Il tema progettuale si basa sull’ipotesi di studio di una “Agenzia Parco dell’Oreto”. Tale agenzia, è un’azienda composta sia da enti territoriali di governo, che da soggetti privati, da qui nasce l’esigenza di creare un brand unico che sia componente caratterizzante dell’identità dell’agenzia, dei suoi prodotti e di tutta la sua comunicazione. Tramite l’applicazione di tale brand l’agenzia potrà accrescere in modo coerente, la riconoscibilità e la riconducibilità al patrimonio del Parco dell’Oreto, migliorandone l’immagine e rafforzandone l’identità sia all’interno dell’agenzia stessa, tra i differenti soggetti che la compongono (proprietari / produttori), che all’esterno di essa, tra coloro che usufruiranno del parco e dei suoi prodotti (utenti / consumatori). Il brand sarà accompagnato da un Manuale d’identità. Tale manuale, raccoglie in forma organizzata il sistema d’identità visiva, ne indica le componenti, e ne fissa, per ognuna di esse, le modalità per una corretta e uniforme applicazione. In esso sono inoltre contenute le indicazioni di qualsiasi stampato o elemento dell’agenzia. Non è tuttavia sufficiente creare un brand ed il relativo manuale d’identità, lo scopo ultimo è infatti quello di definire progettualmente, un esempio di quei processi legati al design dei servizi. Con il termine “servizi” Manzini intende l’integrazione nel tempo di relazioni, tra soggetti e tra soggetti e sistemi materiali, finalizzate all’ottenimento di un risultato il cui valore sia congiuntamente riconosciuto dagli attori sociali coinvolti. Mentre “design” sta per “strategia” e si riferisce ad una serie di mosse tramite cui l’azione di chi opera in modo intenzionale e finalizzato (il progettista) interagisce positivamente con quelle di altri attori promuovendo un più complesso e articolato fenomeno di innovazione sociale. Il servizio esiste perché i soggetti coinvolti (chi ne è“utente” e chi ne è“produttore”) riconoscono che dalla loro cooperazione si genera un valore che porta a realizzare tra di essi, delle forme di legame e quindi una forma di comunità. Nella fattispecie si tratta di realizzare un prodotto, uno o più artefatti comunicativi, oggetti e sistemi di oggetti, che tengano conto del concept voluto dall’agenzia, che per natura sociale gestisce un parco naturale, ovvero un luogo di interesse pubblico che la L.R. n°98 del 1981 descrive come: «…quelle aree territoriali o marine di vaste dimensioni, che presentano rilevante interesse generale a motivo delle loro caratteristiche morfologiche, paleontologiche, biologiche ed estetiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna, per provvedere alla conservazione delle caratteristiche stesse ai fini scientifici, culturali, economico-sociali e dell’educazione e ricreazione dei cittadini…». A tal proposito, al prodotto si dovranno legare sia le specificità del luogo, sia le finalità dell’agenzia stessa, nell’ambito dello sviluppo dell’economia e di un corretto assetto dei territori interessati per favorire l’uso sociale, pubblico e privato dei beni stessi, i quali non potranno prescindere da concetti quali sostenibilità e compatibilità. Tali concetti, sono propri anche del design modernamente inteso, per cui è sostenibile solo quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità alle generazioni future di soddisfare i propri. In questa metamorfosi rimane invariata la regola per cui i benefici devo essere superiori ai costi, ma ai meri benefici tradizionali (estetica, praticità, qualità), si accostano i valori apportati dalla cultura sostenibile: promuovere soluzioni, generare scenari, amplificare i segnali. Nel ragionare sui possibili “gadget per il parco”, mi sono concentrato sul desiderio di ideare un artefatto comunicativo, che fosse quotidianamente sostenibile e quindi coerente con le considerazioni fatte sul concept dell’agenzia. Dunque sin da subito, non ho preso neppure in considerazione l’idea di proporre l’ennesimo portachiavi o cappellino, il quale dopo un breve utilizzo si sarebbe anch’esso sommato al già diffuso pattume presente sul territorio del futuro Parco dell’ Oreto. Mi sono invece concentrato sull’azione, che trattandosi di un parco, non può non essere legata al mantenimento della sua pulizia, pensata anche in chiave di gioco, in modo da invogliare anche i più piccoli. Da qui il progetto delle bacchette per la pulizia del parco. Come afferma Manzini bisogna: «…passare dalla centralità del fare (applicato a “nuove e inesplorate frontiere”) a quella del ri-fare, cioè all’attività di riqualificazione degli habitat degradati dai due secoli di guerra all’ambiente che la nostra società industriale ha inconsapevolmente condotto…».
immagine coordinata - riferimenti
© Studio A³ . Published on April 16, 2013.
committente - concept
© Studio A³ . Published on April 16, 2013.
produzione - mercato
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azione - sostenibilità
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