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Concorso di idee - Romina Muccio

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Il logotipo proposto, si distingue per l’essenzialità dei segni evocativi dell’attività di formazione della pianificazione urbanistica , individuando, come tali “le invarianti” di rispetto che giacciono sul territorio, e, dalle quali, si districano, le attività di pianificazione del Comune di Pontecagnano Faiano. Prima tra tali invarianti, è il tracciato della linea di confine del Comune, il cui perimetro definisce la sagoma del logotipo, attraversato dalle due maggiori infrastrutture che connotano il territorio e che rientrano nelle invarianti a cui si è fatto riferimento, ossia l’Autostrada A30 Salerno – Reggio Calabria, individuata dalle curve sfumate di verso opposto che definiscono le carreggiate del tracciato viario e il trasporto su ferro, identificato dal pettine inclinato secondo l’attuale giacitura sul territorio del tratto ferroviario esistente. La scelta degli elementi evocativi del Comune in esame, ha riguardato anche la individuazione delle aree di particolare interesse archeologico presenti sul territorio in maniera sparsa, che identificano il Parco Eco-Archeologico, massima testimonianza della civiltà Etrusca e il centro cittadino identificato da cerchi concentrici, mascherati nella lettera P, iniziale del Comune d’interesse. Il requisito di essenzialità del logotipo risponde alla richiesta del bando di immediato impatto ottico, così come la scelta delle “invarianti” quali, la linea di confine, le infrastrutture, i resti archeologici e il centro cittadino, attestano la pregnanza di significato del logo, i cui tratti non sono casuali ma disegnati sulla guida degli elementi semantici del territorio. Il font scelto per i testi, compatto e dalle linee semplici, è l’Orange LET. I colori adottati in quadricromia (CMYK) hanno rispettato il requisito di essenzialità proposto, indispensabile per una immediata captazione visiva del logotipo identificativo, difatto si è scelto di utilizzare un colore cardine, il verde, sfumato secondo varie tonalità, colore simbolo del particolare pregio paesaggistico di cui è investita massima parte del territorio Comunale. Al colore prima citato, si è scelto di accostare tonalità neutre, quali il grigio scuro identificativo dei tracciati viari e il beige che individua le aree archeologiche presenti. Il logo si presta a future possibilità di restyling data la sua semplicità di forma e l’ adozione di poche cromie, permettendo la riproducibilità su media e supporti che consentono un parziale controllo tecnico.

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Logo a colori

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Logo con applicazione delle diverse sigle e nominazioni di piano.

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Cartella portadocumenti e tavole di progetto in formato A4


Concorso di idee - Romina Muccio

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Il logo proposto si compone di una parte grafica e una di testo. Il testo recita, Auguri ANCONA 2400 anni, espressione coincisa che esplicita la ricorrenza di cui il logotipo è simbolo. Alla dizione di testo, si intreccia la graficizzazione degli intenti, a partire dalla lettera “i” di anni, che assume le sembianze di una candelina augurale di un compleanno speciale per la città. Emblema cardine della rappresentazione grafica, è la Mole Vanvitelliana, presa come riferimento e riprodotta nelle sue linee essenziali, la cui corte, utilizzata spesso come salotto di eventi culturali e musicali, messa fuori nel segno grafico dal drappeggio del sipario raccolto, diviene “cilindro”, da cui fuoriescono sorprendenti note prodotte dal suono della tastiera di un pianoforte che sbuca in crescendo dalla corte stessa e la cui curva superiore diventa onda percorsa in skateboard, simbolo delle prossime attività sportive in programma. Il segno grafico rappresentato, racchiude le peculiarità della ricorrenza, in particolare, il suo valore identitario è rappresentato dalla Mole Vanvitelliana, simbolo della città di Ancona, gli altri elementi, quali il sipario, il pianoforte, le note e lo skateboarder alludono al prossimo calendario di eventi e iniziative culturali, sportive e di partecipazione popolare che impegnerà la città di Ancona. I colori rappresentativi del logo sono il rosso, il nero e una lieve tonalità di grigio che enfatizza la parte di testo e le punte a vista del pentagono Vanvitelliano. Il logotipo proposto, come richiesto, è stato realizzato su distinti fogli A3, a colori e in bianco e nero (T1/4), in positivo e negativo (T2/4), nelle diverse scale di riduzione e ingrandimento (T3/4), e, in particolare, sono stati realizzati degli esempi applicativi dello stesso sui supporti richiesti (T4/4). Come richiesto dal bando, il logo è stato riprodotto su vari supporti, quali il modello di carta intestata scelto con bordi arrotondati, la busta da lettere e il block notes, i cui testi assumono le cromie del rosso e del nero . Il supporto cd/dvd invece, è previsto con un fondo rosso pieno, da cui emerge, per contrasto, il logo posizionato sulla destra e, la locandina, per la quale si è scelta una forma rettangolare allungata disposta orizzontalmente, è interamente coperta da una immagine in scala di grigi di una veduta della Mole Vanvitelliana, accompagnata dallo stemma comunale e dal logo proposto, oltre che dalla disposizione centrale del testo, che individua i dettagli dell’evento per il quale è finalizzata.

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Tavola 1

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Tavola 2

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Tavola 4

desy-d store multimarca, Eboli SA - Pasquale Ambrosio

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Progettazione architettonica e studio delle luci per la realizzazione dello store multimarca “desy-d” dedicato alla donna presso il centro commerciale “Le Bolle” di Eboli(Salerno).

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desy-d store multimarca, Pompei NA - Pasquale Ambrosio

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Progettazione architettonica e studio dei particolari per la realizzazione dello store multimarca “desy-d” dedicato alla donna presso il centro commerciale “La Cartiera”– Pompei(Napoli).

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Camomilla Italia, Pomigliano d'Arco - Pasquale Ambrosio

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Progettazione architettonica, studio dei particolari e delle luci per lo store monomarca “Camomilla Italia” dedicato alla donna in Pomigliano d’Arco(Napoli).

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Camomilla Italia, San Giuseppe Vesuviano - Pasquale Ambrosio

Camomilla Italia, Terracina - Pasquale Ambrosio

Camomilla Italia, Fiumicino - Pasquale Ambrosio


Camomilla Italia, C.C. La Romanina - Pasquale Ambrosio

Camomilla Italia, Angri - Pasquale Ambrosio

VILLA PRIVATA P_G - ARCAM studio

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REALIZZAZIONE DI UNA VILLA MONOFAMILIARE A DUE PIANI FUORI TERRA PIUCANTINATO -

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RIT - Silvia Guarnieri

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La famiglia di tavolini RITè composta da due coffe table con funzione ibrida tra il contenitore e l’appoggio. RITè un tavolino che, senza essere volumetricamente chiuso, contiene libri ed interagisce con il fruitore in quanto il contenuto è esposto alla vista e pronto all’utilizzo. E’ pensato per essere collocato nelle zone relax e conversazione dell’ambiente indoor ed anche negli spazi aperti. RITè disponibile in due diverse misure.

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RIT

The family of tables RIT is composed of two coffee table with hybrid function between the container and the support. RIT is a table which, without being volumetrically closed, contains books and interacts with the user as the content is exposed to the sight and ready for use. is thought to be located in areas for relaxation and conversation of the indoor environment and also in open spaces. RIT is available in two different sizes.

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RIT

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RIT MINI

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RIT MINI

POD - Silvia Guarnieri

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La linea PODè ispirata alle forme naturali. Essa riprende alcuni particolari, a volte piccolissimi, tipici dei baccelli dei vegetali. Gli elementi base dei gioielli, realizzati in legni di varie essenze e colori, presentano alcuni inserti di conchiglia incastonati sulle loro superfici. Questi inserti rappresentano i semi, contenuti nei baccelli, che affiorano in superficie, per essere dispersi sul terreno. Prodotto da DLB GIOIELLI con DAVIDE ARESI.

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POD - RING

The line POD is inspired by natural forms. It takes some special, sometimes very small, typical of the pods of plants. The basic elements of jewelry, made of wood of various species and colors, have some inserts shell embedded on their surfaces. These inserts are the seeds contained in the pods, which come to the surface, to be scattered on the ground. Manufactured by DLB GIOIELLI in collaboration with DAVIDE ARESI.

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POD - PENDANT

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POD - PENDANT

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POD - PENDANT

Ehpad Morangis - VOUS ETES ICI Architectes

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How could we build a socially orientated retirement home and never neglect comfort and sensorial fulfillment?

A retirement home for all
Based on an off-plan concept led by AXENTIA as a social contractor and IMMODIEZE as a private developer, the Morangis Retirement Home was constructed with financial support from the Conseil Général de l’Essone, Regional support as well as the Regional Health Agency and the town of Morangis. The operator and tenant of the new building is an Autonomous Public Establishment that offers stay’s as low as 60€ per day. This low and democratic offer was attained without sacrificing the quality of service or the finish of the construction.

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An orientated building
The building is constructed on 4 levels and is based on a « Y » shaped plan. The building occupies the site as follows:
1)The main public entrance is located where the “Y” strands connect
2)The north façade is dedicated to service, deliveries and employee’s entrance
3)The south façade is generously opened towards the residents private parc
The plan is organized according to a few constraints: compact, rational and open towards the outside

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The living areas as well as the main activities areas (restaurant, salon) are developed around the private gardens. These areas benefit from the view and easy dedicated access to the gardens. The gardens include therapeutically themed spaces as well as more traditional paths around flower beds and a rose garden. The rooms on floor one and two are dedicated to classical geriatrics residents, the rooms are disposed into 6 units of 13 rooms each. The third floor is dedicated to patients suffering from Alzheimer’s disease or other similar neurological disorders. The floor includes vast dedicated spaces for specialized activities, rest and well-being. All the floors are accessible from the central node intersecting all of the buildings functions and patient units.

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Views and light for all
One of the base lines of this project is to offer, all through the construction and all its sleeping units, framed views. Each unit has a main gathering area for activities or meals as well as a smaller area placed in front of loggia or suspended gardens. All these small areas include large windows and quality framed views. The corridors, usually blind and suffocating spaces, always include wider spaces with outside views, this allows our elders to move around at their pace towards lights and rest areas in the buildings circulations, they may easily meet and chat with fellow residents without having a difficult and stressing path to do so. The third floor has two large terraces easily accessible to the residents. These terraces, widely orientated towards the park, are treated as a prolongation of the inner spaces. On an individual’s point of view, the building rooms were designed differently with windows offering distant views of the country side and treated as hotel rooms more than hospital rooms. The windows all designed with a glass panel to the floor allowing bedded residents to have a view.

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Materials and Volumes
A unique volume with different spaces: unity is not uniformity.
On the outer skin wrapping the building, openings are pierced following no specific symmetry; the sculpted facades offer various views and volumes behind the outer skin. This envelope covering the building is made out of Siberian larch wood; these wooden boards are warm and comforting. The outer skin vibrates according to the sun and time of the day. The larch boards are top quality solid wood, they are butted together to prevent deformation and to remove defaults.

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Wooden awnings extend the facades skin away from the building creating shelter from the sun and rain and protecting the ground floor’s salons and restaurants. Every time the outer skin is punched in to form a dent in the global volume this corresponds to a specific socializing space: inner rest areas widely opened towards the park or the third floors terraces. The “dents” allow the sun and the light to reach in deeply into the building for those whom have difficulties moving about. As soon as the outer skin is breached to create a volume a different material and color is used to outline these inner volumes. A warm orange to yellow coating has been applied on the outer walls exaggerating the warmth of the light. The ambiance is friendly and warm and the yellow resonates nicely with the natural warmth of wood. As a result the dynamic spaces we offer are worth the effort needed to reach by elderly people.

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This bright and lively color, stimulating without being aggressive, is also the one used for the window and door frames of the facades found under the awnings and in the bedrooms. As one approaches the building and passes below the awnings towards the yellow coating, as he is welcomed, will feel and understand the building’s harmony. One will easily understand how the building works and how it is connected to its natural and urban surroundings.

Program: Retirement home with 91 rooms
Cost: 9.4 million euros
Calendar: First building permit 2010, final delivery 2013
Area: 5315 m², 46 parking spaces, total plot area 9950 m²
Location: Morangis southern Parisian suburb

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CURTAIN WATER - Paolo Didonè, Devvy Comacchio, Francesca Fittolani

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PREMESSA Volvo V60 Pure rappresenta un modo nuovo e innovativo di pensare l’automobile. Il concept del padiglione “water curtain” segue le stesse linee guida di progettazione della vettura. L’idea è associare il padiglione alla natura con eleganza e pulizia.

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CONCEPT E’ la purezza che contraddistingue il design scandinavo ed in particolare il design Volvo. Il padiglione che ospiterà la nuova Volvo V60è ispirato a questi principi. Un elemento semplice, pulito, elegante come l’auto che ospita al suo interno e che, grazie al design essenziale che la incornicia, rimane l’assoluta protagonista. Il sistema di propulsione ibrido è un sistema pulito, che tende la mano alla natura. Abbiamo voluto richiamare questo aspetto inserendo l’elemento naturale per eccellenza, l’acqua, l’acqua che dà vita e che costituisce il nostro pianeta per il 70,8 %. Il padiglione si presenta come una vera e propria scatola semi-trasparente d’acqua. La “tenda d’acqua” lascia intravedere, immaginare, sognare l’auto contenuta al suo interno. L’increspatura creata dallo scorrere dell’acqua lungo le superfici trasparenti del padiglione crea un effetto “vedo-non vedo” che incuriosisce il visitatore esterno. All’interno della scatola la separazione tra spazio interno ed esterno è effimera, dato che le pareti sono in realtà una superficie dinamica, naturale e trasparente. Il soffitto invece ospita un unico grande foro, rivolto all’altro elemento naturale che contraddistingue il nostro pianeta, il cielo. Il foro diventa un quadro, nella cui tela è dipinto il cielo. Anch’esso, come l’acqua,è dinamico e sempre diverso (in caso, ad esempio, di esposizioni all’esterno).

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FUNZIONAMENTO La “tenda d’acqua” che avvolge il padiglione funziona tramite alcune semplici pompe che portano l’acqua dalle vasche di raccolta posizionate sulla base fino alla copertura, attraverso i profili che sorreggono la struttura. Con questo semplicissimo sistema, l’acqua utilizzata è pochissima ed è sempre la stessa, rendendo il sistema, di fatto, sostenibile. La discesa dell’acqua inoltre è controllata da un software, che rende le pareti inondate, completamente o parzialmente, in modo da mostrare l’auto attraverso diverse trasparenze a seconda delle esigenze. L’illuminazione del padiglione è pensata per legarsi al concetto di “switch to pure”. Alla base delle pareti in plexiglas sono collocati dei led rgb collegati ad un pannello all’interno della struttura. L’utente che entra nel padiglione è invitato a provare lo “switch to pure” nel pannello multimediale passando da power a pure a hybrid. A questi sistemi di propulsione sono legate 3 colorazioni del padiglione in coordinato con il sito web Volvo (rosso-power, verde-hybrid, blu pure). Questa soluzione ludica rende il padiglione interattivo e sottolinea il concept di progettazione della vettura.

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Il Giardino della Cremazione - Mauro Crepaldi

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Il nuovo Centro di Servizi Cimiteriali si colloca all’interno di un vuoto di circa 10 ettari che il Piano Regolatore Comunale ha salvaguardato dall’espansione urbana antistante il cimitero e si incunea considerevolmente nel tessuto fino ai margini del Centro Storico, per avviare il processo di riconversione dell’area da restituire alla cittadinanza con nuovi percorsi ciclabili, aree per il gioco, il tempo libero e lo sport e parcheggi, a pochi metri di distanza dalla piazza principale.

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L’edificio si configura con tre elementi principali: una duna di terreno inerbito in continuità con il parco del Naviglio sostenuta da un muro di contenimento in cemento armato; una fascia ad un piano destinata alle attività di servizio, posta dietro il muro di contenimento, sul fronte del cimitero; una scatola sospesa in fibrocemento che nasconde al suo interno impianto di cremazione con relativi sistemi di abbattimento polveri.

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L’obiettivo è realizzare un volume puro e neutro, non caratterizzato né con sembianze di una chiesa né di altro luogo di culto.

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L’accesso principale avviene dal caratteristico viale alberato. Il corteo, lasciata l’auto nel parcheggio adiacente la piazza o, in alternativa in arrivo dalla Chiesa Parrocchiale, attraversa lentamente il parco immerso nella natura preparandosi alla meditazione prima dell’ultimo saluto. Una volta entrato potrà beneficiare della pace e della serenità che è assicurata delle sale dedicate, equipaggiate con ogni confort , in attesa di ricevere l’urna del proprio caro.

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Il fabbricato è realizzato unicamente con tre materiali: cemento armato, vetro e fibrocemento. Si divide in due fasce aventi differenti altezze. La prima, posta a ridosso del terrapieno, a doppio volume per contenere Sala del Commiato e area produttiva (forni e relativi sistemi di abbattimento polveri); la seconda, ad un piano, destinata alle attività di servizio all’utenza e di controllo dell’impianto. Sulla copertura di questa verranno alloggiate le dotazioni impiantistiche esterne proprie dell’impianto di cremazione ( camino di emergenza e dissipatori del calore) e degli impianti termo ventilanti, nascoste dalla scatola appesa in fibrocemento e metallo esterna.

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L’accesso principale per i visitatori avviene sul fronte nord in corrispondenza della hall di distribuzione. In questa sala potranno sostare in attesa della consegna dell’urna contenente le ceneri del defunto. In adiacenza sono posti servizi igienici dedicati.

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La sala si affaccia inoltre su un giardino interno detto “Giardino del Ricordo” e sulla Sala del Commiato dove si svolge il rito per l’ultimo saluto. L’accesso per il personale di servizio avviene da più parti: dalla porta principale posta a nord, se segue il corteo funebre, o dagli accessi posti ad ovest.

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La struttura è in via di realizzazione.

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Una nuova centralità per Casinalbo - Officina8A | studio di architettura

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Il centro di Casinalbo si presenta costretto tra la trafficata via Giardini Nord e il rumoroso corso della ferrovia. Di conseguenza riteniamo fondamentale creare le circostanze per una integrazione fra il centro storico e gli spazi pubblici che verranno originati nell’ex area Maletti. Oggi Casinalbo manca di una vera e propria piazza, dove prendano posto il mercato, le annuali feste e sagre di paese e si concentri la vita pubblica. La stazione ferroviaria e la Parrochia individuano come spazio preferibile quello situato più a nord dell’Area Ex-Salumificio Maletti. Verrà dissotterrata l’antica ghiacciaia che costituirà parte del Museo di Casinalbo, attorno a cui verrà creata una piazzetta. Al piano superiore del Museo troverà spazio il bar enoteca. Verrà recuperata una superficie di edifici storici consistente in circa 2200 mq. Il corpo di fabbrica principale dell’Area Ex-Salumificio Maletti, che ospitava le lavorazioni del salume, illuminato naturalmente in maniera uniforme da grandi lucernari darà spazio ad una biblioteca di quartiere e spazi espositivi. Questi due ambienti potranno essere uniti con facilità grazie all’utilizzo di pareti mobili nel caso di eventi con grande affluenza. L’area adiacente ospiterà una sala proiezioni mentre al piano seminterrato saranno destinate le sale prove per attività musicali. I piani terra degli edifici residenziali affacciati sulla grande corte saranno occupati da attività commerciali e da laboratori artigianali. Il nostro progetto, oltre alle funzioni destinate alla vita pubblica ed alle attività commerciali e produttive prevede l’edificazione di 9800 mq di residenze suddivise in 4 diverse tipologie uni/bi e multifamiliari. Abbiamo differenziato il più possibile l’offerta tipologica in modo da venire incontro a un più ampio spettro di esigenze. L’intervento di riqualificazione dell’Area Ex-Salumificio Maletti presenta la possibità di creare un polmone verde urbano. Tutti gli edifici residenziali saranno dotati di pannelli fotovoltaici e pannelli solari. L’asse visivo della grande corte sarà orientato da un alto deposito dell’acqua a caduta il quale costituirà l’accumulo per l’acqua in eccesso riscaldata dai pannelli solari che potrà essere utilizzata nottetempo. Le abitazioni sfrutteranno inoltre in maniera ottimale le risorse solari con facciate completamente vetrate e protette dalla luce diretta tramite schermature solari. Le coperture piane saranno utilizzate dai residenti come terrazze praticabili e solarium e ospiteranno gli impianti e i pannelli solari e fotovoltaici. L’antica ciminiera recuperata sarà rifunzionalizzata come camino del vento per estrarre efficacemente i fumi di scarico dal parcheggio sotterraneo. Si aupica inoltre lo sfruttamento delle risorse geotermiche a favore di tutto l’edificato dell’area. Il sistema di percorsi all’interno dell’Area Ex-Salumificio Maletti è stato progettato in modo da ridurre il più possibile l’impatto del necessario uso di automobili all’interno dell’Area, e promuovendo la movimentazione ciclopedonale. Le automobili troveranno sosta in parcheggi a raso ed interrati.

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Oggi Casinalbo manca di una vera e propria piazza, dove prendano posto il mercato, le annuali feste e sagre di paese e si concentri la vita pubblica. La stazione ferroviaria e la Parrochia individuano come spazio preferibile quello situato più a nord dell’Area Ex-Salumificio Maletti. Verrà dissotterrata l’antica ghiacciaia che costituirà parte del Museo di Casinalbo, attorno a cui verrà creata una piazzetta sotto il livello stradale. Al piano superiore del Museo troverà spazio il bar enoteca.

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Verrà recuperata una superficie di edifici storici consistente in circa 2200 mq. Il nostro progetto, oltre alle funzioni destinate alla vita pubblica ed alle attività commerciali e produttive prevede L’edificazione di 9800 mq di residenze suddivise in 4 diverse tipologie uni/bi e multifamiliari. Abbiamo differenziato il più possibile l’offerta tipologica in modo da venire incontro a un più ampio spettro di esigenze.

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Il corpo di fabbrica principale dell’Area Ex-Salumificio Maletti, che ospitava le lavorazioni del salume, illuminato naturalmente in maniera uniforme da grandi lucernari darà spazio ad una biblioteca di quartiere e spazi espositivi. Verrà dissotterrata l’antica ghiacciaia che costituirà parte del Museo di Casinalbo, attorno a cui verrà creata una piazzetta sotto il livello stradale.

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Relazione non disciplinare che tenta di cogliere in modo analogico i fattori di ben essere in questo luogo. Trattandosi di un concorso di idee la lettura aperta e senza pregiudizi di questa relazione è indispensabile alla comprensione del progetto. Alcune idee progettuali sono solo necessariamente abbozzate e necessitano di un approfondimento con chi conosce la cultura del luogo necessariamente molto meglio di noi. Say it like you eat it Parla come mangi Ma anche Parla architettura come mangi Abita come mangi Dimmi come mangi e ti dirò come abiti e viceversa Il carattere del luogo e il carattere del cibo si esprimono qui metaforicamente come un contenuto in un involucro. Cosìè per il salame: un caos di pezzi di carni diverse del maiale e altri pezzi di lardo,sono insaccati alla rinfusa dentro una “pelle” di budello che li contiene; conditi con sale, pepe, sapori e droghe varie… Cosìè per il raviolo: un caos di pezzi ancor più sminuzzati di vegetali e o carni, spesso di maiale, insaccati alla rinfusa dentro una “pelle”di pasta che li contiene, conditi con sale pepe e sapori vari. In entrambi i casi oltre alla qualità degli ingredienti del caos interno, è fondamentale la qualità dell’involucro. Atto al contenimento ma anche allo scambio tra interno ed esterno. L’integrità dell’involucro è essenziale tanto per la stagionatura del salame quanto per la cottura del raviolo. La fantasia applicata all’involucro ha differenziato il salame in salcicce, cotechini, prosciutti, zamponi… Che fantasia riempire una zampa di maiale! La stessa fantasia applicata al design della pasta ripiena, parte dal raviolo, semplice quadrato razionale, a differenziarsi nelle diverse forme della geometria piana; fino a vedere la pasta incurvarsi su se stessa, nello spazio, fino a richiudersi in forme diverse di tortelli e cappelletti. Qui ci troviamo in un borgo, non in un paese o in una città. Non esiste neppure una parte di abitato tradizionale a corte, oppure a schiera, molte sono casette indipendenti e private con giardino attorno e ad alto senso di possesso, un po’ di alloggi… Tutto pare che inviti ad abitare isolati pendolando tra la casa e il più o meno vicino luogo di scambio. La parte più vecchia è un coacervo di abitazioni ma con un più interessante rapporto prossemico. La coesione dell’abitato non è deputata all’urbanistica o all’architettura degli edifici o delle piazze. E’ la coesione del caos, in un involucro spesso materiale, ma spesso anche immateriale, nel “senso” di percezione di appartenenza al luogo. Qui l’architettura e l’urbanistica da guardare possono passare un po’ in secondo piano, vengono dopo l’intimità e la qualità dell’abitare insieme. Il caos di elementi diversi del contenuto si amalgama grazie al sapiente dosaggio di sapori aggiunti (gusto dell’abitare un luogo) e grazie al tempo d’invecchiamento sapientemente controllato o all’eventuale cottura attentamente dosata. Cottura o stagionatura che avviene controllando la focosità e il calore tipicamente emiliano… Lo scambio che avviene tra gli ingredienti interni, certo, ma anche lo scambio con l’esterno: l’aria, l’umidità, la temperatura e le attenzioni. Il tempo trasforma pezzi sanguinolenti della carcassa di un maiale in “arte” (spietatamente, ahimé, povero maiale) L’agricoltura, la coltura, la cultura, si intergrano tra loro in cibo di impressioni. L’abitato storico, qui a Casinalbo, se lo osserviamo in un certo modo è insaccato tra la statale e la ferrovia Modena Sassuolo. Attraverso queste due pelli avviene lo scambio con l’esterno. Passano attraverso la strada normale o ferrata tutti gli scambi le informazioni, le attenzioni, gli stimoli. Questo succede grazie ad una fermata e ad un incrocio che costringono a rallentare o fermarsi. Ad entrare, ad uscire dall’involucro, a scambiare con l’esterno. Diversi gradi di intimità si incontrano e si vivono all’interno, differenti come qualità dallo scambio con l’esterno. La forma stessa e la pasta di cui è fatto l’abitato è metamorficamente un salame. Parla come mangi – progetta come mangi, significa anche rammentare sempre il senso del gusto e dell’olfatto che lo accompagna… L’azione e l’attenzione che mettiamo nell’atto di scegliere ogni singola volta che decidiamo cosa mettere in bocca, quale cibo scegliere o bevanda o aria che respiriamo, o conversazione che accettiamo o passione che viviamo… Ognuna di queste scelte consiste nell’atto di accettare o escludere che qualcosa di esterno a me entri in me, in modo concreto o immateriale. Sempre, almeno inconsciamente sappiamo che ciò che penetra in noi ci trasforma, inevitabilmente. Ci nutrirà o ci farà del male proprio in conseguenza dell’azione della scelta, proprio quella informata dal nostro gusto e dal nostro fiuto. Analogamente una scelta che si effettua col gusto della vita e con lo stimolo dell’olfatto o del fiuto nel seguire una traccia della nostra vita o per evitare di avventurarsi in una direzione che puzza… La spazialità del nostro abitare è la manifestazione della selezione che decidiamo di operare nelle impressioni e nelle relazioni. Non dobbiamo inoltre dimenticare la percezione sinestesica, noi percepiamo anche coi nostri occhi il gusto di una facciata e la sua tattilità, sentiamo ad orecchio la musicalità di una facciata…

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Butler House - Andrew Maynard Architects

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Nestled within the undulated roofline of one of Fitzroy’s famed MacRobertson warehouses, sits a roof terrace with a difference – complete with canopy and turf. This, the vertical and architectural pinnacle of the Butler House, fills the void that effects so many inner-city dwellings – a lack of out- door space. Further to this, the warehouse apartment had a number of innate thermal and acoustic shortcomings – making it less-than-ideal for occupancy by a family with 2 rambunctious young boys. Balancing intimacy with privacy came to be a significant consideration for this young family and is achieved via shrewd adaptability of spaces.

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Unwanted sound transmission was something of a constant at the Butler House. A very open, ver- tical path of stairs allowed sounds to travel to all corners of the dwelling – their path helped by ubiquitous reflective surfaces in steel and concrete. The challenge was to reduce sound transmis- sion, but not to a point of isolation – the family still very much enjoyed the connection allowed by cross-level communication. The solution was found in celebrating the very thing that made this house different – it’s vertical nature.

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An adjustable vertical spine was fashioned from floor to roof, creating a flexible isolation between levels. Operable louvres allows controllable degrees of isolation; timber shelves, which in time will fill with miscellaneous objects, offers further resistance; a strip of lusciously-green carpet flanking the spine introduces a much-needed soft surface. A stack effect was also fostered, where strate- gic ventilation allowed purging of hot air to the terrace during the summer months. Where the roof pod sits, atop the vertical spine, it sits within the existing structure. The existing roof structure was simply cut at the collar-tie and refashioned in a manner, minimising steel use, to al- low a bed for the roof pod – a bionic upgrade of sorts. The lifting of the roof allowed us to reveal the flesh, if you will, of the dwelling within. Sitting the pod within the roofline, as opposed to above, was imperative in maintaining engagement with the house below. This way, those cooking snags on the terrace can converse with those preparing salad in the kitchen. After site analysis, it became quite clear that neighboring roof terraces were being underutilized not only due to their increased exposure to sun and wind, but their spatial disconnection from the dwellings below.

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The dark, Butynol clad roof of the pod responds in size and pitch to the neighbouring rooflines, but affords residual spaces to either end, open to the sky, with glimpses to the city skyline beyond. The turf covering is both practical and playful, bolstering tension against the adjacent corrugated tin. With doors wide open, the continuity of turf well and truly blurs and line between inside and out.

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A traffic-able glass floor on the roof, next to the spiral staircase, allows a visual connection and solar access to the living areas below. The effect of the newly-penetrated light throughout the three-storey apartment cannot be downplayed. Again, the adjustable louvres and blind help control the light admittance.

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The existing mezzanine floor was somewhat of an acoustic pitfall within the house. Used primarily as a rumpus room for the children, it’s openness was at times detrimental. The challenge was to cordon off the space to use as a bedroom, without obstructing the all-important windows. The solu- tion came in covering the gap between wall and floor in playful joinery, whilst a cavity to allow light and ventilation to the living room below. Th e joinery not only successfully dislocates the spaces, but becomes a bed, storage, robe and table. To the other side of the room, in-lieu of a dumb wall, oversized sliding doors offer acoustic and thermal isolation when needed.

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The kitchen functioned – so it was kept. New overhead joinery was added for further storage and as a point of connection to the living space beyond. Incorporated was the new spiral staircase from above, tying it into the architecture of the space. The kitchen, which had previously felt shoved into the corner, was now defined and connected.

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The Butler House was a tricky project to approach. The defined nature of the boundaries meant a creative approach had to be adopted in order to make the most of what was available. The result is an adaptable dwelling that will grow and alter over time, just as the family will.

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Gret Fen Visitor Centre - Andrea Morgante

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A team consisting of Shiro Studio Ltd, Mesh Partnership and Equals Consulting are announced today as the winners of the Great Fen Visitor Centre competition. RIBA Competitions managed the competition on behalf of the Great Fen – a partnership which comprises the Environment Agency, Huntingdonshire District Council, Middle Level Commissioners, Natural England and The Wildlife Trust for Bedfordshire, Cambridgeshire and Northamptonshire.

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Perspective

Great Fen is an internationally acclaimed vision, one of sweeping scale and ambition. Over the next 50-100 years, more than 3,000ha of largely arable land will be transformed into a mosaic of habitat: pools, ponds and ditches; reedbed; fen, bog and marsh; wet grassland; dry grassland; woodland and scrub. The restored landscape will be created around and between Holme Fen National Nature Reserve and Woodwalton Fen National Nature Reserve – precious fragments of wild fen that are home to rare and endangered species of fenland plants and animals. The new Visitor Centre will be the Great Fen’s hub – an essential part of the evolving fenland landscape, to stimulate exploration and serve its visitors to the highest standards.

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View during winter season

Shiro Studio Ltd was selected from a five strong shortlist which also included (in alphabetical order of design team lead): Birds Portchmouth Russum Architects Ltd; Boyarsky Murphy Architects; Feilden + Mawson LLP and Foster Lomas Ltd. The Judging Panel was intrigued to see how the short-listed teams had refined and developed the design proposals submitted during the anonymous first phase of the competition. The Panel felt that Shiro Studio’s elegant proposals would sit beautifully within the expansive landscape. The team had skillfully incorporated elements of the traditional Fenland building typology within an exciting contemporary visitor centre design, whose silvery and bog-oak black exterior, shimmering with the play of Fenland light, would contrast markedly with, and complement, its spacious, light-filled interiors and panoramic views onto the surrounding landscape.

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External view

Members of the Judging Panel commented: ‘I am thrilled and excited that this outstanding design by the Shiro Studio team has won the competition. It embodies the spirit of the Great Fen with sensitivity, elegance, and imagination. We will create a truly special building here, one that is warm and welcoming, one that local people and visitors alike will enjoy using, and one that will reasonate with the fantastic fenland landscapebeing formed around it. The Project Partners were hugely impressed with the Shiro Studio team’s response to the competition brief, and to their understanding of and empathy with the vision of the Great Fen. We are all looking forward to working with Andrea Morgante and his colleagues to create this beautiful building, which will be a new beating heart at the centre of the Great Fen’. Kate Carver (Great Fen Project Manager)

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Internal view across the bookshop and restaurant area

‘It was a great honour chairing the Judging Panel for this ambitious design competition. The anonymous first stage attracted a phenomenal number of submissions and it was a challenging task arriving at the final shortlist. The standard of the Stage 2 submissions was very high but a winner was selected by consensus following a very comprehensive judging process. In the end it was felt that the design proposals by Shiro Studio and their team best reflected the spirit of the Great Fen project and that their design proposals demonstrated great intelligence, flair, flexibility and sensitivity.’ Cindy Walters (Walters & Cohen Architects)

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Bird House

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Landscape aerial view

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Detail

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Model

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Plan

Nuovo Museo di Storia della Baviera a Regensburg - Pierpaolo Ricatti, Laura Mascino, 3M Engineering srl, Energytech GmbH srl

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L’area del museo e la città L’area progetto evidenzia subito la sua importanza strategica, trovandosi a far parte e a doversi confrontare con i due elementi di grande valore della città: il centro storico e il Danubio. Il centro storico di Regensburg è un centro di riconosciuto valore tanto da essere diventato patrimonio dell’Unesco; risulta essere composto da un susseguirsi di isolati chiusi che danno vita a un tessuto uniforme e proprio questa sua uniformità (che non è regolarità) e compattezza rappresentano il suo punto di forza maggiore. Il duomo emerge come l’unico elemento fuori scala: è il ‘monumento’ della città. La presenza del Danubio ha costruito e continua a costruire l’importanza di questa città, non più utilizzato a ridosso del centro storico come infrastruttura per il passaggio delle merci, diventa oggi un arrivo privilegiato in città e attraverso il suo articolato sistema di rive che si moltiplicano tra le isole un importantissimo ‘parco’ e centralità urbana.

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L’area concorso è dentro i due sistemi. La sua vocazione a diventare una centralitàè evidente. Attualmente è l’unica grande lacerazione del tessuto, e il punto inconcluso del centro storico rispetto al Danubio.

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Presupposti e scelte progettuali L’impianto urbano vuole costruire una continuità sinergica tra la città consolidata, il fiume e il nuovo museo. Da un lato il nuovo impianto funziona come un rammendo di un tessuto lacerato dall’altra come cornice che dà un nuovo valore alla riva del Danubio. Il progetto parte da alcuni presupposti che consistono: nella necessità di ricostruire un tessuto urbano che non può avvenire attraverso un unico oggetto, non mettersi in contrasto con il tessuto esistente, ma anzi valorizzarlo e non mettersi in concorrenza con il grande oggetto del centro storico che è la cattedrale, quindi porre grande attenzione alla costruzione dei volumi e dell’impianto e rafforzare l’immagine del lungo fiume e sfruttare l’occasione per costruire una centralità. A partire da questi presupposti il progetto sceglie: di lavorare attraverso un operazione di rammendo che vuol dire ricostruire nel modo più aderente possibile una parte del tessuto; di rendere prezioso il nuovo ‘museo’ soprattutto sul fronte del Danubio e di ricercare questa preziosità non attraverso la monumentalità dell’edificio ma attraverso il suo linguaggio architettonico contemporaneo, che si legge nel rigore delle forme e della sua pelle di rivestimento diversa da quella degli isolati storici. Quindi la ricerca di una preziosità attraverso la forza del contrasto non nell’impianto o nella scala volumetrica dell’edificio, ma nella suo linguaggio architettonico. Perchè Il contrasto sia efficace bisogna che i due elementi (il linguaggio contemporaneo e il linguaggio della tradizione) siano definiti e chiari senza ambiguità. Il progetto decide quindi di rafforzare l’immagine della cortina edilizia storica che si ha sulla Ostengasse. Il che significa lavorare con una cortina edilizia continua che vibra per piccoli scarti di volumi simili, affiancati tra loro. L’edificio in Ostengasse 5 dovrà essere restaurato e affiancato da un edificio volumetricamente uguale a quello che c’era. Sempre seguendo questo principio il progetto non prevede di abbattere l’edificio Hunnenplatz 5 Si considera che sia un edificio volumetricamente e di fattura corretta rispetto all’edificato della città. Se per motivi di altra natura l’amministrazione deciderà di abbatterlo ugualmente si propone di fare un edificio volumetricamente simile in modo da dare continuità alle sottili vibrazioni date dall’impianto tradizionale. La Ostengasse tra il nuovo intervento residenzale, e il rafforzamento della continuità del fronte riacquista la forza per diventare una via lunga del centro storico, una via importante su cui si attestano tutte le penetranti verso il Danubio. Quindi il progetto a scala urbana lavora su quattro mosse precise: 1. consolidare e rafforzare l’edificato ‘tradizionale’ sulla Ostengasse; 2. costruire a partire dall’esistente un impianto a grandi isolati che continua la trama della città definendo due penetranti verso il fiume; 3. staccare i corpi nuovi da quelli esistenti e lavorare sul contrasto linguistico; 4.dilatare un passaggio verso il Danubio facendolo diventare una piazza che ricalca nella posizione l’antica Hunnenplatz;

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Volumi e spazi Due volumi definiscono il nuovo complesso: il volume del polo museale che tiene insieme la collezione stabile e le mostre permanenti, si tratta di un volume che si sviluppa linearmente sul lungo Danubio e che si articola differentemente sul lato della città e un altro volume che contiene la Bavariateca che crea un fronte compatto rispetto all’attacco del ponte e la Ostengasse, rafforzando la chiusura dell’isolato e permettendo così la costruzione di spazi più‘intimi’ fuori dal traffico automobilistico. La tensione tra i due volumi aumenta la capacità di percepire questo luogo come una importante centralità creando inoltre degli spazi ‘urbani’ da vivere come il resto del centro storico, soprattutto a piedi: - una piccola piazza chiusa tra i due corpi diventa una piazza intima vivacizzata dalle attività del piano terra; - il giardino BLU che è uno spazio intercluso tra l’edificio nuovo e gli edifici ‘storici’ e che rivela ed enfatizza come fosse una crepa il legame e lo stacco dei due differenti ‘oggetti’: un luogo più appartato, dove potersi sedere e che permette di attraversare tutta l’area longitudinalmente; -un nuovo vicolo di accesso al Danubio che arricchisce il sistema a pettine di accesso al Danubio della Ostengasse. - la Riva del Danubio che diventa una piazza sull’acqua su cui si affaccia la facciata ‘principale del museo’, uno degli ingressi principali, il ristorante e il bar, il bookshop e su cui può svilupparsi anche il mercato.

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Il museo Il museo è composto da un volume che al piano terra si divide in due parti distinte: nella parte centrale il foayer si sviluppa in una sorta di piazza coperta, un grande spazio aperto molto permeabile rispetto all’esterno e dove l’accesso è possibile sia dalla piazzetta del museo che dalla piazza sul Danubio. A questo piano solo poche funzioni per rafforzare la sensazione di una piazza coperta: le casse, il bookshop, lo schauraum, le aule didattiche e staccato il ristorante e il bar: si può andare al museo senza visitare le mostre, ma per bere un caffè o comprare un libro, accompagnare i bambini a un laboratorio in un bel posto dove passeggiare, stare e ammirare il Danubio. Dal piano terra dopo essere passati per lo schauraum, attraverso un ampia scala che aperta su tutti il piani da la percezione del volume, si raggiunge quelli superiori dove si sviluppano le diverse funzioni museali. Nella parte centrale del corpo si trovano tutte le funzioni legate alle mostre permanenti nella parte est del volume tutte le funzioni legate alle temporanee. Rispetto alle mostre permanenti: il primo piano ha un’area espositiva di1029mq. ed è concepito come una scatola nera dove lo spazio è divisibile a seconda delle esigenze. Un piano libero assolutamente flessibile dove la maglia strutturale permette di organizzarlo come un susseguirsi di ‘gabinetti’ oppure come uno spazio continuo ripartito. Il secondo piano di mq.1368 è concepito sempre come un grande spazio unico dell’altezza di 8 metri illuminata dall’alto da una vetrata (oscurabile). Attraverso una rampa –percorso si può raggiungere la parte più alta di questo spazio (di mq.477) passeggiare lungo la vetrata e guardare Regensburg dall’alto: la Cattedrale e il Danubio. A questo livello è possibile accedere a una terrazza che permette di godersi il panorama sotto il cielo. Rispetto alle mostre temporanee al primo piano si trovano 501mq. di spazio espositivo (Sonderaustellung?) divisibile in due grandi sale e una sala di 509 mq. adattabile per proiezioni e manifestazioni (Veranstaltung?).

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La bavariateca Il secondo edificio è un volume semplice e compatto che contiene le funzioni della bavariateca che si sviluppano nella parte nord del corpo su due livelli, la biblioteca posta al piano terra e tutti gli uffici amministrativi ai piani superiori.

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Materialità della facciata Il carattere preminente degli edifici è riconoscibile nel loro rivestimento di facciata. Si tratta di una pelle che permette di dare un carattere di continuità sia nelle parti opache dell’edificio sia nelle parti trasparenti. Una lamiera di alluminio con finitura in ossidazione argento (Alluminiumplanken mit silberfarben oxidirte finish ?) traforata e piegata costruisce l’ultimo strato di questa pelle, nelle parti opache la piega della lamiera e la sua foratura fanno vibrare la superficie, nelle parti trasparenti della lamiera rimangono delle strisce verticali che mantengono la facciata uniforme ma lasciano trasparire la luce all’interno, diventando delle sorte di brisoleil sicuramente importante per tutta la parte occupata dagli uffici. Ma questa flessibilità potrebbe permettere anche nel momento di approfondimento del progetto espositivo di lavorare ulteriormente sull’apertura o chiusura di ulteriori superfici trasparenti. Sulla facciata sul Danubio sotto questa pelle che vibra viene disegnato un grande quadrato di vetro blu: un discreto richiamo alla ‘storia bavarese’, al suo cielo, e alla sua bandiera. Un effetto notturno La pelle che riveste i due edifici, costituita da pannelli di lamiera che contengono dei led, si illumina di notte in modo puntiforme. Lo stesso gioco è previsto sulla pavimentazione della Piazza sul Danubio. Di notte il Museo non scompare, ma si riempie di punti luminosi che delicatamente sottolineano la sua presenza.

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