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VESTIRSI DI VERDE - chiara casciotta, STELLA CLERICI

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“…in mezzo alla folla e agli edifici neri di smog, noi siamo sempre più soli. E non è molto diverso nei villaggi e nelle campagne, sovente sfigurati da un’agricoltura meccanizzata e senz’anima, dalla bruttezza delle officine e dei manifesti pubblicitari da poco in voga. Ormai siamo circondati da uno spazio inerte che non esprime più nulla, che non ha niente da raccontare ai nostri cuori…” (“Il giardino creò l’uomo”, Jorn de Précy).

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Viviamo seguendo i nostri bisogni superflui legati al consumismo e abbiamo perso il nostro bisogno di contatto con la natura. Ci ritroviamo delle città dove la presenza del verde è soddisfatta da misere aiuole fiorite o surrogati di giardini chiamati parchi urbani che di natura non hanno nulla essendo progettate e comandate dalla mano dell’uomo.

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Da questo nasce l’idea di una natura che si rimpossessa dei propri spazi; un’utopica città caratterizzata da atolli verdi liberi di svilupparsi, di poter dialogare con la città: uno spazio vegetale che si mescola a quello dell’uomo, fino a confondersi con esso. In questo modo l’uomo potrà riallacciare il suo legame con il mondo naturale. La natura non è semplicemente uno strumento al servizio dell’uomo ma diventa parte integrante di esso, si appropria degli “spazi dell’uomo” , ricopre inesorabile le strutture prodotte dalla civiltà, creando luoghi di pace e di quiete, degli spazi chiusi e finiti, di protezione e intimità, che si contrappongono agli spazi esterni, aperti ed “infiniti” della natura. Di conseguenza, si innesca dentro l’uomo un meccanismo che lo porta alla ricerca e al recupero di spazi della casa da dedicare ed ispirare alla natura.

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Nel nostro caso la natura si appropria del balcone, elemento caratterizzante del paesaggio urbano e allo stesso tempo elemento che può rappresentare l’hortus conclusus della società contemporanea. Balconi “vestiti di verde”, in cui gli indumenti, cadendo a terra, esprimono l’idea della figura umana che si ricongiunge con la sfera naturale e allo stesso tempo diventano veri e propri contenitori del verde.

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L’idea è che il progetto si auto-configuri come un nuovo e ritrovato equilibrio tra uomo e natura in cui i balconi diventano frammenti di spazio aperto, frammenti di natura nel contempo realtà e simbolo.

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