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UNO - maltesebenedetti


Centro Diurno Disabili a Gandino / Concorso ad inviti - SpectaculArch!, Francesca Perani / SpectaculArch!, Sandra Marchesi / SpectaculArch!, Angelo Colleoni

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L’intenzione del progetto è quella di prevedere una trasformazione dell’edificio al fine di recuperare un ruolo urbano nel contesto storico attuale e nello stesso tempo definire nuovi parametri funzionali atti a garantire una alta qualità di vita dei suoi attuali e futuri fruitori. Non si tratta di realizzare solo un nuovo luogo di accoglienza socio-sanitaria, ma di ri-costruire un pezzo di città con alta valenza architettonica ed ambientale. Consapevoli del grado di intervento attribuito dal Piano di Governo del Territorio, il progetto si sviluppa seguendo due direzioni: da un lato la demolizione del volume su due livelli posto sulla corte e lo svuotamento di una porzione di edificio (al piano terra, lato ovest) per consentire il passaggio pedonale che dalla corte si apre sul giardino. La perdita di queste volumetrie viene recuperata con la predisposizione di quattro “blocchi” emergenti dal fabbricato esistente, definendo nuove relazioni spaziali con l’immediato intorno.

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La città dentro La prima scelta alla grande scala, è stata quella di pensare ad un recupero dei rapporti urbani: la necessitàè quella di considerare questa struttura come parte di un tutto rappresentato dal centro storico capace di relazionarsi ad esso con la predisposizione di un attento percorso ciclo-pedonale ad uso pubblico che la trasformi da parte marginale e separata a parte attiva e integrata con il contesto storico circostante.

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La seconda scelta è stata quella di pensare ad un recupero dei rapporti spaziali e di relazione con l’immediato intorno : da un lato aprirsi sulla corte ed il Palazzo Padronale, attualmente utilizzato per residenze sociali, dall’altro ridisegnare l’area verde antistante di proprietà in un parco di quartiere.

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Le scelte progettuali L’idea che la città debba entrare nella struttura socio assistenziale è il “concept” del progetto: siamo partiti dalla conformazione morfologica e tipologica dell’isolato storico e lo abbiamo reinterpretato, introiettandolo fisicamente nell’edificio. Si è inoltre definito un cuore centrale: il grande dell’atrio del Centro Diurno diventa la nostra piazza, ed attorno ad essa si sviluppano i volumi delle diverse funzioni che costituiscono la struttura socio assistenziale, al pari dei densi isolati urbani. Non solo sono stati ridisegnati gli spazi interni ed ottimizzati alle attuali esigenze, bensì abbiamo aperto l’edificio all’intorno. L’edificio si deforma ed alcuni ambienti escono dalle mura esistenti e si proiettano verso la corte e verso il parco: quattro volumi, con forme e orientamenti diversi, ma uniti nella tipologia dei materiali adottata, emergono dal nostro fabbricato e definiscono nuove funzioni e relazioni. Non solo la città entra nell’edificio ma anche l’edificio si “muove” verso la città.

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Parco Urbano - Pont Canavese - Francesco Diemoz, Gianni Berta, Roberto Perino

CONSTANZA HOUSE - MDBA

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The solid volume that makes up the house comes to terms with nature sloping terrain and rocky composition, challenging the horizon as do the cliffs seen from the house.

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This strength, generated by the geometry of the volume and through the stone material that surrounds it, softens with use of native vegetation located on the plot according to the activity carried out in different areas.

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The volume looks emphatically towards the sea and becomes more human on the wooden terrace and herb garden nestled between the rocks of the natural terrain in the south.

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The housing is developed on 3 levels, a base of pedestrian and vehicular access, and two floors develops housing program, organized with the aim of achieving maximum light and views of the stunning landscape.

casa bandini - lorenzo monarca architetto

nuova scuola materna - vecciarchitetti

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L’ area in oggetto risulta, dalle analisi evidenziate ed attraverso un’attenta analisi del sito, un recinto concluso e di particolare rilevanza risulta il rapporto del sito con la Via Parini a nord e in diretta relazione con Viale Montecuccoli a sud.

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Nell’ottica di rispondere in pieno alle richieste del bando,si è optato per realizzare la scuola in deroga al Codice civile al fine di preservare l’edificio dai continui rumori prodotti dalla fabbrica adiacente e quindi costruire in aderenza sul lato ovest collocando la spina dei servizi.

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Uno degli obbiettivi principali del nuovo complesso scolastico è stato quello di non risolvere l’edificio in sé , ma di immaginare che la nuova scuola fosse in stretta relazione con i punti del sistema urbano e viario all’intorno ovvero la stretta relazione con le vie circostanti in modo da generare un sistema concluso (data l’accoglienza di piccoli bambini all’interno) ma allo stesso tempo relazionato al sistema urbano circostante.

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La forma regolare e schematica del lotto ha suggerito una soluzione conclusa, compatta, dove la massa della scuola sembra essere scavata da luoghi a cielo aperto che diventeranno luoghi della memoria per i piccoli abitanti. L’idea di progetto evoca le antiche costruzioni introverse dove la piastra costruita cinge spazi coperti e spazi scoperti generando all’interno una ricchezza di spazi complessi ed emozionali nella loro assoluta semplicità.

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Uno spazio primario, uno spazio semplice, uno spazio complesso……uno spazio per i bambini.

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Ampliamento del Municipio di Tønder - vecciarchitetti

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“…E rimane il nulla e il vuoto che la radura del bosco offre come risposta a ciò che si cerca…” Maria Zambrano

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Osservando l’area di progetto all’interno del territorio della città di Tønder si ha come l’impressione di confrontarsi con un luogo al limite tra natura ed artificio. Il nuovo ampliamento è concepito come un significativo rinnovamento di tutta l’area di concorso. La strategia progettuale ha preso forma attraverso tre decisioni concomitanti: immaginare un edificio che non fosse fine a se stesso ma che avesse una valenza urbana in forte relazione con il paesaggio circostante, proporre un “addizione” all’edificio storico in grado di rispondere alle nuove esigenze funzionali e generare con esso un luogo unico in cui la preesistenza fosse parte integrante della nuova proposta.

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Il vuoto diventa il vero protagonista del progetto, il vuoto come assenza, il vuoto come spazio di relazione tra gli abitanti e fulcro della vita pubblica della città. L’accostamento di due storie differenti non è mai una cosa di semplice soluzione. Due mondi differenti devono essere uniti con l’obiettivo di diventare una sola cosa, anche se diversi.

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La volontà di accostarsi al municipio esistente con estrema delicatezza, ha spinto il progetto a staccare in maniera chiara e visibile la nuova costruzione dall’edificio esistente fino a collegarsi alla struttura con dei semplici volumi trasparenti in vetro dove il riflesso del vecchio municipio ne amplifica la sua presenza. Il Forhal – spazio centrale dell’edificio esistente – risulta uno spazio con ampie potenzialità e molto rappresentativo per la vita collettiva della città. Infatti il progetto prevede di aprire in alcuni punti il municipio esistente – spostando alcune piccole funzioni altrove – generando una connessione diretta tra il forhal e le nuove attività previste – la mensa e la caffetteria – pensate come cerniera tra il vecchio ed il nuovo.

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Lo spazio pubblico del “forhal” potrà essere utilizzato anche come spazio riunioni, come luogo di incontro per la collettività e per i vari comuni limitrofi legato attraverso la mensa allo spazio pubblico esterno che potrà ospitare manifestazioni di vario genere. Il nuovo accesso a ovest sulla strada Kongevej diventa il nuovo ingresso all’ampliamento e completa il sistema di accessi a tutta la struttura. Al piano terra sono previsti vari nuclei funzionali utilizzati per gli uffici con una piccola hall di ingresso che sarà utilizzata come smistamento dei flussi di lavoratori per le varie ali dell’edificio. La hall è concepita come momento di transito tra l’esterno e l’interno e permette, attraverso una grande trasparenza, di traguardare il complesso architettonico ed il rapporto con la preesistenza nella sua interezza.

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Dal piccolo accesso da Kongevej si può accedere ad alcuni spazi di lavoro liberi tra i quali alcuni collocati nella vecchia mensa. Attraverso una scala a vista che caratterizza l’interno della piccola hall si raggiunge il secondo livello degli uffici dove sono collocati uffici singoli e uffici doppi disposti in maniera libera in modo da avere una maggiore flessibilità degli spazi di lavoro. L’ala est dell’ampliamento è conformata da altri due livelli di uffici dove al terzo livello trovano posto uffici singoli e spazi di lavoro liberi, mentre al quarto ed ultimo livello dell’edificio sono collocati alcuni uffici doppi e un grande spazio flessibile con postazioni libere. Le sale riunioni sono state concepite tra gli spazi di lavoro al fine di caratterizzare spazi aperti al servizio degli uffici singoli, doppi e degli spazi aperti. La grande flessibilità degli spazi interni e la possibilità di riutilizzare i luoghi esistenti del municipio hanno suggerito la possibilità di introdurre all’interno del forhal arredi mobili in modo da utilizzare lo spazio anche come sale riunioni aperte.

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Si è esclusa a priori la rigida disposizione dei luoghi di lavoro e delle sale comuni e gli uffici di grande dimensione sono stati concepiti come open – space flessibili tra gli uffici singoli e doppi. L’edificio si presenta apparentemente serrato e svela nei punti strategici il rapporto con la preesistenza e con il paesaggio. Si è cercato di concepire un edificio compatto ma allo stesso tempo permeabile e collegato alla natura circostante. L’obiettivo del nostro progetto è stato quello affinché l’edificio possa diventare paesaggio cioè un edificio capace di fondersi con il luogo. L’edificio si sospende dal suolo e non ostacola il flusso della vegetazione che entra fino all’interno dello spazio pubblico.

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La sospensione dell’edificio dal suolo genera un rapporto ambivalente tra il nuovo e la preesistenza e tra l’edificio e la natura al punto di elevare parte degli uffici ad un piano alto offrendo agli utenti un nuovo rapporto visuale con il municipio esistente e con la natura circostante. In secondo luogo la vegetazione passa sotto l’edificio senza sottrarre aree verdi ai cittadini anzi incrementandole grazie al giardino pensile posto in copertura. La proposta consiste in un edificio ponte che, poggiando su due robusti piloni (corrispondenti alle due zone di accesso al piano terra) ingombra una superficie minima del parco urbano diventando anch’esso parte integrante del paesaggio. Inoltre la soluzione a ponte trasforma il giardino situato sotto l’edificio in una magnifica piazza coperta in cui possono aver luogo eventi e manifestazioni di vario genere aumentando le potenzialità di un luogo che fino a prima era un semplice retro del municipio.

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L’edificio sospeso contribuisce ad instaurare una relazione di continuità fisica e visiva tra il municipio progettato da Halldor Gunnløgsson particolarmente caro agli abitanti di Tonder e la presenza incontaminata della natura. La compattezza dell’edificio viene smaterializzata dal suo rivestimento che definisce la pelle esterna.

La pelle dell’edificio è composta da un doppio rivestimento. Quello esterno è costituito da un diaframma di elementi verticali in legno mobili che evoca l’immagine delle antiche costruzioni lignee che si infittiscono o si diradano in funzione dell’illuminazione interna o dell’orientamento delle facciate. Le altre parti pubbliche dell’edificio (percorsi, sale comuni e aree di accesso) sono interamente realizzate in vetro in modo da enfatizzare enormemente il rapporto tra interno ed esterno.

Riconversione del sito industriale della Mazzoleni di via Marconi. Seriate - Dario Perego architetto, Andrea Rizzi

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INTRODUZIONE Seriate è una città in espansione dove sempre più persone sono venute a vivere, spesso spostandosi da Bergamo per trovare una dimensione servizi più vicina alle persone, tipica del “borgo”, e dove la dimensione abitativa presuppone una tipologia più intima e privata. Il progetto si pone come obbiettivo la riflessione su un nuovo modo di abitare che prenda in considerazione i bisogni dell’individuo inserito nella società contemporanea.

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CONCEPT L’idea nasce da un’attenta analisi del sito, la sua peculiarità e unicità, e da una decisa scelta fatta al fine di preservare le qualità di un’area a scapito dei mezzi a motore e a favore di una grande “isola” verde da realizzare, quale occasione unica per connettersi al sistema del verde esistente definito dal parco del Serio.

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Questi semplici elementi sono la sintesi propositiva del processo progettuale che vuole fare emergere anche una visione sociale del contesto che si andrà a realizzare. Il progetto propone uno spazio “aperto” alla città in contrapposizione all’attuale impenetrabilità dell’area, che mostri un modo nuovo di vivere, definendo un piano “terra” diffuso in cui i “moduli” abitativi sono connessi tra loro da un sistema pedonale, che permette la realizzazione di un “network” sociale in cui si concentrano la maggior parte dei flussi, permettendo la “possibilità” di incontrarsi e di interagire.

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La parte nevralgica del progetto diventa così la pensilina, che come nell’asilo Sant’Elia di Terragni, connette elementi differenti tra loro pur mantenendo la loro identità distinta. La pensilina è anche il “segno” che ricorda il recinto costituito dall’area occupata dalla fabbrica, della quale si vuole mantenere una memoria positiva.

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Attualmente il lotto si presenta impenetrabile mentre il nuovo progetto presenterà una soglia “permeabile” da attraversare oltre la quale si sviluppa un nuovo “suolo” incentrato sul verde e sulle persone che vi vivono.

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Mostra "Augusto Mazzini - esperienze condivise" - Tommaso de Sando, Augusto Mazzini

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La scelta fondamentale è stata quella di creare una mostra come percorso dentro una ricerca non solo architettonica, come una lettura da compiere a più livelli, come una storia raccontata con tutte le “armi” a disposizione. Le “armi”, quelle del Progetto, del Disegno, intesi in tutti i loro possibili significati: di qui la presenza della grafica – con la grande e suggestiva striscia dei 15 manifesti che da sola illuminava la vera altezza del luogo della mostra e aiuta a leggere lo spazio – dello schizzo – con una parte dei molti taccuini prodotti da Augusto Mazzini nel corso di anni e viaggi – dell’urbanistica, con i piani redatti e gli schemi di lettura urbana ancora efficaci in tempi di grafica 3D.

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Quindi non solo architettura o architetture, ma una continua ricerca di come sia possibile aggiungere qualità ad un contesto già costruito, che sia più o meno urbano. Con opere costruite, disegnate, sognate, descritte. E questa ricerca costante, che si fa esperienza condivisa attraverso i dialoghi, le discussioni, gli arricchimenti reciproci con collaboratori (tutti rigorosamente citati anche a testimoniare una molteplicità anche geografica di presenze), colleghi e maestri, si manifesta nella narrazione di ogni progetto presentato, in cui spesso si parte da uno schizzo a scala urbana (sempre genuini, mai schizzi ex-post!) e poi si affina l’invenzione attraverso le maglie proprie del costruire e la condivisione del lavoro. I progetti e i lavori sono infatti “mostrati” con una sequenza di immagini e poche parole che raccontano tutto il processo, il ragionamento, le suggestioni, i contributi. Per questo trovano spazio anche opere di altri autori, ma sempre all’interno di questa condivisione che è condivisione di un metodo, non di uno stile né tantomeno di un “marchio di fabbrica”.

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I lavori sono mostrati – quelli realizzati – anche attraverso l’occhio acuto di belle fotografie originali di autori varii ma sempre attenti nel leggere l’architettura e il suo porsi nello spazio: Berengo Gardin, Malandrini, Garbasso, Bruchi, Pacini, Bertolozzi. Le foto incorniciate come se fossero state tratte da una parete abitata: e in molti casi è stato proprio così, a ricostruire il luogo dove l’architettura si fa e si discute. Ma è il Disegno il filo che lega i lavori, disegno come significato di ordine superiore oppure come significato letterale, ed esso è presente nei pannelli che raccontano le opere costruite come nei taccuini di viaggio, laddove la mano legge e coglie più dell’occhio, o nell’attività grafica, attività complementare all’architettura e quasi sorella. Poi ci sono i Concorsi che raccontano della capacità di incontrarsi con luoghi ed esperienze nuove dando vita a forme più ricche di costruzione dello spazio.

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Infine, ma volendo anche all’inizio, la presenza dei Maestri: Aalto, De Carlo, Smithson. Maestri veri, presenze concrete che hanno contribuito in maniera fondamentale a costruire il modo di fare architettura dello studio Mazzini (nelle sue varie forme prese negli anni), sempre ponendo l’architettura a matrice di un rafforzamento del tessuto urbano. Presenze concrete e quasi tattili, presenti con lettere, foto, scritti e disegni. Paolo Mazzini

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La mostra “Augusto Mazzini – Esperienze condivise” fa parte del ciclo “Toscana Architects”– 10 mostre di architetti toscani di fama nazionale – a cura dell’arch. Roberto Pasqualetti, progettista dello spazio espositivo “Sopra le Logge”, Pisa. La mostra è rimasta aperta dal 30 marzo 2012 al 20 maggio 2012.

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Un Bar a "Giustizieri" - Mario Fancello

Residenza Bea - Alessandro Zara

Casa Giannini III - Alessandro Zara

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Casa Giannini III

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

Casa Glaus - Alessandro Zara

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Casa Glaus

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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Casa Carella - Alessandro Zara

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Ristrutturazione e ampliamento

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

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© | ARCHITETTURE ALESSANDRO ZARA

padiglione per la consulta del decentramento - nicolò spinelli arch., marco volpi

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padiglione per la consulta del decentramento . ordine degli architetti di roma e provincia

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Il progetto nasce da una riflessione che intende ricercare quali aspetti formali, comunicativi e identitari riescano, insieme tra loro, a definire visivamente un’architettura effimera e reversibile per un servizio offerto da un Ordine professionale. Prodotto della professione Architetto è la definizione di un progetto, che si realizza e si compie, prima della reale esecuzione dell’opera, nel disegno architettonico. Il disegno architettonico, dallo schizzo preliminare alla progettazione esecutiva, si realizza seguendo precisi principi canonici di rappresentazione [quali pianta, prospetto, sezione, assonometria, scale di rappresentazione, prospettive ecc] che determinano un alfabeto ed una lingua talvolta comprensibile appieno solo dagli operanti nel settore. L’intenzione è di realizzare materialmente un’opera che si vesta del disegno costruttivo, atto a dichiarare e comunicare, non severamente, il lavoro che, svolto dall’architetto progettista, risiede dietro alla finita realizzazione di un’opera. Un’architettura che mostri e descriva, su tutte le superfici di cui è composta, il disegno architettonico secondo i principi della rappresentazione professionale. quindi da un punto di vista professionale e progettuale. Poiché progettisti professionisti coincidono con i diretti beneficiari del servizio offerto all’0rdine in questione. Vestire l’architettura di una texture comunicativa atta a sdrammatizzare e rendere simpatico, originale e accattivante il mestiere dell’architetto.

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Il singolo modulo, a pianta rettangolare, presenta dimensioni di 3×2 m. Le dimensioni del singolo modulo sono definite in funzione della minima superficie verticale interna in previsione dell’allestimento di 8 elaborati di dimensione ISO A1; nella possibilità, per ciascuno di essi, di essere posizionato sia in maniera verticale che orizzontale. Gli elaborati ISO A1, per ciascun modulo, possono essere posti [4+4] sulle due pareti minori della cellula e, distanti 3m tra loro, permettono la giusta distanza nella circostanza in cui due persone, una di spalle all’altra, si trovino ad osservare gli elaborati sulle due diverse pareti espositive. Creando uno spazio sufficientemente comodo sia per il passaggio dei visitatori che per attività di incontro quali letture di gruppo, presentazioni ecc. Per rispondere alla necessità di poter esporre l’architettura in ambienti esterni non riparati, il modulo base assume, volumetricamente, la forma archetipica della casa a doppia falda, favorendo, col minor impiego possibile di elementi costruttivi in copertura, le problematiche legate all’impermeabilizzazione e scolo dell’acqua piovana. L’accostamento dei moduli permette uno sviluppo dell’intera opera nelle diverse modalità e tipologie: in lunghezza, in larghezza, in entrambe le direzioni, con la possibilità di ottenere patii interni, moltiplicando la superficie della singola cellula [6mq] per il numero di moduli necessari in base alle diverse esigenze e alle diverse criticità di spazio legate ad ogni possibile sito di installazione. Lungo il lato maggiore del modulo [la facciata che presenta la doppia falda] vengono ritagliati gli ingressi, mediante un’apertura centrale di 1m di larghezza per 2 di altezza. La singola cellula acquisisce una volume puro e semplice ma comunque ritmato e movimentato mediante la copertura a doppia falda, sinonimo di protezione, riparo e ospitalità.

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Il sistema costruttivo, per rispondere alle necessità di facile e rapido montaggio/smontaggio e trasportabilità viene ridotto al minimo impiego, peso e ingombro degli elementi assemblati. Una leggera struttura intelaiata, composta da elementi prefabbricati e modulari in tubolari di acciaio e nodi prefissati agli elementi monodimensionali, vengono assemblati nel minor impiego di tempo possibile, componendo uno snello ma ben irrigidito scheletro sui tre assi a cui vengono fissati, tramite avvitamento, per ciascun modulo, dai 12 ai 18 [a seconda di quanti moduli necessita l’installazione] pannelli in acrilico bianco dello spessore di 10mm. Questi, della dimensione massima di 2×1 m [facilmente trasportabili], compongono le diverse superfici di cui è composto il volume della singola cellula. Mediante l’applicazione di vetrofanie applicate sulla superficie esterna, ciascun pannello in acrilico presenta diversi temi e dettagli tipici del disegno architettonico, andando a comporre, nel loro insieme la texture comunicativa e identitaria dell’intera installazione. Il disegno applicato a ciascun pannello, si ripete in diverse modalità ognuno diverso dall’altro, ma comunque ognuno liberamente componibile e sensato rispetto all’altro. Facendo dell’intera installazione un disegno costruttivo in scala 1:1 posto direttamente sulla superficie dell’opera. Per risolvere le problematiche legate all’infiltrazione di acqua piovana, nella minima fuga tra i vari pannelli, vengono inserite guarnizioni plastiche lineari trasparenti.

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Il sistema strutturale in elementi prefabbricati modulari in acciaio permette la totale esclusione di elementi a misura che, prodotti ad hoc per il progetto in questione, andrebbero a gravare sui costi da affrontare. I pannelli in acrilico, di spessore 10mm, prodotti a misura, prevedono nel processo produttivo, un rapido taglio ottenuto da pannelli di dimensioni standard, progettati secondo semplici [e dunque meno dispendiose] geometrie. L’applicazione di vetrofanie sulle loro superfici esterne richiedono l’unica lavorazione specifica per la produzione del modulo, favorendo comunque un trattamento poco dispendioso sia dal punto di vista della materia impiegata che dal rapido processo di applicazione commissionato al fornitore. Il sistema costruttivo permette inoltre la possibilità di ampliare in lunghezza il modulo in multipli di 1m. Ognuno di questi sottomoduli, non presentando le facciate a falda, sono caratterizzati da un costo pari al 25% del costo della singola cellula completa. Permettendo lo sviluppo della composizione dei moduli secondo multipli di 3mq a sottomodulo, per meglio rispondere, in termini di esigenze, alle più particolari condizioni dettate dal sito di installazione.

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Gli elementi costruttivi che compongono ogni modulo sono progettati per ottenere, il più ingombrante di essi, una dimensione massima inscrivibile in un volume di 2100×1000x100mm, al fine di ottenere una facile trasportabilità su di un veicolo di categoria N1. Inoltre, ciascuna cellula viene progettata con l’obiettivo di raggiungere un peso totale ridotto [610 kg], in modo che un mezzo di trasporto N1 [con portata massima 3,5t] possa trasportare fino a n° 5 moduli [con superficie calpestabile interna di 30mq].

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padiglione 'volvo switch to pure' - nicolò spinelli arch., marco volpi

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padiglione ‘V60 plug-in hybrid – volvo switch to pure’

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‘autopurificazione, deve significare purificazione in ogni condizione di vita. Ed essendo la purificazione altamente contagiosa, la purificazione di se stessi condurrà necessariamente alla purificazione di ciò che si avrà intorno’ [Gandhi]

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switch to pure. l’obiettivo del progetto architettonico consiste nella creazione di uno spazio in cui l’esperienza dell’utente, all’interno dell’opera, possa stimolare sensazioni legate all’idea noumenica di purezza presente in ognuno di noi. Intesa come illibata. leggera. primordiale. intangibile. energica. liberatoria.

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il cerchio è sinuosità. privo di spigoli. regolare. costante. a-direzionale. centripeto. centrifugo. forma pura.

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la purezza architettonica è regolarità. trasparenza. luce. snellezza. effimera. neutra. costanza. modularità. sottile. leggerezza.

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il padiglione è icona. comunicazione. attrattività. curiosità. esperienza sensoriale. uno spazio da scoprire.

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uno spazio chiuso che si lascia intravedere dall’esterno. l’invito ad entrarci. l’invito a vivere uno spazio nuovo: uno spazio puro.

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lo spazio puro come un mondo altro. un mondo puro in cui cambiare. switch to pure.

l’interno come proiezione in una dimensione nuova. dilatata. infinita. due piani specchiati [pavimento&soffitto] che espandono verticalmente lo spazio e le centinaia di cavi verticali a fibre ottiche verso l’infinito. un fascio luminoso. un fascio di energia.

8 esili pilastri in acciaio, arretrati rispetto al perimetro, affogano nella pavimentazione circolare sostenendo una struttura americana modulare tralicciata in alluminio, rivestita da una copertura prefabbricata in lamiera grecata. la chiusura verticale, composta da 24 pannelli rotabili in mezzeria, si sviluppa terminando in un coronamento di rivestimento al pacchetto strutturale orizzontale. rigore. pulizia. purezza strutturale.

due dischi orizzontali in acciaio specchiato racchiudono lo spazio allestitivo. 8 pilastri in acciaio verniciati di colore bianco. 24 lastre curvate in acrilico lungo il perimetro sfumano verso l’altro dal trasparente al satinato, svelando testualmente il loro motto: switch to pure. la purezza della matericità.

Volvo V60 Hybrid plug-in al centro di tutto. centinaia di fibre ottiche di luce bianca sfiorano il pavimento provenendo dal soffitto. altre centinaia, ruotando senza sosta nei colori rosso&verde&blue, sfiorano la vettura, la colonna di alimentazione e due vuoti, incorniciando i tre modi di essere: power.hybrid.pure.

premere fisicamente sui 24 pannelli ruotabili su perni posti in mezzeria per accedere e vivere lo spazio allestitivo. inglobando al proprio interno, in un altra dimensione, l’utente. per cambiare: premere.

24 pannelli totalmente chiusi durante la stagione invernale. 24 panelli totalmente aperti durante la stagione estiva per favorire la ventilazione interna. copertura orizzontale con sfiati per correnti d’aria interne. disposizione di un pannello fotovoltaico in copertura e di impianto di accumulo nello spessore del pacchetto strutturale orizzontale in modulare reticolare per il fabbisogno elettrico.

elementi costruttivi modulari prefabbricati per il montaggio dell’opera per mezzo di assemblaggio in tutte le parti a secco mediante ganci a molla, bulloni e viti.

progettazione di tutti gli elementi modulari per categoria entro dimensione massima di 4 m per uno smontaggio totale delle parti accatastabili tra loro in ingombro di volume inferiore 4×3x2 m.

comunicazione visiva del prodotto e del brand Volvo mediante finitura-raschiatura a mano dei pannelli a chiusura verticale in acrilico con inciso lo slogan ‘switch to pure’ e il marchio aziendale lungo la totale estensione del perimetro circolare per una uniforme visione della pubblicità a 360°.

camelot research & visitors centre - nicolò spinelli arch.

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history is like tetris. stratifying themselves in time, events are snap-fit elements that often show voids. the legend means the will to fill these voids. the archetype of fortified architecture, landamrk & dominant of the landscape wherein is strategically built, gets abstracted into a pure & circular shape. hidding an inner court [the secret garden], the different spaces & functions, distributed on the perimeter, let the users admire the context at 360°. totally laid over the ground level, the structural clearness & the constructive semplicity exclude excavations in order to preserve the archeological heritage. the crown, icon & symbol of Camelot & King Arthur legend, turns into a one volume with the harmonious rhythm of continuous pitched roofs [typical of local architecture]. the mirror glass facades capture & reflect the surrounding nature. the evanescent architecture gets form to a new immaterial & intangible castle that disappears and dissolves into surrounding landscape. evocation of the legend. the illusion of the allusion.

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Parcheggio in località Longea, Moena (TN) - Antonio Cinotto, Paolo Sanza, Mariangela Angelico, Valeria Miatto, Irene Torre, Bethany Enerson, Trevor Labrosse, Simon Manning, Allie White

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La complessa orografia dell’area d’intervento e la bellezza del territorio ci ha portato ad interrogarci sugli effetti ambientali e percettivi prodotti dalla realizzazione di una struttura multipiano adibita a parcheggio posta a ridosso della strada esistente come richiesto dal bando di concorso. Infatti, la decisione strategica assunta dalla comunità di Moena di diventare una cittadina “a misura d’uomo” e soprattutto di candidarsi ad essere una delle “perla alpine” richiede l’elaborazione di una proposta progettuale capace di individuare soluzioni non convenziali e alternative a quelle generalmente di tipo funzionalista dei parcheggi multipiano. [ CONCEPT ] Il bando di concorso proponeva che il collegamento tra Strada Cernadoi [Strada Statale 48] con la località Ischia avvenisse attraverso la realizzazione di un ponte che, raggiunto il versante opposto della valle, immettesse il flusso veicolare in un tunnel posto sotto il piazzale esistente della scuola di Polizia, che poi fuori esce nell’attuale parcheggio posto in superficie all’angolo tra Via Ischia e Strada Saslonch. Da qui l’idea di utilizzare il tunnel anche come parcheggio multipiano interrato, evitando così la costruzione di un parcheggio a vista nell’area indicata dal bando. Da questa fondamentale scelta progettuale sono scaturite una serie di soluzioni complementari che integrano i flussi veicolari e ciclopedonali con gli spazi di sosta e di incontro che diventano essi stessi un nuovo richiamo turistico. [ PONTE E PARCHEGGIO ] Il ponte veicolare che dalla Via Ischia superando il torrente Avisio si attesta sul lato opposto, entra in un tunnel “sorvolando” i due livelli del parcheggio interrato ai quali si collega con delle rampe elicoidali rivestite all’ingresso est da una pelle porosa in doghe di legno che smaterializzano la loro notevole ed non comprimibile dimensione.

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vista prospettica del ponte e del parcheggio interrato

Nel tunnel, sorta di superstruttura scatolare aperta, lo spazio interno risulta ulteriormente attraversato dal proseguo della passerella ciclopedonale che dalla piazza posta tra Via Ischia e Strada Saslonch mediante un percorso aereo porta alle porte di Moena. Questa stratigrafia progettuale dell’interno del tunnel composta dal ponte veicolare, la passerella ciclopedonale, il parcheggio e le rampe elicoidali vista dalla Strada Cernadoi richiama le opere scultoree dell’artista Louise Nevelson. Il tunnel viene illuminato in modo zenitale da una serie di lucernai lineari integrati da una serie di elementi luminosi lineari, quasi a ricordare la percezione di velocità data dalle fotografie a lunga esposizione delle luci delle auto. Ma la scelta dell’illuminazione artificiale cambia una volta raggiunti i piani dei parcheggi. Qui si propone una soluzione diversa, ma ugualmente dinamica. L’illuminazione avviene tramite un tappetto di luci circolari disposte sia nella pavimentazione e sia nel soffitto in corrispondenza dei posti auto: quando non è occupato, queste sono accese; una volta occupato, si spengono e si accendono quelle superiori creando un gioco di luci sincroniche omaggio all’opera artistica di Dan Flavin Sempre all’interno del tunnel sono situati i servizi igienici e una delle due postazioni adibite per il bike-sharing. [ PERCORSO CICLOPEDONALE ] Il percorso ciclopedonale si sviluppa a partire dal primo piano interrato del parcheggio e risulta separato e sospeso rispetto due livelli del parcheggio, per poi svilupparsi in maniera autonoma ed altamente poetica una volta lasciato il tunnel. Dentro il tunnel la passerella ciclopedonale sul lato che si affaccia al parcheggio viene delimitata da una “protezione informatica.” Qui immaginiamo possano essere mostrate e proiettate in un flusso continuo informazioni turistiche, meteorologiche, culturali sull’esempio delle più recenti stazioni metropolitane.

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vista prospettica del ponte ciclopedeonale con schermi multimediali

Fuori dal tunnel, la passerella appesa al ponte veicolare, attraversato il torrente Avisio diventa un percorso autonomo sorretto da una “foresta” di pali che naturalmente hanno un ruolo strutturale ma al contempo simbolicamente ripongono le zone boscate del territorio. Il percorso aereo consente al pedone o al ciclista di sentirsi immersi in una sensazione “flottante” quasi magica nelle ore notturne quando i riferimenti visivi intorno alla struttura vengono a diminuire. Il percorso è caratterizzato da vari belvedere e sedute per apprezzare i migliori scorci del paesaggio alpino circostante. La diversa pendenza della strada Cernadoi valorizza ulteriormente il valore scenico del percorso pedonale: questi infatti si trova sotto il livello stradale quando la Strada Cernadoi incrocia il ponte veicolare, per poi trovarsi rialzato rispetto al livello stradale. Infatti, in direzione dell’ingresso del paese, attraverso una serie di rampe, il percorso ciclo pedonale interseca in diversi punti il manto stradale. Poiché tale percorso e la palificazione che lo sostiene vengono viste anche dall’alto dalle varie frazioni di Moena, si propone una illuminazione notturna della parte apicale dei pali capace di trasformare il Landmark notturno in un’ emozionante “foresta di luci.“

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vista prospettica percorso ciclopedonale sopraelevato

[ LA PIAZZETTA ANFITEATRO ] L’accesso pedonale al primo livello interrato del parcheggio avviene dalla piazzetta compresa tra Via Ischia e Strada Saslonch. Nella proposta progettuale, la piazzetta viene completamente ripensata: il dislivello di circa tre metri che separa l’accesso veicolare al ponte da quello pedonale del parcheggio e della passerella ciclopedonale viene mitigato da una piazzetta inclinata. In questo spazio disposto ad anfiteatro e servito da un piccolo coffee – bar immaginiamo si possano svolgere una serie di attività culturali e musicali in particolare durante i mesi estivi.

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vista prospettica notturna percorso ciclopedonale sopraelevato

[ PARCHEGGIO IN SUPERFICIE ] Il parcheggio in superficie risulta disposto strutturalmente a sbalzo lungo la Strada Cernadoi ed anche in questa occasione l’arte s’intreccia con la costruzione architettonica ed il paesaggio locale. Gli spazi adibiti ai parcheggi non sono delineati da due strisce, bensì da cerchi riproduzioni concettuali ed ironiche delle chiome degli alberi con cui sono costellati tradizionalmente i posti auto. In questa area, inoltre, si propone l’inserimento di un ulteriore postazione bike-sharing e di servizi igienici.

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vista prospettica piazza anfiteatro

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vista prospettica notturna piazza anfiteatro

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planimetria

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vista prospettica dei ponti

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schema d'intervento

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tavola di concorso 1/4

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tavola di concorso 2/4

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tavola di concorso 3/4

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tavola di concorso 3/4

AC-CA Symbolic World Cup Structure - Benjamin Haziot, Julien Pasteau

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What do we retain of a World Cup ? What brand our minds ? It’s the thrill of the game: a childhood memory, a historic moment shared with friends, a goal celebrated by a whole nation. More than a logo, an advertisement or a mascot, FIFA World cup’s symbol is the BEAUTIFUL GAME, and beautiful goals: GOLAZO.

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

Picture a dream team: Beckenbauer passes to Zidane, Zidane dribbles two players before giving the ball to Pelé, long cross to Maradona. Maradona eliminates the last defender by a hook turn, passes to Ronaldo, he shoots straight in the top of the corner and Goal! Such an action represents a movement, an outline, a trajectory.

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

The symbolic structure materialises this action. It’s an uninterrupted ribbon which translates each moves into an architectural shape. Each typology benefits from its characteristics by integrating a function.

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

Together, they create a unity that interacts with the surroundings. The structure opens out and embraces the place in order to shelter the supporters’ meeting point. The ribbon finishes up in the sky by a white rod landmarking the urbanscape.

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

The project reinterprets a common and known theme in Brazilian architecture: the curve. Alternately sensual, soft and dynamic, it symbolises Brazil and Rio de Janeiro. The immaculate ribbon stand for the FIFA’s Wolrd cup’s first values, far from the financial organisation it has become. Its simpleness promotes values such as shared emotions, communion and solidarity.

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

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Benjamin Haziot Julien Pasteau

Scuola materna a Dolzago - David Perri, Gianfranco Raffaelli, Raffaella Villani, Ilde Raffaelli

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Lo spazio educativo dell’asilo deve trasmettere un senso di rifugio e la sua organizzazione funzionale deve essere tanto semplice quanto efficacie ma, soprattutto, deve affermare un principio di ordine e gerarchia dello spazio architettonico aperto ad un continuo gioco di contrasti e sorprese.

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Abbiamo pensato ad un edificio il cui aspetto compositivo sia di chiara lettura e basato su un assemblaggio di volumi regolari ben distinti e riconoscibili per le loro diverse dimensioni che indicano, con discrezione, le loro funzioni interne. Uno spazio dove gli ambienti con le loro funzioni esaltino il dialogo tra interno ed esterno e siano relazionati da percorsi facilmente identificabili e dove il controllo della percezione cromatica attraverso la conoscenza e l’uso del colore può aumentarne il valore funzionale e culturale.

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La logica distributiva si comprende dalla geometria tracciata nella pianta: un percorso interno alle cui estremità sono posizionati i diversi accessi, continua all’esterno definendo gli spazi aperti e coperti relazionati alle aule; intorno a questo percorso si collocano i volumi funzionali. L’accesso alla scuola, filtrato da uno spazio coperto che delimita un grande patio, è stato arretrato rispetto al filo stradale non solo per motivi di sicurezza ma anche visivi e vi è stata inserita una quinta alberata alla cui base si trova una lunga panca per i familiari che attendono l’uscita dei bambini. Un divisorio in vetro delimita fisicamente ma non visivamente l’inizio del complesso scolastico e questa trasparenza oltre a voler dare un immagine meno rigida dell’istituzione scolastica, può trasformarsi in una grande lavagna dove possono essere posizionate serigrafie con disegni, frasi, programmi leggibili sia da dentro che da fuori.

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Il percorso coperto esterno che collega tutte le aule è costituito da una leggera pensilina la cui continuità vuole essere un forte segno orizzontale nei prospetti dell’edificio ma vuole soprattutto creare uno spazio di continuazione con gli ambienti interni. Nella direzione longitudinale tra il percorso interno ed il muro di confine del lato ovest è posizionato il corpo dei servizi che accoglie l’aula insegnanti con relativo spogliatoio e servizio, il bagno per i diversamente abili (accessibile anche al pubblico), la lavanderia, la dispensa, la cucina e la mensa; questo corpo si afaccia su due spazi a verde, uno che accoglie l’orto didattico e l’altro un patio delimitato dal setto inclinato in tubolari di ferro colorati.

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Un piccolo cortile interno (“chiostrina”) delimitato su tre lati da vetrate è posizionato nell’angolo tra le due direzioni ortogonali del percorso ed ha la duplice funzione di illuminare con luce naturale oltre che aerare la parte più interna dell’edificio. A destra del percorso si trovano in sequenza l’aula per le attività pittorico plastiche delimitata da una libreria aperta alternata a pannelli in legno a tutt’altezza, successivamente lo spazio comune fino a raggiungere all’estremità opposta l’ingresso secondario.

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La torre centrale a pianta rettangolare alta 6,5 metri è il luogo di incontro principale della scuola e si relazione alle unità didattiche che la circondano; la sua altezza, evidenziata all’esterno da un brise soleil in metallo colorato, fa si che sia un elemento visibile anche da lontano e quindi un segno ben distinguibile nello scenario cittadino. Questa “aula magna” oltre ad avere funzioni distributive è stato concepita come spazio comune polifunzionale per le attività di psicomotricità e/o gioco senso motorio dei bambini ; sempre al suo interno è stata prevista un area per il sonno che può essere delimitata all’occorrenza chiudendo il pannello scorrevole di un dei tre accessi dal corridoio e facendo scorrere una tenda fissata ad una struttura in profilati di ferro. Nella parte alta è posizionata una finestra a nastro con aperture a vasistas motorizzate per la circolazione dell’aria; questo taglio perimetrale oltre a offrire una luce filtrata e diffusa uniformemente da un senso di leggerezza al soffitto che sembra sospeso su questa fascia luminosa.

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La parte bassa è caratterizzata da una sequenza di pannelli in legno tamburato di rovere alternato a laminato di diversi colori che identificano le porte di accesso alle varie sezioni. Queste aule, la cui logica distributiva vuole essere di immediata lettura sono state pensate come spazi autonomi, ciascuna dispone di una zona servizi/spogliatoio/deposito illuminata ed areata da lucernari e di un armadio libreria per il materiale didattico; le ampie pareti vetrate danno un senso di estensione verso il giardino e la pensilina esterna, che le protegge dagli agenti atmosferici, ha la duplice funzione di collegamento esterno di tutti gli ambienti e di spazio ricreativo.

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Particolare attenzione è stata rivolta allo studio del colore mirato ad identificare un preciso percorso cromatico che accompagna il bambino in tutte le parti dell’edificio, dagli spazi comuni a quelli delle singole unità. Questa sequenza cromatica segue una precisa gradazione del colore facendo riferimento al sistema NCS elaborata alla fine degli anni Cinquanta dallo svedese Anders Hard; questo sistema consente di ordinare i colori, di codificarli e rappresentarli così come l’occhio umano li percepisce e non in base a come nascono dalle mescolanze di pigmenti o dalla riflessione della luce. Tutto questo per dare al bambino attraverso il colore la percezione visiva dei luoghi assegnando ad ogni aula un suo unico colore, mentre gli spazi comuni avranno tutti i colori del sistema; sarà così immediato il riferimento spaziale o capire se siamo all’inizio o ala fine di un percorso. L’uso del colore è previsto nei due setti inclinati del percorso centrale, nel brise seleil del volume centrale, negli arredi e nelle pannellature divisorie delle sezioni didattiche con i relativi servizi per la loro diversificazione.

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Il contatto diretto e continuo delle aule con il giardino ci ha indicato una sistemazione del verde finalizzata ad assolvere non solo la funzione di polmone della scuola ma anche quella didattica come polo di osservazione naturalistica creando situazioni ludiche che non necessitano di particolari attrezzature. La scelta delle piante i è stata fatta cercando di creare un ambiente in cui siano presenti nel corso dell’anno solare colori, sapori e profumi. Un’area specifica, a cui si accede anche dalla mensa, è stata dedicata ad un piccolo orto didattico dove piante aromatiche, ortaggi e piccole piante da frutto potranno essere un supporto divertente ed educativo per familiarizzare con il mondo della natura. La scelta del manto erboso è stata orientata verso il prato fiorito che richiede poca manutenzione e minime esigenze idriche, inoltre richiama insetti utili e farfalle e le continue fioriture spontanee trasformeranno il tappetto in una tavolozza di colori.

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Per il recupero e il riciclo delle acque piovane provenienti dalle coperture e dai lastricati esterni ed il loro riutilizzo per l’irrigazione e i servizi igienici, abbiamo pensato al posizionamento di una o più cisterne interrate con una capacità totale fino a 250.000 litri nell’attuale vuoto del piano interrato dell’edificio demolito. Purezza formale, semplicità costruttiva, materiali naturali ed ecocompatibili sono state gli elementi guida del nostro percorso progettuale, il tutto finalizzato ad un contenimento dei costi di realizzazione e garantendo al tempo stesso il massimo delle prestazioni energetiche nel rispetto dell’ambiente.

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