L’architettura prende spunto dalla natura e adotta la metafora della vite quale espressione delle proprie forme. La vite è pianta che cresce su tutto il suolo italiano ed è a sua volta espressione di una microarchitettura: i tralci che dal fusto danno vita ad insiemi di grappoli carichi di vita e nutrimento e, nella disposizione a filari che caratterizza i vitigni, è tratto distintivo del paesaggio italiano, dalle montagne delle valli alpine alle colline che circondano la pianura, all’Appennino e giù fino alle piane del sud e da qui all’esplosione di sole e colori delle isole. La vite rappresenta un tratto unificante ed è simbolo di cultura, di storia, di unità e specificità, di varietà e di qualità. E’ anche un simbolo nel suo identificarsi con la vita dell’uomo e della terra. Questa metafora ci permette di immaginare un tratto unificante in un paesaggio “creato dall’uomo dell’Expo” che attraverso il Cardo, antico segno di ordine territoriale, ci conduce alla piazza principale sulla quale si affaccia il padiglione italiano. Un inviluppo di tralci che tutto avvolge donando la dinamicità e organicità di un opera della natura alla sapienza architettonica dell’opera dell’uomo.
© Migliore+Servetto Architects . Published on April 30, 2013.
I tralci mostrano la complessità e la creatività italiane e si mostrano rivelando in parte, con il loro percorso che nasce dall’interno, dal fusto, che è il cuore dell’edificio, il contenuto. Il Padiglione è contenitore dell’esposizione, ma anche contenuto/oggetto esposto esso stesso. Si ha una spettacolarizzazione dell’esterno che prelude allo spettacolo interno e che lega Padiglione e cardo con un unico segno.
© Migliore+Servetto Architects . Published on April 30, 2013.
Palazzo Italia è metafora della vite e rappresenta la vita, rappresenta le vite degli italiani che nel loro numero vicino ai 60 000 000 costituiscono la ricchezza del paese e uno straordinario serbatoio di potenzialità. L’evidenza del numero è significata da 60 000 luci, una per ogni mille italiani, che si dispiegano sui tralci delle facciate. La vite cresce, muta, cambia a seconda delle condizioni esterne, e nello stesso modo i fronti del padiglione si sviluppano e mutano il proprio aspetto nella loro veste esterna in base al numero visitatori, ai fattori climatici, in base agli eventi in programma: in una parola in base alla vita. Il passaggio di ciascun visitatore contribuisce a generare e accumulare energia (produzione energia elettrica da calpestio), a visualizzazione delle grandi potenzialità che il contributo attivo di ciascuno di noi potrebbe comportare
© Migliore+Servetto Architects . Published on April 30, 2013.
L’architettura di per sé rigorosa e semplice, ma mai semplicistica, sorprende nel riprendere la mutevolezza della natura così da offrire al pubblico delle facciate simili, ma sempre diverse. Un paesaggio nuovo in ogni momento fondato su una struttura edificio/Cardo fortemente riconoscibile e caratterizzato da un’immagine iconica.
© Migliore+Servetto Architects . Published on April 30, 2013.
Il padiglione è Macchina scenica/ machine à montrer: l’approccio organico e metaforico, lontano dalla volontà di affermazione di un segno. Gli edifici del Cardo, nella sua scala e nella sua tipologia, sono parimenti struttura lineare pensata per esporre ed essere esposta, con la semplice macchina a piani inclinati che permette, però, straordinaria flessibilità e ricchezza nel compito di mostrare, compito al quale sono chiamati durante l’Expo. La doppia pelle del Padiglione, espediente tipologico e tecnologico che permette la mutevolezza delle facciate, è in verità essa stessa una macchina che dà la facoltà in ogni momento di scrivere una nuova storia in base al programma o alla contingenza con una libertà letteralmente infinita.
© Migliore+Servetto Architects . Published on April 30, 2013.
Anche l’interno è“macchina”. Un grande cuore interno, il fusto della vite, è rappresentato da un caleidoscopio, un grande diedro fatto di specchi che permette di creare infinite strutture visive simmetriche. Dal greco καλειδοσκοπεω che significa letteralmente “vedere bello”, è questo un cuore architettoniche che riunisce e dà vita idealmente ai tralci, ma che permette anche di “vedere belle” le rappresentazioni e gli allestimenti che attorno e sotto ad esso si svolgeranno. E’ il cuore che si vede da tutti i piani dell’edificio, ogni livello si affaccia sul vuoto centrale ove esso è incastonato, che sovrasta, con magica sorpresa, la piazza a livello del terreno.
La piazza è peculiarità del paesaggio urbano italiano, ma è anche metafora per eccellenza, metafora del grembo materno che accoglie il pubblico “sotto” il padiglione e dispositivo architettonico che con la sua apertura permette la continuità con l’esterno e, di fatto, non chiude mai l’edificio all’accesso del pubblico. La piazza è anche intesa con la sua geometria digradante come luogo ove, anche nell’attesa dell’accesso ai piani, sia già data la possibilità di conoscere e scoprire, di socializzare e aggregarsi come avviene nelle piazze di tutta Italia. La piazza è solcata dall’acqua, fonte di energia e generatrice di vita. E’ l’acqua che permette alla vite di crescere, quindi per metafora al nostro edificio di mutare e vivere: e’ l’acqua che costituisce anche il legame con la natura di Milano quale città di vie d’acqua, natura che questo Expo riporta prepotentemente e doverosamente alla luce. L’altra fonte fondamentale di energia è la luce naturale, la luce che captata, introdotta nell’edificio attraverso l’invaso centrale dà vita al caleidoscopio, ma anche la luce che attraverso i sistemi fotovoltaici soddisfa in maniera significativa il fabbisogno dell’edificio.
Gli interni costituiscono la parte d’eccellenza di questa macchina scenica: sono i luoghi per un allestimento flessibile, sono il palcoscenico per innumerevoli rappresentazioni. Così come proponiamo un edificio che diventi icona nelle sue parti estroverse, così vogliamo che negli spazi interni, introversi, l’edificio scompaia e si metta al totale e completo servizio della rappresentazione.
Nessuna volontà di affermazione del segno architettonico e di riconoscibilità autoriale può sovrastare, o anche solo disturbare, la necessità di avere uno spazio neutro, flessibile e tecnologicamente adeguato per la rappresentazione del racconto che si vorrà svolgere all’interno del padiglione italiano e lungo il Cardo.