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identità, paesaggio, strategia - Francesco Ruocco

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L’elaborazione è frutto dell’approfondimento sui temi dello sviluppo per il territorio del Cilento condotto a partire dagli esiti della ricerca “Modalità di definizione e attuazione di un Piano Strategico di Sviluppo Globale di un’area protetta: il caso del Distretto Turistico-Culturale del Cilento” (2005-2007, Centro Interdipartimentale di Ricerca in Urbanistica ALBERTO CALZA BINI, Università degli Studi di Napoli FEDERICO II), alla quale si è partecipato attivamente e con intenso impegno. La ricerca del C.I.R.U. Alberto Calza Bini è stata condotta in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Si.T.I di Torino.

Francesco Ruocco — identità, paesaggio, strategia

modello strategico per la riforma amministrativa

PREMESSA Il presente contributo alla definizione di un Masterplan per il territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni si propone di ripartire dal processo storico che ha portato all’istituzione dell’area protetta nazionale, al fine di “ritessere” trame poco esplorate anche se tuttora di forte contenuto strategico. In particolare si intende riproporre l’istanza di rilancio del territorio cilentano dalle condizioni di marginalità socio-economica che ne hanno caratterizzato la storia. Il binomio tutela/sviluppo (nelle forme necessariamente durevoli, eco-sostenibili e morfologicamente significative) rimane la sfida essenziale della “CITTA’” del PNCVDA. In questo senso si è inteso correlare le tre categorie dell’IDENTITA’, del PAESAGGIO e della STRATEGIA. L’identità di un territorio, piuttosto che una forma immutabile, si è intesa come il difficile esito di un processo continuo e condiviso di cambiamento, dunque un processo storico. Del “Paesaggio” se ne è esaltata la sua natura relazionale, che suggerisce, di conseguenza, la necessità di approcci transcalari e transdisciplinari al fine di promuovere la qualità delle forme materiali (ed immateriali) “tra gli spazi” piuttosto che semplicemente “degli spazi”. Riconoscendo la categoria CITTA’ come forma e motore dello sviluppo, come storicamente si è constatato, attraverso l’approfondimento di un approccio strategico si è inteso contribuire, in via argomentativa e progettuale, a definire la CITTA’ del PNCVDA ovvero a strutturare il “capitale umano per l’innovazione”, proprio della esperienza urbana, ma che in questa sede deve costruire il suo stesso luogo o ritrovarne tracce nei luoghi del Parco, certamente significativi come la città di Poseidonia-Paestum, la città di Elea-Velia, l’architettura-territorio della Certosa di Padula, la rete articolata e variegata degli insediamenti monastici italo-greci che permette di intravedere la CITTA’ nell’immagine del CILENTO TERRITORIO-CONVENTO.

1. GLI AMBITI DI PROPOSTA L’idea-progetto che si propone, come evidenziato nella TAVOLA 1, si articola in più proposte progettuali, a scala differente:

a) IL PNCVDA alla scala interregionale e le correlazioni strategiche e tattiche con le aree protette nazionali e regionali prossime, al fine di costituire reti materiali ed immateriali garanti di massa critica, di strutturazione differenziata dell’offerta di beni e servizi ambientali ed ecosistemici, di nuovo posizionamento regionale e globale di una vera e propria REGIONE VERDE.

b) La proposta di riformulazione del quadro programmatico del Piano Territoriale Regionale PTR per il territorio del PNCVDA, nonché la proposta di riformulazione delle strutture per il governo di area vasta del territorio del PNCVDA, di cui si avverte la necessità di un approfondimento allargato, posto il processo avviato di abolizione delle Province. In questo senso si è da un lato riformulato il quadro programmatico del PTR a partire da un modello di pianificazione strategica, dall’altro definito un modello strategico-programmatico alternativo che possa accompagnare e strutturare una riforma dell’assetto amministrativo nel territorio del PNCVDA.

c) Se il quadro programmatico del PTR evidenzia un approccio sostanzialmente redistributivo, l’approfondimento delle differenze dei luoghi, comprese le criticità e potenzialità, esaltate dalla ricognizione dei valori del paesaggio, ha permesso di riconoscere macroaree o macrostrutture intenzionalmente selezionate e non dedotte semplicemente dall’assetto amministrativo. La riformulazione delle proposte del PTR, pertanto, si è esemplificata con un dettaglio di proposta sul sistema montano del Gelbison-Cervati, “attivato” dalla rosario di centri montani che lo cinge.

Obiettivo 1 – Identità e paesaggio culturale Azione 2 – Reti materiali e immateriali con le Province e le Regioni Confinanti

Obiettivo 3 – Implementare la mobilità sostenibile e la fruibilità del territorio Azione 1 – Corridoio plurimo Battipaglia-Sapri sia nella componente stradale che ferroviaria, rilanciando il progetto dell’alta velocità fino a Reggio Calabria

2. “LA CITTA’ DEL PARCO” Ripreso dalla stazione orbitante spaziale, il territorio del PNCVDA manifesta l’appartenenza obbligata alla CITTA’ GLOBALE. Più specificamente si evidenzia il rapporto di stretta correlazione con le aree metropolitane di Napoli (e Roma) e Bari. L’immagine evidenzia, inoltre, oltre alle terre emerse, anche la matrice avvolgente del Mar Mediterraneo orizzonte storico e naturale per il territorio e le comunità del PNCVDA. Il Mediterraneo come sede naturale di scambi globali di beni materiali ed immateriali, di culture e lingue, è all’origine del Paesaggio Culturale “custodito” nel PNCVDA, come attestato dal riconoscimento UNESCO (il ruolo svolto dal Cilento nelle connessioni EST-OVEST). Tuttavia cosa si intende per “CITTA’” se una ricerca ESPON del 2006 evidenziava il vuoto o “deserto urbano” nel transetto tirrenico-jonico del Cilento-Val d’Agri-Pollino?

Nel 2008 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale e si prevede nel 2050 che il 75% della popolazione mondiale risiederà nelle città. Eppure vi è una crescente innovazione che avviene nel territorio rurale, principalmente di tipo tecnologico ed energetico, ma anche in termini di nuovi stili di vita. Quale ruolo allora del Cilento? Herkunft, ripartiamo dunque dalla storia. La letteratura testimonia le cronache crudeli e drammatiche delle condizioni di vita nel Cilento nell’Ottocento, evidentemente acuite dalla particolare orografia del territorio, comune anche al Lagonegrese ed al confine calabro-lucano. Tuttavia tracce di futuro appaiono nelle descrizioni armoniose di Ungaretti (appare Elea…), ma il paesaggio urbano di Palinuro, come biancheria stesa al sole, nel tempo farà posto ad un paesaggio differente ed il più delle volte anonimo e dequalificante. Ecco dunque che anche la “meraviglia dei luoghi” per divenire seme di nuovo sviluppo ha bisogno di modelli e strutture adeguate, per superare il modello “esterno ed estraneo” che dagli anni ’60 ha cominciato a diffondersi anche nel Cilento.

Un nuovo modello ha significato in primis rivendicare il Cilento, Vallo di Diano e Alburni come “sistema unitario”. Ma se le numerose proposte per l’istituzione della Provincia hanno avuto scarso esito, negli anni ’90, finalmente, si riconosce l’unità del territorio attraverso l’istituzione del Parco Nazionale e, dunque, anche il valore delle risorse naturali, ambientali e paesaggistiche custodite, quindi successivamente addirittura il valore eccezionale di Paesaggio Culturale di qualità come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Il riferimento al riconoscimento UNESCO concernente il Cilento come “Paesaggio Culturale” e dunque il rapporto tra uomo e territorio piuttosto che il valore naturalistico in senso stretto dell’area, conferma la necessità di approfondire il binomio tutela/sviluppo. In questo senso ci si riferisce all’interpretazione della proposta di legge dei senatori Pinto e Coviello del 6 maggio 1988 sul Sistema delle aree protette del Mezzogiorno Continentale: la proposta non si limitava a richiedere l’istituzione di un’area protetta riportandone il perimetro, ma alla definizione combinata di un sistema di aree protette e direttrici locali, regionali e interregionali. La proposta di legge, a sua volta, si ricollegava alla proposta di modello programmatico del PROGETTO 80 (1968) dove le aree protette e naturalistiche-ricreative, da individuare nelle cosiddette zone estensive, erano complementari e correlate con i sistemi metropolitani a rango differenziato ed i sistemi urbani di raccordo. Tuttavia le aree protette saranno in seguito istituite separatamente.

Si ritiene, dunque, che soltanto in un ottica transcalare e transdisciplinare ovvero integrata e non settoriale (e pertanto è legittimo parlare di “città”) è possibile proporre il Parco come modello di “new rural prosperity”, come immaginato nel 1973 dallo scienziato E.M.Nicholson in un convegno a Castellabate sulle aree marine protette. Nella tesi dello scienziato si esaltava l’alleanza tra pescatori, contadini ed ecologisti, anticipando il ruolo dei transetti costa-entroterra riferimento del riconoscimento UNESCO ovvero i corridoi culturali-ecosistemici o corridoi ecologici. Secondo una visione integrata, dunque, è naturale inquadrare il territorio del PNCVDA alla scala interregionale ove il cosiddetto “deserto urbano” della ricerca ESPON 2006 evidenzia una orografia comune ed un ruolo strategico delle valli interne, da rilanciare come centralità di un sistema se non unitario quanto meno fortemente correlato anche grazie all’attivazione delle opportune “direttrici”. L’arco dell’Appennino Lucano permette di individuare un sistema territoriale che comprende ben tre parchi nazionali del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, della Val d’Agri-Lagonegrese, del Pollino, una vera e propria Regione Verde. Tra le catene montuose prevalenti che corrono in direzione NO-SE si incuneano numerosi corridoi fluviali, configurandosi un sistema primario di continuità ecologica di particolare qualità. Di conseguenza si definisce un sistema di aree protette nazionali Agri-Cilento-Pollino di quasi 800.000 ha comprese le aree contigue, per una popolazione di circa 530.000 abitanti, esteso dal Tirreno allo Jonio, attraversato dal corridoio pluimodale Berlino-Palermo, servito dal porto e aeroporto di Salerno e da una rete viaria a scorrimento veloce che si dirama dall’asse autostradale interno, caratterizzato da un patrimonio variegato di risorse ambientali, paesaggistiche e storico-culturali ed articolato in subsistemi vallivi primari e secondari.

3. UNA VISIONE STRATEGICA ALLA SCALA INTERREGIONALE

3.1. UNA PROPOSTA STRATEGICA Posta dunque l’attenzione alla scala interregionale, si propone come prima articolazione dell’idea-progetto, l’approfondimento del tracciato proposto in variante Ogliastro-Sapri relativo al prolungamento della linea ferroviaria Alta capacità/Alta velocità da Battipaglia a Reggio Calabria. La proposta è in corso di progettazione da parte di RFI ed è riportata, per grosse linee, nel PTCP 2012 di Salerno (tav. 2.1.1.b, “il sistema delle relazioni”).

Il tracciato percorre il territorio del Parco a distanza dalla costa, praticamente quasi parallelo alla superstrada Cilentana, per poi continuare con percorso costiero a ridosso dell’attuale sede nel territorio della Regione Calabria. Si ritiene troppo importante l’innovazione nella modalità di trasporto a lunga distanza e a forte velocità, non comportante incremento del numero di veicoli, per poter essere oggetto soltanto di approfondimenti settoriali o trasportistici. L’innovazione potrebbe permettere una correlazione diretta, sostenibile e competitiva all’intero sistema delle aree protette Agri-Cilento-Pollino a partire dalle realità urbane e metropolitane, nazionali ed europee, favorendo tipologie di fruizione turistica-ricreativa più attuali. L’innovazione, dunque, al pari del processo di superamento progressivo del digital divide, risulta strategica per lo sviluppo sostenibile dei territori estensivi del “deserto urbano” Agri-Cilento-Pollino

Rispetto alla proposta RFI si propone un percorso secante ed interno che attraversa la Valle del Calore (Cilento), il Vallo di Diano (Agri), il nodo di Lauria (Pollino) con diramazione successiva in alternativa lungo l’attuale percorso lungo costa (Valle del Noce) o verso la Piana di Sibari, più strategico perché baricentrico. La diramazione verso l’Appennino assume ruolo strategico in una prospettiva interregionale, oltre a favorire le connessioni tirreno-adriatiche-joniche. I nodi-stazione sono immaginati come integrazione tra la segnica morfologica e le singolarità ambientali e paesaggistiche. La Stazione Agri nel Vallo di Diano, per esempio, è fuoco simmetrico della Certosa di Padula, mentre la stazione-museo del parco CILENTO, è intenzionalmente pensata nell’area interna e critica della Val Calore, per alleggerire la costa e attestarsi come porta sostenibile per la fruizione del cuore montano del Parco (turismo scientifico, escursionistico, scolastico), correlata con la Fondovalle Calore in via di completamento.

La stazione AC/AV Cilento, nella Val Calore, distante dunque dalle realtà più congestionate della costa, ma con queste evidentemente correlata grazie al sistema delle connessioni in via di potenziamento (Fondovalle Calore, variante alla SS18 tra Agropoli ed Eboli-Campagna) intende esaltare con la sua collocazione il più diretto rapporto con la natura e con il sistema naturalistico degli Alburni, del Gelbison e del Cervati. In questo senso non si può che riferirsi alla permeabilità del segno di Kengo Kuma per la stazione internazionale in Val di Susa.

3.2. UNA PROPOSTA TATTICA

Le orografie del territorio cilentano, lagonegrese, del confine calabro-lucano hanno favorito a partire dal VI-VII sec. d.C. l’arrivo di monaci dall’Oriente per sfuggire dalle invasioni arabe e dalle lotte iconoclaste. Le regioni del Cilento e dell’Alta Calabria, dunque, sono accomunate dalla presenza di una diffusa rete di insediamenti monastici nelle variegate forme dell’eremo, della laura (prime forme di vita associata non stabile), del cenobio. Ne sono derivate le tracce insediative nell’area del Cilento, del Latinianon (Lagonegrese) e nel Mercurion (Valle del fiume Lao), degne di un approfondimento in termini di strategia interregionale per la tutela e valorizzazione del sistema a rete di risorse materiali ed immateriali, culturali e naturali, artistiche e paesaggistiche. Opportuno riferimento a supporto è da trovare nel QSN 2007-2013 attraverso il Programma Operativo Interregionale Nazionale “Attrattori culturali, naturali e turismo”, con 305 Meuro per la Regione Campania. Un progetto sulla rete del monachesimo italo-greco può costituire un innovativo contributo allo sviluppo di una visione e di una strategia interregionale. L’antica rete insediativa monastica tra il Cilento, il Latinianon ed il Mercurion, trova oggi una evidente correlazione con lo sviluppo del Credito Cooperativo associato, secondo un’armatura diffusa dalle coste tirreniche a quelle joniche, coinvolgendo tre Parchi Nazionali e proponendo, di fatto, una rinnovata rete fondativa di strategie interregionali. Il Credito Cooperativo potrebbe supportare il fondamento storico, culturale, artistico e religioso di queste correlazioni.

4. IL PIANO TERRITORIALE REGIONALE ED IL PNCVDA: MATRICI METODOLOGICHE DI RIFORMULAZIONE

Al fine di analizzare l’interpretazione del Piano Territoriale Regionale PTR (Lr 13/2008) del territorio del PNCVDA, si propone un approfondimento delle caratteristiche dei paesaggi cilentani, ritenendo che la natura relazionale della descrizione paesaggistica sia lo strumento opportuno per cogliere criticità e potenzialità oltre il riferimento all’assetto amministrativo attuale, come presente nel PTR. Il rapporto tra uomini e terre nel Cilento trova un importante fattore discriminante nel tipo di matrice terrigena ove sorge l’insediamento. La matrice terrigena prevalentemente flyshoide favorisce morfologie ricche di crinali e controcrinali, spesso nella forma stellare (Monte Stella), mentre la matrice terrigena prevalentemente carbonatica evidenzia le curve di livello di incontro tra matrici a diversa permeabilità e, pertanto, il sistema insediativo si localizza in corrispondenza dei punti ove si hanno sorgenti. In quest’ultimo caso ne deriva il sistema insediativo a rosario attorno al massiccio carbonatico (Alburni). La lettura congiunta dei segni caratterizzanti la morfologia delle terre e i segni della modalità insediativa dell’uomo (insediamenti e connessioni), ovvero la lettura delle configurazioni strutturali del territorio, suggerisce la descrizione intenzionale che permette di selezionare macrostrutture o ambiti di riferimento.

Nell’ambito del PTR, inoltre, il Cilento, Vallo di Diano e Alburni sono inquadrati nell’Ambiente Insediativo n.5, confermandone l’interpretazione unitaria. L’articolazione del territorio regionale in Ambienti Insediativi potrebbe suggerire la definizione di Ambiti Ottimali per l’esercizio di funzioni di area vasta, in sede di abolizione delle province, come richiesto dall’art.19 della L.135/2012. Tuttavia, l’ambiente insediativo n.5 è approfondito principalmente secondo l’articolazione amministrativa delle Comunità Montane nella forma di Sistemi Territoriali di Sviluppo, con dominante a prevalenza naturalistica, intesi come ambiti omogenei di riferimento per la programmazione regionale. Emergono quanto meno quattro criticità nell’interpretazione del PTR:

a) non è approfondita alcuna lettura in senso interregionale, in modo particolare del Vallo di Diano, pur coltivando la Regione Campania la connessione trasversale con la direttrice Napoli-Bari;

b) l’interpretazione delle dominanti ratifica uno stato di fatto piuttosto che descrivere strategicamente il territorio; pertanto si conferma per il Cilento “la vocazione naturale alla natura”, riducendosi la tesi del PTR ad una strategia essenzialmente redistributiva;

c) il riferimento principale dei Sistemi Territoriali di Sviluppo al perimetro amministrativo delle Comunità Montane, per il Cilento e Vallo di Diano, non permette di cogliere suggerimenti che si deducono, ad esempio, dalla conformazione strutturale del territorio e, dunque, dalle macroaree che intenzionalmente si possono definire per esaltare differenti potenzialità e correlazioni dell’intera area protetta. Due esempi sono la macroarea naturalistica del Gelbison-Cervati, cuore del sistema parco, frammentata in quattro STS (perché in quattro comunità montane) ed il nodo strategico di Elea-Velia, ove convergono tre STS (ancora tre comunità montane) che snaturano l’unità storico-culturale e paesaggistica della Chora Velina;

d) si evidenzia la scelta del PTR di puntare sul rafforzamento del sistema a grappolo che ruota attorno a Vallo della Lucania e del sistema policentrico del Vallo di Diano, come centralità principali dell’Ambiente Insediativo. Tuttavia emerge allo stesso tempo l’assenza di progettualità di ampio respiro nella forma di Campi Territoriali Complessi, diffusi in altre aree regionali.

In conclusione, nell’analisi del PTR, il riferimento all’articolazione amministrativa delle Comunità Montane viene superato dalla “descrizione intenzionale e strategica” dei paesaggi del Parco, a partire dal riconoscimento di configurazioni strutturali del territorio e di un sistema di Macrostrutture o ambiti. La proposta di un modello di piano strategico supporta il quadro programmatico dedotto. A partire, dunque, dalla individuazione delle macrostrutture per la riformulazione del PTR si propone un approfondimento metodologico su di un MODELLO DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA, basato sulla correlazione tra identità, paesaggio e strategia, ed inteso come processo argomentativo e relazionale di progressivo affinamento prima del quadro dei valori condivisi, quindi delle effettive criticità cui rispondere e delle potenzialità da esaltare, infine delle alternative programmatiche e progettuali conseguenti. La definizione di un’IDEA FORZA, esaltante il rapporto uomo-natura, suggerito dal riconoscimento UNESCO di Paesaggio Culturale piuttosto che dallo status di area protetta, si è tradotta in una VISIONE STRATEGICA alla scala locale ed interregionale. La Visione è stata riarticolata per PROCESSI STRATEGICI da “attivare” mediante TEMI CATALIZZATORI. La territorializzazione dei TEMI avviene per Programma di progetti nella forma di PROGETTI BANDIERA, dominio della convergenza istituzionale, sociale e programmatica per ciascun ambito di riferimento.

Il modello programmatico correlato con il modello di pianificazione strategica evidenzia il ruolo attribuito a ciascuno degli ambiti o macrostrutture individuate in precedenza, eventualmente affinate nella perimetrazione. Il modello programmatico trova il suo fondamento nelle due tesi della Centralità della Valle Interna e del rapporto Arco e Contrarco ovvero garantire al territorio cilentano l’ancoraggio della superstrada cilentana all’asse autostradale, sia a Nord (Agropoli-Eboli/Campagna) sia a Sud con la dorsale collinare Policastro Rivello. L’integrazione funzionale, paesaggistica ed ambientale per interventi di ruolo sovralocale necessita dedicati approfondimenti progettuali transcalari e transdisciplinari. Pertanto si propone di integrare il PTR con due Campi Territoriali Complessi, dei quali il primo con riferimento alla dorsale collinare alle spalle di Sapri ed il secondo con riferimento al transetto Vallo di Diano-Paestum coinvolgente il sistema della Val Calore ed oggetto della proposta di nuovo asse ferroviario AC/AV Battipaglia-Reggio Calabria con diramazione interna rispetto alla proposta di RFI. Dalle tesi che emergono si evidenzia l’attenzione al sistema storicamente e paesaggisticamente critico della Val Calore, in costante spopolamento da decenni. Il Campo Territoriale Complesso avrebbe l’intenzione, in tal caso, di “ispessire” di valori, di segni e di funzioni la direttrice della Fondovalle in via di completamento. Infine si evidenzia la correlazione tra Vallo della Lucania ed il dipolo Ascea-Casalvelino, cluster di ruolo primario e controfuoco sulla costa del sistema policentrico del Vallo di Diano all’interno.

4.1. UNA PROPOSTA ESEMPIO

A supporto del modello di piano strategico si è definito un processo valutativo correlato ed articolato in valutazione di contesto, di processo e di performance. Attraverso una prima verifica del modello di piano strategico e della correlata modalità di valutazione è emerso, per esempio, l’incidenza del tema catalizzazione “Rete degli EcoBorghi dell’Ospitalità” rispetto al quadro dei processi strategici definiti. Il risultato è interessante non solo rispetto al variegato e diffuso patrimonio edilizio in disuso, specie nei centri storici dei comuni cilentani, ma anche rispetto al patrimonio immobiliare dello stesso Ente Parco, che nel tempo si è composto e che attende ancora un durevole e credibile progetto di valorizzazione e messa a reddito. Il tema catalizzatore “la Rete degli EcoBorghi dell’Ospitalità” trova riferimento metodologico ed operativo nella recente proposta di legge regionale “Strumenti di rigenerazione urbana dei centri storici” che promuove in sede di redazione dei Piani Urbanistici Comunali, per i comuni con popolazione <15.000 abitanti), il Piano programmatico-operativo del Centro Storico basato sulla correlazione tra Ambiti di Rigenerazione o interni al centro storico ed Ambiti di Riqualificazione e/o Trasformazione esterni, attraverso un sistema di misure premiali integrato di tipo volumetrico, fiscale, finanziario.

Il tema catalizzatore della “Rete degli EcoBorghi dell’Ospitalità” può trovare territorializzazione, per esempio, nell’approfondimento programmatico dell’ambito corrispondente al sistema montano del Gelbison-Cervati al fine di rigenerare il tessuto dei centri storici che si dispongono a rosario.

PROGETTO BANDIERA

Realizzazione del prodotto turistico Gelbison-Cervati incentrato sul turismo naturalistico e scolastico; sistema a rosario con programma ricettivo distribuito tra i centri e gerarchizzazione dei nodi in funzione della accessibilità esterna. Nuova connessione Cannalonga-Campora. E ammodernamento tratto Sanza-Rofrano. Infrastrutturazione della montagna con sentieristica, cartellonistica, tecnologie wi-fi a servizio della didattica, strutture ricettive aperte per brevi soste, aree campeggio scolastico. Progetto Pruno di promozione del turismo montano attorno al borgo di Pruno di Valle dell’Angelo. Centralità di Rofrano, Novi Velia e Piaggine, strutture sportive per colonie di scolaresche. Promozione del Gelbison-Cervati nella rete delle mete del trekking ed escursionismo internazionale. Verifica di piccole strutture congressuali qualificate (Piaggine). Riutilizzo del patrimonio del Parco (Laurino, Monte San Giacomo, Piaggine, Cannalonga, Novi Velia) a servizio della fruizione didattica. Coinvolgimento delle associazioni locali. Target turistico: naturalistico/scolastico

5. SCENARI ATTUALI DI CAMBIAMENTO: LA CORRELAZIONE TRA MODELLO STRATEGICO E RIFORMA AMMINISTRATIVA, LA COMUNITA’ DEL PARCO COME“COMUNITA’DEI SINDACI

Attraverso un approfondimento ulteriore si sono correlate le precedenti istanze di visione interregionale e di riformulazione del quadro programmatico del PTR a partire da una lettura più specifica del territorio o “descrizione intenzionale” con le innovazioni di senso e di metodo che suggeriscono nuovi elementi presenti all’attualità.

In prima istanza si evidenzia l’evoluzione del dibattito in corso da tempo sull’abolizione delle provincie e, di conseguenza, sulla necessità di una riforma dell’assetto amministrativo attuale, in particolar modo per i comuni minori, nel senso dell’unione di comuni e/o della fusione amministrativa, comunque dell’obbligo all’esercizio in forma associata della maggior parte delle funzioni fondamentali. Ispirandosi al principio di correlare sempre una rinnovato quadro amministrativo con un dedicato modello programmatico ed istituzionale, si propone un approfondimento sul rapporto tra riforma amministrativa, modello strategico e riordino istituzionale, con riferimento specifico al ruolo possibile della Comunità del Parco.

Questo organo dell’Ente Parco, in particolare, disciplinato dall’art.10 della Legge quadro n.394/1991, vede di fatto incrementare il suo ruolo all’interno del Consiglio Direttivo in base al Regolamento di riordino degli enti vigilati dal Ministero dell’Ambiente (DPR n.73 del 16.04.2013). Il Consiglio Direttivo del Parco, adesso costituito da 8 membri, vede per la metà (4) rappresentanti della Comunità del Parco (dunque Regione, Provincia ed enti locali), scelti anche tra esperti in materia di aree protette e biodiversità. Essendo inoltre la Giunta esecutiva (nominata dal Consiglio Direttivo) ridotta a tre unità, compreso il Presidente, è evidente il maggior peso che assume la Comunità del Parco e, dunque, la necessità di questa di strutturarsi oltre l’episodico incontro semestrale. La strutturazione potrebbe avvenire attraverso la costituzione di COMMISSIONI interne, meglio ancora se supportate Unità Tecnico e Scientifico-Metodologica.

Questo “rafforzamento” in seno all’Ente Parco dei rappresentanti territoriali trova una convergenza possibile con gli effetti della Legge 135/2012 sul riordino degli enti locali, in particolare negli articoli 18 e 19 che non sono stati riconosciuti incostituzionali dalla Corte. Nel processo comunque in corso di “svuotamento di poteri” o abolizione delle province, è necessario interrogarsi sul destino delle funzioni di governo di area vasta. Secondo la legge 135/2012 è prevista l’obbligatorietà dell’esercizio associato di funzioni fondamentali per i comuni al di sotto di 5.000 abitanti (o di 3.000 abitanti per quelli appartenenti a Comunità Montane); si definisce inoltre un limite demografico minimo per le unioni di comuni (10.000 ab, rivedibile dalle regioni); si prospetta che le funzioni di governo di area vasta (come rifiuti, scuola, pianificazione territoriale, risorse idriche e depurazione, viabilità, protezione dell’ambiente e difesa suolo, valorizzazione BB.CC.) siano da esercitarsi attraverso “comunità di sindaci”, senza nuovi oneri, che possono a loro volta ricorrere agli strumenti della convenzione (art.30 D.Lgs. 267/2000) o del consorzio (art. 31 D.Lgs. 267/2000). Al tempo stesso le regioni devono individuare gli ambiti ottimali per l’esercizio associato delle funzioni fondamentali da parte dei comuni. Il territorio del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dunque, dopo aver lottato invano per veder istituita la provincia, si ritrova in periodo di abolizione delle province con una esperienza di governo di area vasta già attivata anche se non strutturata in modo opportuno.

La strutturazione della comunità di sindaci, vuoi all’interno dell’Ente Parco vuoi rispetto al tema della gestione in forma associata delle funzioni fondamentali, è ormai una necessità. In questo senso si propone il riferimento all’Agenzia di Pianificazione, unità tecnico-scientifica di supporto all’amministrazione pubblica con compito di attivazione dei processi partecipativi, di definizione degli scenari progettuali e previsivi, di valutazione e progettazione, sul modello dell’Agence d’Urbanisme dell’esperienza francese, oggetto di studio da parte della Comunità Montana Lambro e Mingardo, per esempio, all’interno del Progetto ISMENE (1999-2001).

La Regione Campania potrebbe trovare riferimento nel PTR ed in particolare negli Ambienti Insediativi per definire gli ambiti ottimali di cui sopra, con riferimento per esempio all’esercizio del governo del territorio di area vasta. In tema di pianificazione del territorio, per esempio, il Piano del Parco (sul quale si ricorda la Comunità del Parco esprime il suo parere obbligatoriamente) potrebbe essere integrato da componenti strutturali e strategiche, rappresentate in scala 1:10.000, per l’intero territorio, indicando le aree di trasformabilità urbana (art. 9 comma 3 del Regolamento attuativo n.5/2011 della Lr 16/2004) come zone “D” di promozione economica e sociale (zone urbane o urbanizzabili). Successivamente i comuni del parco dovrebbero far proprio il piano del parco come piano strutturale e redigere il Piano programmatico-operativo (art.9 comma 6 del suddetto Regolamento) esteso alle zone “D” del Piano del Parco.

La necessità di una revisione del Piano del Parco e, soprattutto, di una sua specifica rappresentazione alla scala minima 1:10.000 sono anche l’effetto della recente Sentenza del Tar Campania Sez. Salerno n.2153 del 27.11.2012 (sospesa tuttavia nell’esecutività dall’Ordinanza n.892 del 13.03.2013 del Consiglio di Stato), concernente le criticità che sorgono con un Piano rappresentato in scala 1:50.000.

A partire dunque dalle istanze convergenti intraviste e sopra riportate, si è formulata una proposta di riassetto amministrativo del territorio del Parco e aree contigue, correlato ad un modello strategico. Il modello strategico è basato sul rafforzamento della centralità interna del Vallo di Diano e della centralità tirrenica della Valle dell’Alento dove si correla il sistema insediativo a grappolo che ruota attorno a Vallo della Lucania con il dipolo costiero Ascea-Casalvelino. Di conseguenza si propongono le fusioni amministrative nel Vallo di Diano (Comune di Vallo di Diano), nel comprensorio di Vallo della Lucania (Comune di Gelbison) e nel dipolo Ascea-Casalvelino (Comune di Velia). Queste centralità del modello sono riconosciute come cluster primario di 1° livello, servite o dall’asse autostradale (integrato in previsione dall’asse ferroviario AC/AV) o dalla superstrada Cilentana (con il raccordo in completamento dalla Fondovalle Calore Campagna-Vallo delle Lucania). Si definiscono, successivamente due clusters primari ma di 2° livello ovvero la fusione amministrativa attorno a Sapri (Comune di Policastro) e l’Unione di Comuni attorno a Capaccio-Paestum e Agropoli (Unione di Comuni Paestum). Questi due clusters, porta nord e porta sud del Parco, sono alleggeriti dalla previsione dell’ancoraggio della Cilentana all’asse autostradale attraverso la dorsale collinare Policastro-Rivello e la variante alle SS18 Agropoli-Eboli/Campagna. Si perimetrano, inoltre, clusters secondari di 1° livello (quelli costieri come l’Unione di Comuni Monte Stella e l’Unione di Comuni Molpa o Palinuro) e di 2° livello (quelli interni e “naturalistici” dell’Unione di Comuni Cervati, dell’Unione di Comuni Alto Bussento, dell’Unione di Comuni Medio Sele). A questi si aggiungano clusters di raccordo, per lo più vallivi, come l’Unione di Comuni Alto Alento e l’Unione di Comuni Media Valle del Mingardo, oltre all’Unioni di Comuni Tanagro con ruolo di raccordo interregionale verso il potentino. Si evidenzia, infine, il cluster definito “in evoluzione” dell’Unione di Comuni Val Calore che, grazie al rafforzamento della connessione stradale e ferroviaria proposta, diviene Porta Interna al Parco, attestamento per la fruizione del cuore del Parco. In conclusione il modello strategico, correlato con il proposto quadro di riassetto amministrativo, è di fatti basato sul tentativo di alleggerire la fascia costiera e reintegrare il sistema della Val Calore nell’assetto più generale, promuovendo l’ulteriore aperture del PNCVDA alla Regione Verde Agri-Cilento-Pollino ed al sistema più generale delle aree metropolitane del Paese.


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