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Concorso per la riconfigurazione spaziale della Cattedrale Aragonese di Ischia - AtelierArchitettura Ambrosi+Fucigna, Nino Franzoni, Maira Passuello

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La volta celeste è sorretta dai ruderi delle arcate della Cattedrale dell’ Assunta e il riverbero del mare e delle nuvole ne fan da pavimentazione. Il desiderio è di perpetrare tutto ciò nel tempo, garantendo la protezione delle masse murarie e degli stucchi sotto un manto prezioso di luce, sotto la trasfigurazione del cielo: l’alabastro. L’alabastro, nobile materiale usato fin dall’antichità come filtro di luce per le superfici vetrate, permette a questa di permeare l’intimo dello spazio, arricchendolo di toni caldi, di sfumature morbide. Le rovine mantengo la loro dignità e la cattedrale si riappropria della sua originaria atmosfera. Internamente, la luce filtrata raggiunge una maggiore intensità nel luogo focale del rito liturgico, ad enfatizzare la verticalità che soverchiava l’altare con il corpo dell’antica cupola. L’antico e il nuovo, sono la cornice del panorama partenopeo, dove, come in un prezioso trompe l’oeil, l’isola di Ischia e il golfo di Napoli sono i due contrappunti. Le orme della cattedrale, gli stucchi e le cappelle laterali giacciono coperti e protetti dagli agenti atmosferici e si offrono come luogo teatrale a concerti e rappresentazioni, slegando la possibilità di essere messe in scena dalle condizioni meteorologiche. La proposta progettuale prende piede dall’intenzione di restituire la fisicità del volto della cattedrale, un simulacro dell’antica presenza per coloro che volgeranno l’occhio verso l’isola. Dietro la superficie vigorosa della facciata, l’omogenea policromia della luce ambrata è il sistema ordinatore di una quinta teatrale fatta di complessità, frammenti e stratificazioni, e l’occasione per ridare all’abside un marcato valore formale.

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L’intervento fonda sul presupposto che l’intero sistema di ruderi venga riconsolidato e che possa tornare a recitare il ruolo di elemento portante sul quale un sistema “altro” vada a configurarsi come elemento portato, instaurando una dialettica che vuole sottolineare la distanza tra antico e nuovo. La stessa funzione di copertura alla quale sottostà la soluzione descritta, suggerisce l’atteggiamento riverente di una macchina moderna che non posa i piedi a terra, che danza sulle tracce lasciate dal tempo. La copertura di progetto si compone di due epidermidi, tessute con pacchetti di lastre di alabastro e vetro, delle quali lo strato esterno assicura la tenuta all’acqua. Il clima del luogo sottopone l’intera struttura ad un forte e costante irraggiamento. Ciò rende necessario che la pelle dell’edificio si configuri interamente come una parete ventilata che assicuri la mitigazione delle temperature che si possono generare nella stagione calda. In soccorso al forte surriscaldamento che l’ambiente può subire, si prevedono in copertura camini di aerazione, posizionati rispettivamente zenitalmente all’abside e in sommità alla facciata del corpo di progetto. Si prevede che regolandone l’apertura i due camini permettano alla massa d’aria calda di uscire richiamando aria a temperatura più bassa dall’ampio foro del fronte della cattedrale. La parete di facciata recupera alla base l’allineamento con i ruderi della cattedrale e si dilata nel suo spessore ad accogliere la nicchia che permette alla fascia vetrata di scomparire totalmente. Questa si sviluppa nell’intera estensione del fronte della cattedrale ed una volta richiamata da cavi di acciaio all’interno della parete ventilata assicura un costante ricambio di aria. Tra le due pelli dell’edificio sono alloggiati i corpi illuminanti, intesi come parte integrante del pacchetto tecnologico della parete. Il sistema di luci così accorpato permette nelle ore notturne di retroilluminare la pietra di alabastro, rendendo l’intero edificio una lanterna luminosa in grado di diffondere la luce a seconda delle esigenze con intensità controllata. Il disegno della pavimentazione segue lo sviluppo delle volte a crociera della cattedrale, scandito da nervature bronzee posizionate al suolo e che fungono da casseforme a perdere per i getti di pastellone della pavimentazione. Il trattamento della fuga tra le successive messe in opera della pasta cementizia assicura un atteggiamento rispettoso nei confronti della preesistenza, determinando un filo d’ombra tra la base dei ruderi e il cordone di bronzo.

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