Il progetto del Centro di documentazione della civiltà etrusca e romana nasce dall’esigenza di dotare il territorio della Maremma di una istituzione di rappresentazione, ricerca e divulgazione in grado di corrispondere alla importante realtà archeologica della zona ed alla sua vocazione di turismo culturale; l’area di Roselle, scelta per la realizzazione del Centro, rappresenta una delle più estese e significative emergenze archeologiche delle civiltà etrusca e romana. Il Centro si colloca nei pressi dell’area archeologica, all’interno di una delle sue emergenze secondarie, il colle del Mosconcino, un modesto rilievo utilizzato a lungo come cava per l’estrazione del marmo rosato di Roselle; la cava ha lasciato su un lato una vasta area piana, sulla quale si affaccia la superficie nuda e verticale del taglio industriale. La scelta è stata quella di realizzare il Centro su questa area, a ridosso della parete di cava, e di dar conto nell’impianto architettonico e compositivo delle due distinte realtà che la caratterizzano: la storia antica, con le emergenze archeologiche – la città romana e la sottostante necropoli etrusca – e quella contemporanea, legata alla presenza della cava.
© Alessandro Fusi . Published on September 19, 2013.
Nella composizione progettuale del Centro di documentazione, due sistemi distinti e separati dalla via Batignanese, che attraversa il centro di Roselle, idealmente si contaminano: la centuriazione romana dei campi, che costituisce una griglia di linee ortogonali e parallele, si prolunga fino ad incontrarsi con l’andamento naturale curvilineo dell’ambiente ai piedi del colle Mosconcino; la contaminazione si ottiene riproponendo la griglia che caratterizza l’area centuriata, ad est delle via Batignanese, ad ovest della via stessa, prolungando la “strada dei Cipressi” e tracciando così il decumano massimo del progetto; contestualmente, si disegna una strada ad esso perpendicolare, con direzione nord sud, che incontra il decumano alle pendici del colle, assumendo la funzione del cardo del progetto, e collega la struttura al percorso adiacente l’argine del canale Salica. Su questi due assi ortogonali creati ex novo si basa l’impianto compositivo, che pur seguendo la regolarità della griglia si adegua tuttavia all’ambiente naturale e alle sue curve di livello: come accadeva nella fondazione delle città etrusche e romane, quando l’edificazione incontrava un ostacolo naturale nella conformazione del luogo e la griglia costruttiva basata sull’incontro del cardo e del decumano si interrompeva, il progetto del Centro vede nel colle Mosconcino un limite su cui adagiarsi, nel rispetto della morfologia naturale. Così, l’immagine della città che esteriormente si vuole suggerire con il Centro di documentazione si presenta in pianta come la simulazione di un insediamento urbano basato sulle regole dell’ortogonalità, valida sino all’incontro con il sistema collinare. Questo incontro si realizza costruendo un sistema di elementi modulari, una successione di parallelepipedi di base omogenea e di altezza variabile, all’interno di un confine prestabilito rappresentato da una forma quadrangolare che si interrompe a nord, dove incontra il dislivello altimetrico creato dal colle, la cui linea costituisce il confine chiudendo il perimetro. Gli elementi modulari sono distribuiti lungo i percorsi, ovvero lungo le strade della città, e seguono anche nella variabilità dell’altezza un modulo, secondo il quale i blocchi adiacenti si presentano sempre con altezze diverse. Tale principio richiama peraltro l’immagine dei depositi di cava, in cui blocchi e lastre sovrapposte si presentavano, analogamente, come parallelepipedi di dimensioni ed altezza diverse. Nel luogo di incontro del cardo e del decumano si apre un vuoto, una piazza che interrompe la serialità degli isolati. Tale spazio non costituisce il centro geometrico del progetto, così come nella struttura della città romana poteva accadere che il punto di incontro delle due direttrici principali, dove si apriva il fòro, si collocasse in modo decentrato. Al centro di questo spazio vuoto si colloca un pozzo, ad immagine del mundus che nella città romana, riprendendo un concetto della civiltà etrusca, simulava il collegamento tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Il pozzo rappresenta il primo e principale elemento di introspezione dal mondo esterno al livello ipogeo, un occhio attraversato dalla luce naturale. Proprio su questa sovrapposizione di due mondi si basa la filosofia del progetto: sopra vi è la città romana, che si insedia sull’ambiente sotterraneo della necropoli etrusca, così come nella storia le due culture si sono sovrapposte: sulle città etrusche, che nella loro struttura venivano riprodotte nelle necropoli, i Romani costruirono in questa parte di territorio le loro città, seguendo gli stessi principi urbanistici.
© Alessandro Fusi . Published on September 19, 2013.
L’accesso principale al Centro, che occupa tutto lo spazio ipogeo, avviene dall’unico modulo aperto su una parete, che si affaccia direttamente sulla piazza; all’interno di tale modulo una scala che si sviluppa attorno al vano degli ascensori immerge il visitatore nell’ambiente sotterraneo. La rampa che si diparte dall’estremità est del decumano, come il dromos di accesso alle tombe ipogee etrusche, connette invece il Centro ipogeo all’ambiente esterno, destinato a parco. Lo snodo centrale del Centro di documentazione è rappresentato da una piazza, posizionata esattamente al di sotto del fòro della città romana sovrastante e caratterizzata dalla stesse dimensioni. La piazza si abbassa ulteriormente di mezzo metro attraverso quattro gradini che si sviluppano lungo tutto il suo perimetro, creando la forma di un tumulo rovesciato, e rappresenta all’interno del Centro uno spazio polivalente. In corrispondenza dei tracciati del cardo e del decumano sovrastanti, nell’area ipogea si sviluppano i percorsi principali di visita al Centro, lungo i quali si affacciano ambienti aperti, destinati ad area espositiva, e gli accessi alle aree dedicate alle funzioni specifiche del Centro, collegate tra di loro da un sistema di corridoi, per aree funzionali: centro di documentazione vero e proprio, area espositiva, biblioteca, punto informativo sul turismo archeologico, laboratori, aule didattiche, salette multimediali, sala riunioni, auditorium, bookshop, caffetteria.
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Gli spazi del Centro di documentazione sono realizzati in modo tale che ad ogni volume modulare esterno corrisponda, al netto delle murature, un ambiente del Centro stesso; tale corrispondenza si interrompe soltanto per gli ambienti di servizio, posti a nord e totalmente ciechi, e per l’auditorium, collocato all’estremità sud del cardo di progetto, in assenza di volumi sovrastanti.
© Alessandro Fusi . Published on September 19, 2013.
I blocchi stereometrici, apparentemente solidi, sono in realtà cavi e contengono cubi leggeri, 5 metri per 5, sospesi grazie ad un sistema di travi. Dall’ampia intercapedine che si crea tra le pareti dei blocchi, coperta da infissi leggeri di vetro, e quelle dei cubi interni filtra la luce naturale, radente i muri, in modo da non risultare mai completamente diretta e da favorire sia gli ambienti di studio che quelli espositivi, consentendo una appropriata distribuzione degli oggetti e degli arredi. Nell’idea progettuale si è cercato quindi di definire un’immagine complessiva del Centro che suggerisse e si armonizzasse insieme, visivamente e strutturalmente, ai contenuti ed al contesto; il riferimento alla civiltà etrusca e romana è stato quindi reso evidente in termini strutturali nell’organizzazione esterna dei volumi, disposti secondo l’asse classico del cardo e decumano etruschi, che richiama l’assetto della necropoli anche nella ripetizione del modulo parallelepipedo di altezze variabili, e nella sua essenzialità di superficie, non interrotta da vani ed aperture di immediata visibilità. Ancora in tema archeologico si segnala lo sviluppo interamente in sottosuolo del centro, essendo i moduli esterni funzionali soltanto all’illuminazione ed all’aerazione, e l’impianto planimetrico complessivo che ricorda la distribuzione degli spazi in una tomba a camera. La scelta dei materiali, per converso, è stata effettuata con riferimento alla natura ed all’aspetto del materiale di cava, privilegiando tessiture petrose, colori non intrusivi, superfici ruvide e naturali che si armonizzano con la facies ambientale circostante.
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