La proposta progettuale espressa in sede di concorso, prende spunto dall’individuazione di una serie di elementi che stabiliscono delle priorità nella complessa narrazione che caratterizza il sistema Parco. Questi elementi salienti di un più esteso e complesso discorso sulla realtà del Parco consistono negli obiettivi e azioni di natura territoriale, che costituiscono il punto di partenza per un nuovo tipo di narrazione, che invece di cominciare dai posti e dalle località, che sono il punto d’arrivo, prova a partire dalle strade, che stabiliscono le modalità per arrivarci. L’idea di progetto tenta innanzitutto di portare alla luce un mondo semisommerso, dalla cultura dell’automobile nonché da un processo di progressiva perdita di memoria collettiva, che è quello delle “strade nel paesaggio”, la cui rilettura è indispensabile alla comprensione di un contesto così complesso dove natura e storia dell’uomo, sono realtà inestricabili. Tracciare un percorso è uno dei gesti più antichi che appartengono al comportamento umano, esprime significati profondi legati al grado di socialità e di cultura. Può essere un gesto individuale, ma più spesso è di natura collettiva e rappresenta la forma concreta e visibile della “comunicazione”. Il tema è dunque provare a raccontare la storia dei luoghi a partire dalle strade, che in Italia, nel Meridione, rappresentano un patrimonio di inestimabile valore, di enorme bellezza, un autentico “monumento diffuso”, da recuperare e valorizzare investendo risorse e idee. Concepire un territorio secondo la rete dei suoi percorsi, promuovendone il miglioramento della circolazione al suo interno, significa promuoverne il processo di conoscenza e quindi di tutela attraverso un uso più consapevole e più“ecologico” dei mezzi di trasporto. In questo senso la metodologia di progetto scelta va ad intercettare l’ elemento di fragilità del Parco, la debolezza della rete infrastrutturale, con l’obiettivo di trasformare una criticità in una risorsa, ridefinendo l’importanza dei percorsi storici e introducendo contenuti nuovi ed attuali nella tradizione. Identificati secondo il tipo di paesaggio che racchiudono, i percorsi all’interno del Parco assumono la forma geometrica di tre anelli: 1. L’anello del mare 2. L’anello della campagna, definito dai percorsi interni che collegano i campi e le coltivazioni tra loro 3. L’anello della montagna, definito dai percorsi di crinale in uso nell’antichità che collegano i borghi montani
© luisa saracino . Published on December 20, 2013.
Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
© luisa saracino . Published on December 20, 2013.
In questo modo il paesaggio, pur conservando la sua eterogeneità e la sua ricchezza di elementi naturali, è in certa misura “semplificato” attraverso categorie riassuntive che ne interpretano le peculiarità, offrendo tuttavia ai visitatori possibilità di lettura più immediate. Reti per lo sviluppo sostenibile. Le reti immateriali. Il sistema degli anelli e la comunità.
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Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
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Molto del futuro di un luogo dipende dalla capacità di offrire suggestioni tanto al visitatore quanto alla comunità residente. Il tema che affronta questo ed altri aspetti connessi è quello generale dell’accoglienza, ovvero della predisposizione di un luogo ad attrarre e “trattenere” i visitatori. L’idea in via di diffusione oggi è quella di un turismo strettamente connesso alle relazioni umane che si instaurano tra il visitatore e la comunità locale. Il viaggiatore da cliente diventa ospite non solo per il gestore della struttura ricettiva ma per tutta la comunità ospitante. E’ un concetto di turismo assai più esteso, una visione che accresce l’idea di cultura della “permanenza”, attraverso l’investimento su risorse esistenti, su reti di contatti tra persone, senza la necessità di sacrificare territorio ma creando o migliorando le condizioni di accoglienza e ospitalità più durature e prive di costi sociali per la comunità. Privilegiare questo tipo di approccio al tema dell’ospitalità significa promuovere un intero territorio oltre la stagione estiva e il singolo evento. Come specificato nella relazione illustrativa al piano del Parco, il Cilento è caratterizzato da un paesaggio estremamente ricco e complesso sotto l’aspetto morfologico; in uno spazio geografico piuttosto contenuto, se raffrontato con altre riserve naturali, convivono ambiti naturalistici differenti tra loro. La parte più interna, caratterizzata da un paesaggio prevalentemente montuoso comunica con la costa attraverso la fascia intermedia occupata per lo più dalle coltivazioni. La definizione dei tre anelli di paesaggio rappresenta la proposta per una nuova impostazione degli itinerari di visita del Parco, creando l’opportunità di incentivare il miglioramento e l’integrazione della viabilità interna di connessione dei tre anelli. A tal proposito sono state individuate almeno due direttrici di attraversamento del Parco lungo le quali potenziare la viabilità su gomma attraverso allargamenti della sede stradale e contenute integrazioni. La prima è quella che unisce Ascea al borgo rurale di Roscigno, attraversa il cuore del parco configurandosi come una vera e propria “strada di parco”. La seconda comincia da Sapri e termina in corrispondenza di Buonabitacolo, dove è prevista la riapertura della stazione ferroviaria, oltre che della linea da Sicignano a Lagonegro fino a Buonabitacolo. Il centro di Buonabitacolo rappresenta inoltre un possibile nodo di scambio intermodale anche per la presenza dello svincolo autostradale. In questo modo la struttura della viabilità su ferro e su gomma è ridefinita secondo l’approccio dell’intermodalità con l’obiettivo di migliorare l’accessibilità ed aumentare il grado di visitabilità del Parco. Particolare attenzione è stata dedicata alle modalità di spostamento, che dovranno avvenire internamente attraverso l’uso di auto e biciclette elettriche. A tal scopo, in corrispondenza dei maggiori nodi di scambio, sono state predisposte delle pensiline fotovoltaiche, per l’alimentazione dei veicoli elettrici da fonti di energia rinnovabile e servizio di car e bike sharing. In tal modo verrebbe notevolmente a ridursi l’impatto ambientale della viabilità su gomma, riuscendo a garantire comunque anzi incentivando le possibilità di spostamento all’interno del Parco. Lo scenario che si configura prevede , dunque, tre “strade di parco” che partendo dalla costa giungono in prossimità dell’anello che unisce i borghi montani, attualmente “tagliati fuori”, che così verrebbero inclusi nei percorsi di visita. Attraverso le strade di parco, concepite in modo da essere percorse lentamente, si svolge la lenta narrazione dal mare alla montagna e viceversa.
© luisa saracino . Published on December 20, 2013.
Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
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Strategie d’intervento.
© luisa saracino . Published on December 20, 2013.
Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
© luisa saracino . Published on December 20, 2013.
Su una base infrastrutturale ristrutturata secondo i criteri della sostenibilità e di un maggior grado di accessibilità, si inseriscono le strategie d’intervento atte a promuovere la scoperta e la conoscenza dei luoghi. La suddivisione del paesaggio secondo i tre anelli corrisponde anche ad una diversa caratterizzazione tematica dei tre ambiti di progetto. Le aree tematiche individuate sulla base delle dominanti paesistiche che le caratterizzando, presentano tuttavia degli aspetti comuni e sono uniti dal ruolo di primaria importanza che l’agricoltura svolge nel Cilento e nel vallo di Diano, dall’area costiera alla montagna interna.
Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
L’agricoltura diviene una dominante di paesaggio a tutte le quote, a conferma dell’appartenenza del Cilento all’area di cultura magno greca, i cui segni sono tuttora evidenti nella capacità quasi unica di rendere fertile e produttivo qualsiasi tipo di territorio nel Mediterraneo. L’impronta greca, visibile nei resti archeologici, vive tuttora nei sistemi di coltivazioni che hanno resistito al tempo e sono diventati la componente narrativa dei luoghi. Il territorio rurale (comprendendo in esso anche le zone a pascolo e i boschi di produzione) costituisce l’armatura principale dell’intero Cilento, dentro e fuori l’area del Parco, coinvolgendo in estensione gran parte del territorio anche alle quote maggiori. Tale utilizzo storico ha consolidato un millenario assetto dell’ecosistema le cui trasformazioni recenti sono molto meno traumatiche di quelle di altre zone dell’Appennino sia dal punto di vista dell’avanzare dei processi urbanizzativi che da quello, opposto, dell’abbandono e dell’inselvatichimento. Il settore agricolo, nell’ambito territoriale del Parco, è caratterizzato da una spiccata eterogeneità: è possibile individuare, infatti, aree in cui l’agricoltura viene svolta secondo moderne tecniche di coltivazione ed aree montane dell’entroterra cilentano, dove l’agricoltura è ancora di tipo estensivo ed è particolarmente dedita alla pastorizia ed alla cerealicoltura. L’agricoltura del Parco è anche caratterizzata da un elevato grado di tipicità e da tradizioni millenarie.
Francesco Colarossi, Luisa Saracino, Rosamaria Faralli, Massimiliano Foffo, Giovanna Saracino — La Città del Parco Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni © Francesco Colarossi . Pubblicata il 19 Dicembre 2013.
L’anello del mare racchiude tre differenti sistemi del paesaggio costiero: il paesaggio dei rilievi calcarei che comprende il promontorio di palinuro e il golfo di Policastro caratterizzato dalla presenza di eccellenze come gli uliveti secolari e dalla presenza di boschi, sede di attività antiche e tradizionali ed endemismi di grande interesse naturalistico; il paesaggio delle colline costiere noto per l’ulivo pisciottano e i muretti a secco; il paesaggio delle piane costiere e alluvionali: Ascea, Policastro, Palinuro e la conca di Sapri risentono della pressione antropica, dovuta allo sviluppo turistico, eccessiva per un territorio che mostra una evidente fragilità strutturale. I tre ambiti del paesaggio costiero presentano delle criticità comuni che condizionano il comparto produttivo. L’assenza di acqua e di manutenzione idraulica e geologica rappresentano l’occasione per un intervento con forti contenuti ecologici. L’anello del mare pertanto appare come l’ambiente più adatto ad ospitare strutture con impatto ambientale minimo, dedicate soprattutto alla ricerca sugli endemismi floristici, faunistici e vegetazionali (erbetofauna, ittiofauna, avifauna nidificante e migratrice). I nuovi laboratori, da installare in prossimità delle foci dei fiumi, sono concepiti con soluzioni tecnologiche ecologiche e flessibili e sono costituiti da moduli prefabbricati in legno assemblabili e adattabili al trasporto lungo le sponde dei fiumi. Alimentati con fonti rinnovabili (fotovoltaico), sono predisposti anche per la produzione e messa in rete di energia elettrica e per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua piovana per l’alimentazione delle coltivazioni. Piccole e leggere architetture formano una rete intelligente che offrono la possibilità di compensare le debolezze del sistema naturale. Connessa all’attività di ricerca è la rete di strutture ricettive di nuova concezione sul modello degli ostelli, pensati per offrire ai viaggiatori non solo un posto per dormire ma uno spazio multiculturale da abitare temporaneamente scambiando esperienze, con la possibilità di connessione Wi-Fi e spazi comuni dove poter condividere informazioni . Connessi alle strutture ricettive sono i punti di vendita di prodotti a Km 0, risultato della filosofia della filiera corta a sancire un patto tra cittadini e produttori locali per dare a tutti la possibilità di acquistare e consumare prodotti naturali buoni, freschi, sani, di cui si conosca l’origine e le modalità di produzione. L’offerta commerciale si struttura secondo un insieme di piccole reti distribuitive alternative e solidali e assume in questo modo contenuti etici promuovendo insieme al biologico la cultura del gusto e della convivialità. In questo modo, distribuendo le strutture lungo l’anello viario si prova a riequilibrare il sistema di pesi che grava sul territorio, dove alcune località sono sovraccaricate rispetto ad altre che risultano marginali. L’anello della campagna delimita il paesaggio delle colline interne, il cui punto di forza è rappresentato dalle superfici boscate e il cui elemento di debolezza è costituito da un fragile equilibrio geologico che si traduce in assenza di servizi e in una intensa frammentazione degli usi agricoli. Contemporaneamente si registra l’incremento delle superfici investite ad olivo, coltura fondamentale per l’economia delle zone collinari interne poiché riesce ad attivare processi di trasformazione in loco con il conseguente aumento di valore aggiunto. A partire dagli anni ’90, infatti, l’olivicoltura ha subito una fase di rivalutazione; l’introduzione dei Regolamenti Comunitari, con norme volte a ridurre l’impatto ambientale e la diffusione del cooperativismo, hanno determinato la concentrazione dei piccoli impianti di trasformazione in opifici meglio attrezzati per la produzione e la commercializzazione anche all’esterno dell’area del Parco. Questo processo di rivalutazione e ristrutturazione del comparto si è concretizzato nel 1997 con il conferimento dei 2 marchi DOP“Cilento” e “Colline Salernitane”. Anche il settore vitivinicolo ha subito un processo di ammodernamento, che però non si è tradotto in un incremento delle superfici coltivate, così come è avvenuto con l’olivo, per l’evidente motivo che il miglioramento qualitativo si accompagna normalmente ad una riduzione delle rese e quindi della produzione. La viticoltura riveste un ruolo importante, in particolar modo nell’area del Calore Salernitano dove sono presenti marchi DOC, quello del vino “Cilento” e quello del vino “Castel S. Lorenzo”.
Quello dei “piccoli campi”è un paesaggio nel paesaggio, una realtà che racconta la fatica della sussistenza delle famiglie e l’orgoglio di bastare a se stesse , un fenomeno sociale quanto ambientale ormai consolidato. Un secondo fondamentale riconoscimento del sistema agricolo Cilentano è stato operato per le aree a coltivazione promiscua dei “piccoli campi”: esse rappresentano un paesaggio agrario caratterizzante il territorio del Parco, spesso nelle vicinanze dei centri abitati, o nelle aree dove c’è disponibilità d’acqua. La sua genesi ci riporta alla struttura del nucleo familiare cilentano, dove la produzione agricola veniva per lo più finalizzata all’autoconsumo. In questo tipo di organizzazione era quindi importante chela proprietà, ancorché piccola, fosse comunque suddivisa in parcelle ancora minori (anche dislocate in luoghi diversi) destinandole alla produzione dell’olio, del vino, degli ortaggi, dei cereali, di alcune colture arboree frugali (varietà di melo e pero, il fico) e del fieno (in consociazione semmai al vigneto, nelle aree del frutteto misto, o negli spazi di risulta) utile al sostentamento di quei pochi capi animali allevati (conigli, pecore, maiali, polli). I caratteri distintivi di tale paesaggio sono: – presenza quasi costante del vigneto (spesso come bordo tra differenti tipi di coltivazione); – l’organizzazione degli spazi in modo da ottimizzare la eventuale risorsa “acqua”; – la dimensione del campo commisurata alle “forze” familiari disponibili; – la delimitazione di questi fondi con muretti a secco e siepi miste. Complessivamente il sistema colturale si indebolisce diffusamente, ma appare ancora in grado di presidiare il territorio, mantenendo modalità analoghe a quelle del passato, con coltivazioni solo raramente di tipo intensivo e ad alto utilizzo di presidi chimici (concentrate per lo più nelle piane di fondovalle). La frammentazione della proprietà, la produzione spesso legata all’autoconsumo o ad un mercato strettamente locale, la mancanza quasi totale di adeguate strutture di commercializzazione hanno impedito quasi dovunque lo sviluppo di processi di intensificazione o di specializzazione produttiva. Un aspetto forse problematico dal punto di vista economico, una risorsa e l’occasione di intervenire a valorizzarlo e potenziarlo secondo i principi dello sviluppo sostenibile, inglobandolo in un sistema di offerta turistica dove “i piccoli campi” sono percepiti come attrattiva del territorio. In quest’ottica la parte più compromessa di questo ambito di paesaggio assumerebbe più valore proprio in relazione alla sua maggiore criticità che la renderebbe meta di un percorso di visita tematico, soprattutto per l’aspetto che riguarda la capacità dei suoi abitanti di aver saputo coglierne le possibilità produttive rispettandone i limiti costituzionali. Sulla scorta della tradizione ma secondo una visione colta della dimensione rurale, la proposta di progetto prevede il recupero e il riuso di alcune delle strutture abbandonate che si incontrano lungo le strade statali o provinciali, allo scopo di rafforzare il presidio, trasformandole ad esempio in scuole rurali, dove sarà possibile l’apprendimento degli antichi saperi della cultura contadina. Oltre ai singoli manufatti in stato di abbandono è da tener presente l’opportunità di recuperare interi borghi disabitati, come quello di Roscigno, attribuendogli nuove funzioni a cominiciare da quelle ricettive e restituendogli l’importanza culturale che la storia gli ha assegnato. Roscigno è infatti la dimostrazione di come paesaggio naturale e paesaggio antropico fossero nell’antichità entità inscindibili tanto da condizionare per sempre la lettura dei luoghi. L’istituzione di “centri del sapere”, inoltre, potrebbe stimolare l’investimento di risorse destinate al miglioramento dell’accessibilità e della connessione dei percorsi interni alla viabilità autostradale. Un approccio analogo di recupero e rivitalizzazione degli ambienti rurali sembra opportuno per l’anello della montagna che racchiude il paesaggio della montagna interna e costituisce un ambito caratterizzato da una forte varietà di offerta ambientale, unita all’altrettanto significativa disponibilità di suolo sia in termini qualitativi che quantitativi. Elemento centrale del sistema insediativo montano(ma anche del paesaggio nel suo complesso) è la rete arcaica dei percorsi. Il mondo dell’uomo appenninico era talmente recente che molte cose non avevano ancora nome, ma il suo modo di abitare il mondo avrebbe modificato in maniera duratura l’ambiente naturale, anticipando addirittura- sia pure limitatamente- l’integrazione tra il sistema di crinali dell’interno con i promontori e gli approdi sulla costa, fenomeno alla base della struttura territoriale tessuta dagli scambi tra colonie magnogreche e centri lucani. Pruno), coi centri medioevali successivi, materializzano due dei percorsi che dal Vallo di Diano portavano al mare, rispettivamente in corrispondenza di Paestum e Capo Palinuro. Quello di Roccagloriosa, in particolare, era un vasto centro rurale e di scambi, nella cui area è documentata dal IV sec. a. C. una occupazione capillare delle campagne e un tipo arboricoltura intensiva dei terrazzi collinari (vite e olivo). I villaggi di crinale e quelli di controcrinale che sorgono a ridosso dei rilievi maggiori, vanno normalmente a disporsi sulla fascia altimetrica che vede i boschi montani incontrarsi con i campi coltivati. Lungo le linee di crinale, le antiche vie che attraversano dall’alto in basso i centri sono spesso abbandonate o in via di abbandono, e con esse le tracce della storia insediativa e la struttura portante del paesaggio (v. ad es. il caso dei sistemi di mulini nelle zone ricche di corsi d’acqua di portata esigua, che lungo gli impluvi paralleli alle linee dei crinali seguono lo stesso destino di abbandono). Le vie di crinale, solo raramente rotabili, collegano oggi i nodi di una rete che raccoglie le tracce più significanti dell’evoluzione del paesaggio cilentano, e sono in qualche modo la cifra della marginalità-ricchezza del Cilento. Direttrici dell’insediamento, i collegamenti lungo le linee di crinale sono probabilmente tra i caratteri morfologici strutturali più significativi del paesaggio cilentano, sia per la loro straordinaria permanenza nella storia che per il loro influsso sui processi formativi della rete insediativa.
La natura straordinariamente evocativa dei luoghi impone un’azione di tutela attiva che ne restituisca il significato per la civiltà. Restituire alla storia i centri medievali abbandonati, insieme ai sistemi collinari con la rete dei mulini e ai villaggi di carbonai è un’operazione culturale indispensabile e urgente anche in relazione alla riscoperta dei valori della vita rurale per la società moderna. Punti deboli della montagna interna invece sono lo scadente sistema infrastrutturale, la mancata manutenzione e l’indebolimento del presidio, legati alla bassa redditività delle produzioni agricole. La perdita dei saperi e delle tecniche tradizionali e l’impoverimento dei suoli sono i rischi cui la montagna cilentana è maggiormente esposta, aggravati anche da una insufficiente diversificazione dell’uso dei suoli.
Temi di progetto
A come Accessibilità. L’accesso ad un luogo è un tema estremamente delicato e attuale, spesso trascurato per la sua complessità o banalizzato nelle prassi urbanistiche. Accade che percorrendo delle strade improvvisamente ci si ritrova risucchiati in qualche struttura senza essercene resi conto. È il caso soprattutto dei centri commerciali. Ma in generale il senso attribuito al passaggio da un luogo ad un altro si è andato progressivamente perdendo, e la perdita di senso è stata proporzionale alla riduzione delle distanze e dei tempi di percorrenza. C’è stato un tempo in cui entrare in luogo, una casa o anche solo un stanza, era considerato addirittura un gesto sacro. Era il tempo in cui sulla Terra regnava una moltitudine di dèi, e l’esistenza degli uomini più che condizionata dalla presenza del divino era ispirata dalla fusione tra sacro e naturale. L’architettura era allora luogo di contatto e di flusso tra interno ed esterno, superficie attraversabile, confine tra dimensione pubblica e privata, supporto fisico allo svolgimento delle relazioni umane, dove la dimensione collettiva prevaleva nettamente su quella privata. Segue questa premessa la proposta delle pensiline fotovoltaiche come sistema di accessi al parco. Le strutture in legno lamellare e pannelli fotovoltaici in copertura oltre che essere una soluzione sostenibile dal punto di vista tecnologico, mediante il servizio di car sharing rappresentano una piattaforma di condivisione socialmente sostenibile.
Descrizione La pensilina posta a copertura dei parcheggi e costituita da una struttura in legno lamellare, formata da elementi verticali portanti e un impalcato piano leggermente inclinato di 3 gradi, formato da travi principali e secondarie. Lo schema statico cui fa riferimento la sezione trasversale e quello di una trave appoggiata appoggiata su pilastri diagonali binati. Dal punto di vista tecnologico il collegamento tra trave principale e pilastro consiste in un incastro “a coda di rondine” tra legno e legno.
Lo schema strutturale della sezione longitudinale e costituito da un’orditura principale e una struttura secondaria. Lo strato di pannelli, decorati con un motivo che ricorda le foglie dei numerosi alberi del contesto circostante, rappresenta un valore aggiunto per il progetto, incidendo in misura minima sui costi finali di realizzazione oltre a caratterizzare il luogo dove il parcheggio è inserito, conferendogli bellezza e identità. La scelta progettuale di usare un tale sistema di captazione non convenzionale è dettata dalla volontà di dotare la struttura lignea della pensilina di un pannello solare trasparente, leggero e svincolato dagli altri, richiamando metaforicamente la forma e soprattutto la funzione della foglia come elemento in grado di trasformare la luce del sole in energia. L’energia elettrica prodotta viene quindi immessa direttamente nella rete elettrica comunale tramite opportuno allaccio da parte dell’ente gestore dell’energia.
L’elettricità prodotta alimenta le 3 colonne di ricarica per automobili e le 3 colonnine di ricarica per biciclette elettriche. All’ estremità sinistra della pensilina sono collocate le colonnine di ricarica per l’alimentazione dei veicoli elettrici con prese SCAME.
A come Accoglienza. Il Sud è ambiente ospitale per definizione. Accogliente è il silenzio delle strade di paese, rotto solo dal rumore porte che si aprono e si chiudono e di piedi che scendono e risalgono rampe di scale in pietra; i volti di donne anziane incorniciati dagli stipiti delle portefinestra, le sedie appoggiate ai muri nei pomeriggi estivi quando le strade diventano i corridoi di un’unica casa comune. Accoglienza è“una casa con la porta aperta”, dove le regole dell’ospitalità sono il presupposto della visita , e i comportamenti civili non sono imposti da particolari dispositivi di sicurezza ma affidati al senso di responsabilità dei singoli. Predisporre luoghi di sosta lungo strade pubbliche significa non solo offrire un servizio tanto ai visitatori quanto ai residenti ma costituire un vero e proprio presidio del territorio, difendibile proprio per la sua utilità e concepito come una “stanza” aperta sul paesaggio.
A come Adattabilità. Il progetto prevede l’installazione di padiglioni removibili, replicabili e adattabili ad ogni tipologia di attività, dall’ostello, ai punti vendita a km 0, a laboratori per la ricerca. Costituiti da scatole di legno prefabbricate che si aprono e chiudono telescopicamente sono facili da trasportare. Sono dotati alla base di una pedana in legno con piedini regolabili che consentono l’adattamento a qualsiasi tipo di terreno.