einzelnen Räume ermöglicht die Nutzung entsprechend einer eher neutralen Grundrißdisposition: Eine große Schiebetür läßt den Zusammenhang unter Einbeziehung der Korridorfläche individuell bestimmen. Die Ausrichtung der kleineren Räume zur Straße und nach Südwesten, sowie des großen Raumes zum Garten und – großzügig geöffnet- nach Nordosten ergibt eine diffuse und unhierarchische Lichtsituation, welche die Raumverhältnisse unterstützt und die Hierarchie von Wohnzimmer-Schlafzimmer-Kinderzimmer relativiert.

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Die Häuser sind entsprechend den Festlegungen für das gesamte Wohngebiet dreiseitig mit Fassaden aus blau-braunem, bis zur Sinterung hart gebranntem Klinker versehen. Für die Öffnungen wurde – unabhänging von der Nutzung der dahinterliegenden Räume- ein einziges, stehendes Fensterelement mit integriertem Schiebepaneel und Brüstung aus gebürstetem Edelstahl entwickelt. Ein- und Unterschnitte im Außenbereich sind mit dunkelbraunen Schalungsplatten verkleidet. Die Verwandtschaft der matt schimmernden und flächenbündig wirksamen Oberflächen betont den Kubus.

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ACTION - Gianluca Vetrugno

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MOSTRA DI DESIGN FOTOGRAFIA PITTURA, PRESSO IL CASTELLO CARLO V GIUGNO 2013

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ESPOSIZIONE

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ESPOSIZIONE

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ESPOSIZIONE

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LA FOCARA

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LA CASA NEL BOSCO

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FIOCCHI DI NEVE

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IL VIALE

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PETALI DI FIORE

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LA TARTARUGA

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RIFLESSO NELL'ACQUA

E3 - Kaden Klingbeil Architekten

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7-storey wooden structure residential building in Esmarchstrasse 3 Berlin.

Beim Projekt e3 auf dem Berliner Grundstück Esmarchstraße 3 handelt es sich um die erste 7-geschossige Holzkonstruktion im großstädtischen Zentrumsbereich Europas.
Die drei Kernelemente des Brandschutzplans Esmarchstrasse 3 sind die sehr kurzen und komplett rauchfreien Fluchtwege, die signifikante Erhöhung des Feuerwiderstands der tragenden und aussteifenden Holzbauteile durch eine lücken- und hohlraumlose Brandschutzbekleidung (Kapselung) mit Gipsfaser-Platten sowie eine Rauchmeldeanlage.

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Abgesehen von den beiden vorelementierten Brandwänden zum linken und rechten Nachbargebäude sowie zwei Ortbetonkernen für die haustechnischen Installationen besteht die Konstruktion des Wohnbereichs komplett aus Holz. Die tragenden 320×360 mm dicken Riegel und die ebenso dimensionierten Brettschichtholzstützen in den Außenwänden sind mit 160 mm starken Massivholzwänden ausgefacht, wodurch schwer zu beherrschende Hohlraumbrände zuverlässig ausgeschlossen werden. Gegen eine Entzündung schützt zusätzlich die lückenlose Bekleidung aller tragenden Bestandteile, die innen aus zwei jeweils 18 mm dicken Gipsfaser-Platten besteht und nach dem Abspachteln der Fugen auf der Sichtseite sofort die malerfertige Oberfläche bildet.
Auf der Außenseite benötigt die Konstruktion eine 12,5 mm dicke einlagige Beplankung mit Gipsfaser-Platten und eine 100 mm dicke Steinwollelamellen-Platte mit einer erhöhten Rohdichte von 70 kg/m3 sowie einem Schmelzpunkt von >1000 oC.

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Die industrielle Vorfertigung der Holzkonstruktion in der Zimmerei unter den kontrollierten Bedingungen einer klimatisierten Halle garantieren eine große Ausführungs- und Qualitätssicherheit sowie sehr kurze Bauzeiten: Nach rund 9 Monaten Gesamtbauzeit konnte die Bauherrengemeinschaft e3 im Frühjahr 2008 ihr Haus beziehen.
Die Nichtsichtbarkeit des Werkstoffes Holz an der Außenfassade war für uns von Anfang an ein städtebaulicher Imperativ. In dieser urbanen innerstädtischen Situation könnten wir uns keine langsam verwitternde Holzfassade vorstellen. Bei diesem Projekt betrachten wir Holz in aller ersten Linie als ein Konstruktions- und Dämmmaterial mit ausgesprochen positiven bauphysikalischen Eigenschaften und einer sehr guten Energiebilanz.
Bewiesen ist damit zweierlei: Holzkonstruktionen mit 22 m Höhe und sieben Geschossen lassen sich konstruktiv sicher und unter Beachtung aller Brandschutzvorgaben in Deutschland realisieren. Sie müssen im Allgemeinen und in innerstädtischen Lagen im Besonderen keine historisierend bzw. anheimelnde Assoziationen wecken. Und die Gebäudeklasse „Hochhaus“ ist nur noch wenige Zentimeter entfernt!


Location: Esmarchstraße 3, 10407 Berlin – Prenzlauer Berg
Realisation: 2007-2008
Surface: 970 m²

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