1 – PREMESSA. Il tema in oggetto, cioè l’inserimento di un nuovo altare principale per le celebrazioni eucaristiche da ubicare nel transetto della Basilica di S. Lorenzo Maggiore a Napoli, non può trovare soluzione progettuale che con tenga in debito conto il confronto con la millenaria storia racchiusa nelle mura tufacee di quello che è unanimemente considerato uno dei più pregevoli esempi dell’espressione architettonica gotica a Napoli e, forse, nell’Italia meridionale. Storia francescana, storia di Napoli; memoria di gesta nobili e sante; frammenti di vita quotidiana (eroici e popolari) di una porzione di città che si addensa e si sovrappone urbanisticamente a se stessa; archeologia greca, romana, paleocristiana, medievale, rinascimentale; in un’espressione: storia dell’architettura, dal medioevo all’età contemporanea, sono questi alcuni dei parametri che indirizzano e vincolano le nostre scelte che, benché rivolte a un unico episodio (l’altare), informano tutto quanto di straordinario il microcosmo culturale di S. Lorenzo Maggiore racconti. A tutto ciò si aggiungano i dettami che le norme liturgiche post-conciliari indicano ai progettisti al fine di guidare ed indirizzare, in modo univoco, le proposte progettuali riferite alle singole porzioni di una Chiesa (oltre che alla progettualità complessiva della stessa). Nei capitoli che seguono proponiamo, preliminarmente, un sintetico ventaglio di tutto ciò, cercando, quindi, di comprendere e trasferire alla matita l’essenza della storia che permea la Basilica coniugando le esigenze che la CEI predilige.
© Giovanni De Pasquale . Published on May 13, 2013.
Progettare un‘altare per la Basilica di S. Lorenzo Maggiore’ non è solo un mero esercizio di stile. L’architetto, in questo contesto, riceve il testimone di tutti gli ingredienti che la storia ha sedimentato nei luoghi e, in modo quasi demiurgico, stigmatizza le linee di un manufatto che con la storia stessa cercherà il confronto, così ricco di favorevoli pregiudizi culturali e preesistenze cultuali.
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2 – S. LORENZO MAGGIORE E I FRATI MINORI CONVENTUALI.
© Giovanni De Pasquale . Published on May 13, 2013.
La Basilica di S. Lorenzo Maggiore fu realizzata a partire dal XIII secolo, durante la dominazione angioina a Napoli, sulle fondamenta di un’antica basilichetta paleocristiana, per volontà e mano dei frati francescani che, animati dal Santo poverello stesso, scelsero Napoli per diffondere e radicare la loro spiritualità ed il loro carisma. Ciòè testimoniato dalla presenza ininterrotta (se non per il breve periodo storico della soppressione ottocentesca) dei frati in questi luoghi che lo edificarono e lo custodirono quale vivo e colto ‘faro’ del francescanesimo a Napoli. Di seguito alcuni degli eventi che hanno segnato i momenti salienti di questa straordinaria storia francescana: nel 1296 venne ordinato sacerdote, tra gli altri, il principe angioino Ludovico, figlio del re Carlo II e futuro vescovo di Tolosa; nel 1567 viene proclamato vescovo il padre Felice Peretti, reggente dello Studio Teologico di San Lorenzo dal 1553 al 1556 e poi incoronato Papa col titolo di Sisto V; nel 1626 lo Studio Teologico di San Lorenzo viene equiparato da Papa Urbano VIII a quello di San Bonaventura a Roma, principale Università dell’Ordine Francescano.
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3 – LE NORME LITURGICHE.
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A) INSTITUTIO GENERALIS MISSALIS ROMANI– CAPITOLO V –DISPOSIZIONE E ARREDAMENTO DELLE CHIESE PER LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA. 296. L’altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa; l’altare è il centro dell’ azione di grazie che si compie con l’Eucaristia. 297. La celebrazione dell’Eucaristia, nel luogo sacro, si deve compiere sopra un altare; fuori del luogo sacro, invece, si può compiere anche sopra un tavolo adatto, purché vi siano sempre una tovaglia e il corporale, la croce e i candelabri. 298. Conviene che in ogni chiesa ci sia l’altare fisso, che significa più chiaramente e permanentemente Gesù Cristo, pietra viva (Cf. 1Pt 2,4; £f2,20); negli altri luoghi, destinati alle celebrazioni sacre, l’altare può essere mobile. L’altare si dice fisso se è costruito in modo da aderire al pavimento e non poter quindi venir rimosso; si dice invece mobile se lo si può trasportare. 299. L’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo: la qual cosa è conveniente realizzare ovunque sia possibile. L’altare sia poi collocato in modo da costituire realmente il centro verso il quale spontaneamente converga l’attenzione dei fedeli116. Normalmente sia fisso e dedicato. 300. L’altare, sia fisso che mobile, sia dedicato secondo il rito descritto nel Pontificale Romano; tuttavia l’altare mobile può essere solamente benedetto. 301. Secondo un uso e un simbolismo tradizionali nella Chiesa, la mensa dell’altare fisso sia di pietra, e più precisamente di pietra naturale. Tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può adoperare anche un’ altra materia degna, solida e ben lavorata. Gli stipiti però e la base per sostenere la mensa possono essere di qualsiasi materiale, purché conveniente e solido. L’altare mobile può essere costruito con qualsiasi materiale di un certo pregio e solido, confacente all’uso liturgico, secondo lo stile e gli usi locali delle diverse regioni.
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B) DECRETO SUL CULTO ALL’EUCARESTIA E DEGLI ALTARI DEL 1974 Di S.EM. CARDINALE SIRI. Degli altari. 1. Le norme del Messale Romano (n. 259 – 267) circa gli altari riguardano gli altari da costruire e non quelli esistenti al momento della promulgazione delle norme stesse. Tali norme però debbono essere tenute presenti e attuate nei lavori di adattamento alla nuova liturgia degli altari preesistenti. 2. Per gli altari si stabiliscono regole ben precise e si danno alcune indicazioni da seguire negli adattamenti. 3. Gli altari costruiti in materiale che non sia pietra o marmo, in linea di massima, possono essere facilmente sostituiti purché di scarso valore artistico, previa regolare e necessaria approvazione della nuova sistemazione da parte dell’Ordinario che verrà data dopo la presentazione di regolare disegno. 4. Gli altari costruiti con materiale pregiato (pietra, marmo, ecc.) possono essere adattati o sostituiti quando non abbiano valore artistico o non siano vincolati dalle leggi di tutela sui monumenti. Ogni opera che ha più di cinquanta anni è di per sé tutelata dalla legge. E’ necessaria la previa approvazione come sopra al n. 2. 5. Gli altari, di cui al n. 4, che soggiacciono ai vincoli delle leggi di tutela sui monumenti, possono essere adattati quando si siano ottenuti e il nulla-osta dell’Ordinario e quello scritto della Soprintendenza ai Monumenti. 6. I lavori di adattamento alla nuova liturgia degli altari preesistenti (Ved. «Istruzione sul Culto del Mistero Eucaristico» n. 24 e quella «Inter Oecumenici» n. 90-99) non possono prescindere da un attento e serio studio delle modifiche da introdurre per far in modo di avere l’altare versus populum. Si danno alcune indicazioni: a) Soluzione possibile, ma da studiarsi con notevole impegno, è quella che prevede la possibilità di staccare la mensa e il frontone dell’altare per portarli più avanti in mezzo al presbiterio, lasciando tuttavia un congruo spazio tra l’altare e la parte retrostante, tanto più se l’ex-altare serve per la custodia del Santissimo Sacramento. Per questa parte deve essere studiato un altro frontone che completi il vuoto creato dalla parte anteriore dell’altare portata avanti. b) Si può togliere la mensa e restringerla in modo che il frontone di essa sia retroatto al limite del Tabernacolo, lasciando un necessario aggetto sotto il Tabernacolo stesso In tal caso si dovrà costruire nel presbiterio, una nuova mensa, impostata architettonicamente in modo da raccordarsi coll’ex-altare retrostante, evitando così contrasti stridenti. 7. La nuova sistemazione dell’altare non deve rimpicciolire il presbiterio sì da permettere l’agiato svolgimento delle celebrazioni. «Il presbiterio attorno all’altare sia di ampiezza sufficiente a consentire un agevole svolgimento dei sacri riti» (Inter Oecumenici 26/9/1964). 8. I progetti, i bozzetti e i disegni relativi alle nuove sistemazioni debbono ottenere il consenso esplicito e scritto delle Commissioni diocesane di Liturgia e per l’Arte Sacra. Tale consenso non è operativo se l’Arcivescovo, al quale è riservato il giudizio globale della nuova sistemazione, non dà egli pure scriptis il consenso suo. E’ ovvio che i soprascritti consensi debbono essere dati prima dell’inizio di qualunque lavoro. Ottenuta l’autorizzazione dell’Ordinario il Parroco, per gli altari che stanno sotto il vincolo della tutela, farà richiesta alla locale Soprintendenza ai Monumenti ed ottenuto il Nulla-osta lo esibirà all’Ordinario prima dell’inizio dei lavori. 9. Gli altari debbono essere ornati secondo la loro natura e conformazione sia quanto alla grandezza che al numero dei candelieri completando ovviamente la razionale disposizione con l’uso di fiori e secondo le prescrizioni liturgiche. 10. Gli altari versus populum abbiano sempre, anche nel tempo in cui non si svolgono le azioni liturgiche i candelieri (non meno di due, o quattro, meglio sei), pur adottando la disposizione congrua perché«non impediscano ai fedeli di osservare comodamente ciò che si compie o viene collocato sull’altare» (I.G.M.R. n. 269). Sono infatti i candelieri che distinguono l’altare cattolico dall’altare acattolico e ciòè della massima importanza. 11. Si consiglia, anche se la legge permette una maggiore libertà, di mantenere l’uso del Crocifisso sull’altare nella parte mediana in modo che il Celebrante e il popolo abbiano sempre visivamente ricordato che su quell’altare si celebra la rinnovazione dello stesso Sacrificio della Croce.
© Giovanni De Pasquale . Published on May 13, 2013.
C) L’ADEGUAMENTO DELLE CHIESE SECONDO LA RIFORMA LITURGICA NOTA PASTORALE DEL 1996 DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE PER LA LITURGIA S.ECC. BRANDOLINI L’altare L’altare nell’assemblea liturgica non è semplicemente un oggetto utile alla celebrazione, ma è il segno della presenza di Cristo, sacerdote e vittima, è la mensa del sacrificio e del convito pasquale che il Padre imbandisce per i figli nella casa comune, sorgente di carità e unità25. Per questo è necessario che l’altare sia visibile da tutti, affinché tutti si sentano chiamati a prenderne parte ed è ovviamente necessario che sia unico nella chiesa, per poter essere il centro visibile al quale la comunità riunita si rivolge. La sua collocazione è di fondamentale importanza per il corretto svolgimento dell’azione liturgica e deve essere tale da assicurare senso pieno alla celebrazione. La conformazione e la collocazione dell’altare devono rendere possibile la celebrazione rivolti al popolo26 e devono consentire di girarvi intorno e di compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti. Se l’altare esistente soddisfa alle esigenze appena indicate, lo si valorizzi e lo si usi. In caso contrario occorre procedere alla progettazione di un nuovo altare possibilmente fisso e, comunque, definitivo. La forma e le dimensioni del nuovo altare dovranno essere differenti da quelle dell’altare preesistente, evitando riferimenti formali e stilistici basati sulla mera imitazione. Per evocare la duplice dimensione di mensa del sacrificio e del convito pasquale, in conformità con la tradizione, la mensa del nuovo altare dovrebbe essere preferibilmente di pietra naturale, la sua forma quadrangolare (evitando quindi ogni forma circolare) e i suoi lati tutti ugualmente importanti. Per non compromettere la evidenza e la centralità dell’altare non è ammesso l’uso di materiali trasparenti. Nel caso in cui l’altare preesistente venisse conservato, si eviti di coprire la sua mensa con la tovaglia e lo si adorni molto sobriamente, in modo da lasciare nella dovuta evidenza la mensa dell’unico altare per la celebrazione. Qualora non sia possibile erigere un nuovo altare fisso, si studi comunque la realizzazione di un altare definitivo, anche se non fisso (cioè amovibile). Si ritiene anche opportuna la rimozione delle reliquie presenti nell’altare preesistente, poiché solo a quello nuovo – di fatto l’unico riconosciuto come centro della celebrazione – spetta la prerogativa della dedicazione rituale.
4 – IL PROGETTO DELL’ALTARE.
Premesso tutto quanto ai capitoli precedenti, si descrive il progetto del nuovo altare della Basilica di S. Lorenzo Maggiore.
La forma prescelta per l’altare, non replicante la preesistenza (ovviamente provvisoria e precaria), è quadrangolare e tutti i lati sono egualmente importanti (vedi la citata nota pastorale di S. Ecc. Brandolini).
I materiali adottati sono esclusivamente due: il marmo ed il legno.
Il marmo, pietra naturale e negazione materica di ogni trasparenza, è il signum prescelto per la mensa del sacrificio e del convito pasquale: solidità, compattezza, incorruttibilità, sono alcuni degli aggettivi formali che informano questa scelta. Ma l’elemento marmo prescelto non è solo questo; nel nostro caso è anche memoria storica e architettonica, visto che esso si concretizza nel riuso di due elementi in marmo policromo già parte del preesistente palinsesto decorativo barocco. Tali elementi, attualmente conservati presso i depositi del complesso monumentale, erano certamente i supporti a terra di una mensa adibita ad altare rivolto, secondo le norme preconciliari, con le spalle ai fedeli. Nell’invertire la disposizione (leggi le norme liturgiche di cui sopra) gli elementi in oggetto vengono, apparentemente, depauperati della loro precipua funzione. La volontàè quella di riproporli nel loro sito originario, cioè inserendoli nell’altare, pur se invertiti, anche nell’orientamento; essi diventano così nuovamente parte dell’altare, ma nell’ottica di una nuova musealizzazione che li libera da un deposito (che li rende, di fatto, invisibili) e li contestualizza coerentemente.
Il legno è l’alternativa ricercata alla pietra naturale. Un’alternativa che riconosce gli stessi parametri di compattezza e solidità, rifiutando l’evanescenza e la immaterialità. Il legno è un materiale naturale. S. Francesco appella la natura ‘sorella’ e la consegna alla storia del carisma francescano. Per azione transitiva, il legno diviene materiale prediletto, coerente ma plasmabile, convertito alla funzione, particella del costruire. La mensa rettangolare dell’altare è di legno, così come di legno è l’ampio basamento che, come il fusto di un enorme albero, sorregge la fede cristiana. Mensa e basamento diventano supporto per i piedritti di marmo che vengono accolti e assemblati in un unicum organico e armonioso. Il dialogo fra i materiali racconta, con il lessico del tempo, il legame tra ciò che vive dopo la morte (il legno continua a vivere anche quando l’albero è tagliato) e ciò che, invece, si è cristallizzato in una precisa epoca, passata, ma pur sempre moderno nella sua essenza (il marmo). Legno e marmo convivono e non si prevaricano: il progetto li affida ad una sorte comune che continuerà il suo cammino nella storia, fin quando nuovi aggettivi non caratterizzeranno questa basilica.
Un’antico fregio/stemma francescano, ligneo, farà bella mostra di sé sul fronte del basamento, nel lato rivolto verso i fedeli.
L’altera verrà poggiato su una piattaforma anch’essa lignea ampia nella misura adeguata tale da garantire che «Il presbiterio attorno all’altare sia di ampiezza sufficiente a consentire un agevole svolgimento dei sacri riti» (Inter Oecumenici 26/9/1964).
L’essenza prescelta è noce nazionale, non verniciato. Le giunture non sono visibili e realizzate secondo la tecnica dell’intarsio a coda di rondine: non si prevedono ferramenta, se non nella misura strettamente necessaria e, comunque, adoperati in modo del tutto invisibile. Le dimensioni (altezza, larghezza e profondità) sono meglio descritte nei grafici esecutivi allegati alla presente relazione.