Nella fase progettuale l’imperativo di rispettare e riportare alla vita i resti del manufatto originario è risultata essere la sfida più difficile. La presenza quasi spirituale dei due archi, dimenticati in un territorio silenzioso e fuori dal tempo narra una funzione troppo lontana per essere ripristinata. Al contrario proprio l’assenza delle parti oramai perdute è sembrato essere il motivo principale per raccontare il tempo e gli eventi che qui si sono succeduti. Il rispetto dell’ assenza anziché il tentativo di ripristino degli elementi funzionali scomparsi ha condotto l’intera ricerca progettuale. L’idea formale prende le mosse dall’antica struttura ottocentesca; il nuovo ponte si staglia sul paesaggio conservando il profilo del precedente e ricollocandolo in una nuova posizione. Si ottiene dunque un prospetto dettato dal vecchio andamento delle funi del Manetti. L’ arco che è gesto predominante nella progettazione risulta elemento nuovo eppur familiare nello skyline; e riveste una funzione altrettanto importante anche nell’economia strutturale dell’ insieme.
© gilda squillace . Published on September 18, 2013.
La nuova mezzaluna si posiziona sull’argine sud (lato Poggio a Caiano); il suo baricentro risulta esterno al vecchio arco; si proietta verso il borgo, volendo significare con un solo gesto una traslazione che è simultaneamente spaziale e temporale. Ad essa, attraverso un sistema di funi d’acciaio che richiamano la scelta visiva del Manetti, si ancora il nuovo ponte pedonale, seppur con una sua propria struttura reticolare di irrigidimento. La passerella assume in planimetria gli aspetti formali del proprio prospetto e si adagia tra gli antichi archi e la nuova mezzaluna (a cui è strallata), con forma arcuata che si protende verso la Villa Medicea, quasi ad invitare lo sguardo verso una vista privilegiata. Posizionare l’asse pedonale tra questi elementi è metafora di una cerniera tra vecchio e nuovo, tra la struttura antica e quella ridisegnata.
© gilda squillace . Published on September 18, 2013.
Tema non secondario nelle scelte formali è sicuramente la valorizzazione di visuali splendide e mai scontate; già le preesistenze inquadrano in maniera precisa l’intorno, sottolineando la gerarchia delle emergenze architettoniche e paesaggistiche, e creano quasi delle cornici ormai naturali da conservare e affiancare con nuovi momenti di osservazione. L’asse principale che guida l’occhio dal vecchio arco sull’argine nord (lato Prato) Verso la Villa Medicea ha un’inclinazione precisa di 41°. Proprio seguendo questo angolo visivo all’inizio della passerella sul lato pratese si è voluto creare un nuovo punto di osservazione e di sosta, un ambiente nuovo e allo stesso tempo integrato con il verde circostante. Con gli stessi criteri progettuali si trattano anche gli spazi antistanti i due archi del Manetti, si crea una superficie pavimentata in legno come la stessa passerella, e si dispongono delle sedute in pietra, così come sulla nuova terrazza; si rivisita così la presenza generosa di questi due elementi che diventano affacci su un paesaggio che si riconnette anche visivamente.
© gilda squillace . Published on September 18, 2013.
Il tema dell’assenza ha guidato anche la scelta di riproporre una nuova, unica pila, sulla sponda sud dove le truppe naziste in ritirata fecero esplodere le due originali; pila che si va a disporre in asse con esse e con il motivo sulla pavimentazione in loro memoria. Questa nuova presenza ha valore evocativo non solo a livello formale, ma soprattutto a livello strutturale in quanto assume lo stesso significato delle due ormai inesistenti. La mezzaluna è ancorata ad essa con ulteriori funi. Il nuovo elemento diventa segno conclusivo dell’assetto strutturale del tutto; è un oggetto importante e gli si vuole attribuire anche formalmente un ruolo ben percepibile nell’economia del progetto, diventa infatti momento descrittivo dell’intorno, come una nuova porta che introduce alla percorrenza del ponte verso il parco delle Cascine di Tavola. Le dinamiche fruitive del contesto sono state analizzate attraverso i principali rapporti che tra le parti si sono instaurati sul territorio e particolarmente sulle previsioni di piano per la zona. L’ambito di visibilità del progetto legato alla situazione infrastrutturale al contorno è risultato praticamente univoco, e limitato alle percorrenze della strada statale 66 con direzione Firenze. Per questo motivo l’ intento di mantenere intatta la poeticità dei resti abbandonati sulle sponde, ed al tempo stesso il desiderio di creare un’ emergenza , che in modo discreto manifestasse la propria presenza, è stato conseguito attraverso la forma scultorea del vecchio ponte reinterpretata e proiettata nello spazio. Questa traslazione dell’elemento strutturale emergente verso una delle due sponde, ed in particolare quella più a contatto con la rete infrastrutturale di grande percorrenza, ha permesso di amplificare la scala dell’intervento, da evento funzionale specifico a più articolata connessione tra le parti. La presenza della nuova entrata del Barco di Poggio a Caiano e del parcheggio limitrofo lungo la SS66 , ed il rapporto visuale privilegiato di essa con il ponte, trasformano il nuovo progetto nella vera porta d’accesso per il sistema di parco che si estende tra i comuni di Prato, Poggio a Caiano e Carmignano.
© gilda squillace . Published on September 18, 2013.
La necessità di rievocare con un nuovo gesto progettuale la memoria storica e lo spirito altamente innovativo del precedente manufatto confluiscono in un unico segno che fa da nuova cornice ad un paesaggio che da sempre si mostra con generosità al passante. La memoria della forma che si conserva e si tramanda nei luoghi e nella loro storia, diventa l’idea forte che attraverso materiali contemporanei cerca di riprodurre lo spirito e i meccanismi del ricordo e dell’analogia. In questo modo il nuovo ponte si risolve praticamente con un unico gesto evocativo. Le parti scomparse del vecchio ponte, fatte di un arco di funi, vengono riproposte in in modo rigido attraverso una struttura reticolare curva, in uno schema statico inverso. La forma, libera nel vuoto ed appoggiata sul suo baricentro, riassume e rappresenta la volontà di proiettarsi in avanti conservando e preservando un know how antico e ancora prezioso.